Honda Africa Twin: storia, versioni e come riconoscerla
È stata la prima vera crossover a segnare l'epoca dei grossi bicilindrici: vincitrice della Parigi-Dakar per quattro anni consecutivi, è rimasta in produzione fino al 2002, per poi rinascere nel 2015
Africa Twin è un nome leggendario, che testimonia l'impegno di Honda nel segmento delle crossover da quarant'anni a questa parte. La mitica bicilindrica nata nel reparto corse di HRC ha avuto una degna erede nel 2015 (anche se ha perso il motore a V), ma il fascino della progenitrice rimane immutato. Andiamo allora a conoscerla meglio, nelle sue varie versioni che ne hanno determinato la costante evoluzione.
La nascita
Nel 1985 la Parigi-Dakar è nel pieno del suo boom: oltre 500 i partecipanti, un successo impronosticabile, ma che in pochi anni ha contagiato l'intero pianeta. Honda ha già vinto una edizione della maratona africana, nel 1982, con Cyril Neveu su Honda XR 550. Yamaha e BMW però si sono spartite tutte le altre edizioni a partire dal 1979 e HRC vuole dimostrare di essere in grado di battere i boxer tedeschi, dominatori negli ultimi tre anni. Viene così messo in piedi il progetto NXR 750, un vero e proprio prototipo costruito intorno a un propulsore nuovo di zecca: bicilindrico a V di 45° da 780 cc, 4 valvole per cilindro, accreditato di oltre 75 cavalli. Il telaio è un monotrave in acciaio con culla sdoppiata, il peso a secco della moto è di soli 160 chilogrammi. I piloti sono quanto di meglio ci sia in circolazione: Cyril Neveu e Gilles Lalay. Il successo arriva subito e per giunta con una doppietta. Honda vince 4 edizioni consecutive: nel 1987 è di nuovo Neveu ad alzare al cielo il trofeo sulle rive del Lago Rosa, nel 1988 arriva la prima vittoria di Edi Orioli, mentre nel 1989 è la volta di Lalay. Il mito dell'Africa Twin è ufficialmente nato.
Ecco la prima Africa Twin vincitrice alla Dakar
Dal deserto ai concessionari
Honda è rapida a cavalcare il successo nella maratona africana e già al salone di Parigi del 1987 porta la prima Africa Twin, sigla di progetto XRV 650 RD03. Il motore ha poco a che vedere con quello del prototipo dakariano: è una rivisitazione del 583 cm3 della Transalp, cresciuto fino a 647 cm3 grazie a un aumento dell'alesaggio, che passa a 79mm dai 75 della cugina. La corsa rimane immutata: 66mm. La V è di 52°, la distribuzione è monoalbero, con 3 valvole per cilindro. Ad alimentare il motore ci sono due carburatori Mikuni da 32 mm, il raffreddamento è a liquido. Le prestazioni sono valide: la moto dispone di 48 cavalli (alla ruota) a 8.000 giri con 6,2 kgm a 6.000 giri, il peso è di 193 chili, ma il buon bilanciamento e il baricentro basso la fanno sembrare più leggera. Rispetto alla Transalp, le sospensioni hanno maggiore escursione, ha più luce a terra e il serbatoio è più grande. Paracoppa e forcellone pro-link sono in alluminio e l'estetica che richiama la livrea delle moto ufficiali è il tocco di classe che – unitamente al doppio faro con griglia- lascia sognare l'Africa.
La prima serie dell'Africa Twin è la più ricercata
Marathon: parola ai privati
Nel 1989 viene approntata dalla filiale francese una versione marathon (qui sotto) della RD03 – poco più di 50 esemplari, altri 50 ne vengono approntati l'anno dopo- appositamente per la Dakar dei privati: il migliore risultato sarà un 16esimo posto assoluto. La Marathon è immediatamente riconoscibile per il tappo del serbatoio supplementare sul codone, il forcellone rinforzato, il paracoppa con cassetta porta attrezzi e tanti altri piccoli particolari. Le quotazioni sul mercato oggi? A patto di trovarne una, le cifre si aggirano intorno ai 15mila euro.
