Endurone bicilindriche: alle origini della specie
Dopo l'exploit delle enduro stradali "mono" negli anni 80, arrivò il momento delle bicilindriche. Africa Twin, Super Ténéré, R100 GS, Elefant... promettevano il doppio dell'avventura, dei chilometri e della potenza: una formula efficace che ha avutto successo fino ai giorni nostri. Quanto costano oggi?
Quante volte capita, tra motociclisti amanti del viaggio e dell'avventura, di ricordare i tempi delle care e vecchie "endurone"? Abbiamo ripercorso insieme i principali modelli monocilindrici che hanno posto le basi del segmento, approfondendo poi la conoscenza delle contendenti italiane e indagando l'attuale disponibilità sul mercato. Perché, saranno pure moto "vecchie" e tecnicamente "passate" ma... guidarle procura ancora tanto gusto e di recente l'interesse sta aumentando anche dal punto di vista collezionistico.
Quale migliore occasione dunque, per indagare anche il "salto evolutivo" che ha avuto questo segmento a cavallo tra anni 80 e 90? È il momento delle endurone bicilindriche, nate per rispondere alla richiesta di maggiore autonomia, versatilità e potenza. Insomma, di avventura al quadrato: le antesignane delle moderne "adventure".
La regina tedesca: BMW R100 GS
Praticamente impossibile non cominciare con Lei: tra schiere di amanti e detrattori, la GS ha segnato la storia in ogni sua versione (ve ne abbiamo parlato qui). Nello specifico, la BMW R100 GS è erede diretta della primissima R 80 G/S, uscita di produzione nel 1987. La nuova "Gelande Sport" è una motocicletta concepita per un impiego ancora più trasversale (da qui la definizione "sport") e venne proposta alla clientela BMW come un mezzo idoneo ad affrontare - anche - le lunghe percorrenze asfaltate. Prodotta nella forbice 1987-1996 in poco più di 34.000 pezzi, monta il consueto motore boxer ad aste e bilanceri, con raffreddamento misto aria/olio. Come suggerisce il nome, nella versione R100 la cubatura si approssima ai 1.000 cm3 (980 per l'esattezza, NdR.) per una potenza di 60 CV. Soprattutto, è l'accoppiata di ruote 21"/17" a distinguerla dalla precedente R 80 G/S (che adottava un posteriore da 18") che - in abbinamento alla quinta marcia più lunga - conferisce al nuovo modello una vocazione molto più turistica e meno "rallystica". A migliorare ulteriormente il feeling durante la guida, debutta infine il forcellone tipo Paralever. Considerato il posizionamento di mercato e il suo prezzo di lancio (all'epoca poco oltre i 12 milioni di lire) si tratta di una moto che, con una terminologia odierna, definiremmo "premium". Per chi invece preferisce uno stile più grezzo e corsaiolo, BMW ha pensato a una versione Paris-Dakar decisamente più aggressiva e vocata all'off-road. Al netto della versione, la tenuta del suo valore è proverbiale e - ad oggi - il range di vendita oscilla da un minimo di 6.500 euro a un massimo di 11.000 euro a seconda delle condizioni.
La seconda generazione GS era disponibile sia in versione R80 che R100 (qui in foto)
Le italiane a iniezione: Cagiva Elefant 900 GT e Moto Guzzi Quota
La Casa italiana è protagonista del segmento nascente con la Cagiva Elefant 900 GT. Nata da un progetto tutto nuovo rispetto alle omologhe 650/750 cm3 , la nuova Elefant viene prodotta in due serie differenti, prima nel biennio 1990-1992 e in seguito nel triennio 1993-1996. Di certo però, quella che più di tutte è legata all'immaginario collettivo è stata la versione limitata (in soli 1.000 pezzi) in livrea Lucky Explorer, creata sull'onda dei successi dakariani di Edi Orioli (1990 e 1994) e spinta dal "bi" a iniezione IAW da 904 cm3 di derivazione Ducati 900SS, impreziosita poi dalla ciclistica Ohlins e da un impianto frenante Nissin. Se pensiamo però al viaggio e al turismo cui aspirano i rider "normali", come noi, tocca guardare alla più sobria versione GT in livrea grigia, lanciata nel 1992 e dotata di ciclistica Marzocchi (forcella con steli da 45 mm ed escursione ridotta). In questa occasione viene introdotto anche il cambio a sei rapporti e un comando frizione "spingente" (con attuatore spostato da destra a sinistra), che contribuiscono a rendere l'Elefant una moto ancora più "multitasking", senza comunque rinunciare al suo spirito originario: quello fuoristradistico. Per trovarne una in buono stato serve pazienza e tocca scremare un po' tra le varie versioni prodotte, tenendo comunque per buono un valore di riferimento compreso tra i 5.000 e gli 8.000 euro circa. I più caparbi invece (nonché disposti a sborsare quanto richiesto), avranno di che sbizzarrirsi nel ricercare una rara Lucky Explorer...