1990, cresce la cilindrata
Nel 1990 i tempi sono maturi per un aumento di cubatura, anche per rimanere al passo con Cagiva Elefant e tenere testa a Yamaha Super Ténéré. Arriva la RD04, maggiorata fino a 742 cm3. Molto simile nell’estetica alla RD03, è in realtà distinguibile già a una prima occhiata per il doppio disco freno anteriore. Il cupolino diventa più alto e avvolgente e strizza l'occhio alla strada. La crescita di cubatura dà alla RD04 qualche cavallo in più, ma soprattutto più coppia a bassi e medi regimi. Crescono anche i carburatori, ora da 36,5 mm. Si registrano però 10 mm di escursione in meno per la forcella e un peso a secco dichiarato di 212 kg: un notevole aumento che non aiuta in fuoristrada.
1993, il richiamo della strada
La RD07 può sembrare una semplice evoluzione della precedente, ma in realtà questa Africa Twin commercializzata a partire dal 1993 è sostanzialmente nuova, tanto nell’estetica, quanto nel telaio. La linea è più moderna e arrotondata, mentre il telaio, sempre in acciaio, è inedito: abbassa il baricentro e sposta il filtro dell’aria sopra il serbatoio, in una zona molto più riparata. La strumentazione riceve un bel trip master. La potenza aumenta ancora e tocca i 62 cavalli a 8.000 giri, mentre il peso a secco dichiarato è di 202 kg: una discreta cura dimagrante, con la sella a soli 865 mm che favorisce i piloti di taglia più piccola. Il serbatoio perde un litro (da 24 a 23). La gomma posteriore riceve una nuova misura, pari a 140/80-17. Nel complesso la moto ha un’impronta lievemente meno votata all'off-road, più indirizzata al turismo.
1996, il canto del cigno
Nel 1996 viene commercializzata l’ultima versione, la RD07/A, prodotta in Europa. Non presenta miglioramenti rispetto alla 07, ma si cerca di fare economia su alcuni componenti, come le sospensioni che non sono più regolabili. Addio anche ai caratteristici cerchi anodizzati oro, mentre le prestazioni risentono delle nuove norme anti-inquinamento. Nel frattempo anche alla Parigi-Dakar sono cambiate molte cose: Yamaha si è presa la scena, l'ultimo buon risultato di Honda è del 1994, terza con un giovane Fabrizio Meoni. Ma il toscano ha corso con una XR privata e l'Africa Twin nel deserto è relegata al ruolo di comparsa. Nel 1998 Roberto Boano compie un'impresa: 38esimo al traguardo con una Africa Twin quasi di serie, una moto ormai pesante e obsoleta per quanto la gara è diventata tecnica. Anche il mercato sembra avere perso attenzione per il mondo delle grosse enduro bicilindriche, che non vendono più come una volta e nel 2002, dopo 14 anni di onorato servizio, cessa la produzione dell'Africa Twin.
Ecco l'ultima Africa Twin RD07, dopo di lei una pausa fino al 2015
L'Africa Twin oggi
L'Africa Twin è nota per essere una moto robusta e affidabile: il tallone d'Achille è sicuramente l'impianto elettrico. Il regolatore di tensione può causare diversi problemi: se si rovina, gli sbalzi di corrente possono mandare ko la centralina. Altra cosa da controllare è la pompa della benzina, che sull'Africa Twin è elettrica. Se funziona male – cosa che generalmente precede la rottura- si sentono dei buchi di erogazione. Per il resto, il motore è un mulo e può percorrere tranquillamente più di 100-150mila chilometri, cosa che tra l'altro non è rara, visto che l'Africa Twin è una delle moto preferite dai viaggiatori. Le quotazioni possono variare di molto, a seconda delle versioni (meno ambita la RD07/A) e delle colorazioni, si parte comunque da 5.000 euro, per arrivare anche oltre i 10.000.