Edi Orioli impegnato in gara, con la iconica livrea Lucky Explorer
La più turistica versione GT
Anche la Casa di Mandello entra in partita, prima con le proposte V65 TT e NTX 650/750 e in seguito con la più concreta Moto Guzzi V1000 Quota, lanciata nel 1992 e spinta dal classico bicilindrico a V di Mandello, portato a 1.064 cm3 per 70 CV e 85 Nm di coppia. Con una carenatura imponente e un peso altrettanto "importante" (245 Kg a secco), la Quota stupì già a suo tempo gli addetti del settore non tanto per la buona protezione aerodinamica, quanto per una insospettabile agilità. Come per la Elefant, anche qui entra in gioco l'iniezione elettronica che conferisce al motore Guzzi una "trattabilità" fino ad allora sconosciuta al marchio. Si tratta di fatto della prima "viaggiatrice moderna" del costruttore lariano che, nonostante ciò, ha ricevuto poca spinta commerciale e registrato minor successo di quanto avrebbe meritato, nonostante un arco di produzione lungo nove anni. Per guidarla, oggi come allora, è necessario essere piuttosto alti di statura, dal momento che la seduta conta ben 880 mm da terra. Tenetelo in conto, se volete portarvi a casa un pezzo davvero originale di storia motociclistica italiana. Temete che il suo motore non sia abbastanza corposo per soddisfare i nostri standard moderni? Allora guardate alle versioni post '98 con cilindrata innalzata a 1.100 cm3 e preparatevi a sborsare somme dai 3.000 ai 5.000 euro.
La Quota è preceduta, concettualmente e temporalmente, dalla NTX 650 (qui in foto) e dalla NTX 750
La prima turistica moderna di Mandello anticipa in un certo senso l'arrivo delle future Stelvio
Le giapponesi rallystiche: Honda Africa Twin 750 e Yamaha XTZ 750 Super Ténéré
La Casa dell'Ala punta ancora su una ricetta sportiva quando, nel 1990, arriva la nuova Africa Twin RD04. Si tratta della prima AT con cilindrata di 750 cm3, il motore bicilindrico trasversale a V monta carburatori da 36,5 mm ed eroga 59 CV di potenza fornendo inoltre una miglior coppia ai bassi (a fronte di 212 Kg di peso a secco). Si tratta solo dell'anticamera di quella che sarà la versione totale del modello - per quanto riguarda questa prima generazione - che verrà presentata nel 1993 come Africa Twin RD07. Il motore trova infine nuovi carburatori a valvola piatta e incrementa la potenza a 62 CV. Soprattutto, è nuovo il telaio, la ciclistica e le sovrastrutture, per un peso totale che scende a quota 202 Kg. Di certo la versione più raffinata, ergonomica e orientata al viaggio, capace al contempo di cavarsela egregiamente in offroad (se condotta da mani esperte). Non ha trovato miglioramenti con la successiva e ultima versione RD07a prodotta in Europa anziché in Giappone e semplificata a livello di ciclistica (non più regolabile). Con il 2002 si stoppa la produzione e oggi, per acquistarne una, servono dai 3.000 ai 6.000 euro a seconda delle condizioni. Fermo restando che le versioni RD04 conservano valori leggermente inferiori rispetto alle successive RD07.
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La RD04 conserva linee puramente anni 80 ed è la versione di passaggio tra la primogenita RD03 e la più evoluta RD07/RD07a
La RD07 vanta grande affidabilità: regolatore di tensione e pompa carburante sono due punti deboli, entrambi facilmente rimediabili
Tocca ora all'antagonista per eccellenza o, meglio, all'affascinante antieroe di questa saga. La Yamaha XTZ 750 Super Ténéré debutta al Salone di Parigi del 1988 e sfida apertamente la concorrenza Honda. Mantiene quindi un appeal rallystico e debutta insieme alle versioni "mono" da 600 cm3, fregiandosi però del nuovo propulsore bicilindrico parallelo frontemarcia, che eroga 69 CV. Non solo la potenza è superiore rispetto all'Africa Twin ma, anche sul fronte del peso, la "Super" fa meglio scendendo sotto la soglia critica dei due quintali (195 Kg). Tutto oro quel che luccica? Affatto, la tendenza del propulsore a "girare alto", insieme alla configurazione frontemarcia che al tempo non esaltava gli animi, penalizzarono un po' ingiustamente la "Tenerona" agli occhi dei fuoristradisti. La sua indole era infatti più stradale rispetto alla concorrente Honda, caratteristica che non impedì comunque a monsieur Stéphane Peterhansel di aggiudicarsi l'ambita Dakar nel 1991 (e di replicare per ulteriori cinque volte, con la derivata XTZ 850 R). La sua storia commerciale si esaurisce nel 1996 quando terminò ufficialmente la produzione, dopo una sequenza di ritocchi che tuttavia non la stravolsero mai. Resta tutt'oggi una moto ideale per il viaggio e il "carico" che ne consegue - anche più della rivale Africa Twin - con tanta autonomia garantita dal serbatoio, capace di ben 26 litri. Tra le varie livree, le più sgargianti riguardano i primi anni di produzione ed è quasi superfluo sottolineare come la più "invitante" sia quella che riprende i colori dello sponsor Chesterfield. Attualmente si trovano sul mercato diversi esemplari, a un prezzo compreso tra i 2.500 e i 4.500 euro.
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Stephane Peterhansel impegnato nell'edizione 1991 della Parigi-Dakar, che l'ha visto trionfare
Una delle colorazioni più ambite: non è raro incappare in repliche realizzate a posteriori su altre livree