Supersportive 2018, il confronto in pista
Sette tester e 15 tecnici, 51 gomme, 250 litri di benzina, due giorni e 847 giri (pari a ben 3.133 km) in pista ad Alcarras, in Spagna, per mettere a confronto le migliori superbike 1000 disponibili sul mercato
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La maxi comparativa!
Nel 2017 sono state solo 4.314 le supersportive complessivamente vendute in Italia. Sono poche, anzi pochissime: per avere un termine di paragone, della sola BMW R 1200 GS sono stati venduti 3.755 esemplari (a cui vanno sommati 2.042 esemplari di R 1200 GS Adventure). Insomma, gli appassionati comprano sempre meno supersportive. Eppure le “regine” sono sempre loro: basta guardare l’attenzione per questi modelli ai saloni, nei concessionari, sulle strade. Perché queste moto e le loro prestazioni elevatissime fanno sognare, scatenano discussioni, sono la “bandiera tecnologica” delle rispettive case. Ma provare a fondo una moderna superbike è una cosa complicata: prima ancora di guidarla bisogna conoscere e comprendere la sua elettronica,. Oggi tra gestione del traction control, anti wheeling, freno motore, slide control, ABS multimappa e sistemi vari, è difficile trovare la combinazione più performante. Figuriamoci quando si mettono a confronto sette superbike! Per questo, oltre ai consueti rilievi strumentali presso il nostro centro prove AF Corse, abbiamo passato due giorni di pista con l’aiuto (fondamentale) dei tecnici delle case e di Pirelli. Nella prima giornata i tester (di varia esperienza e provenienza) si sono alternati alla guida delle moto per valutarle in tutti i loro aspetti. La seconda giornata invece è stata dedicata alla valutazione delle prestazioni pure: dopo i giri di preparazione sotto il controllo dei tecnici delle case, è stato Massimo Roccoli (5 volte campione italiano SuperSport) a sferrare con ciascuna delle moto il “time attack” alla ricerca del “giro veloce”. Trovate i risultati finali a pag.70, dopo l’analisi di ciascuna moto. Buona lettura!
Aprilia RSV4 1000 RF
Aggiornata lo scorso anno, la supersportiva di Noale è una delle sportive più longeve sul mercato. Il progetto risale infatti a 8 anni fa, ma la RSV4 rimane tuttora estremamente competitiva rispetto alle concorrenti perché è una moto nata per vincere le gare e poi adattata alla strada. Il motore quattro cilindri a V di 65° eroga 186,8 CV e 108,2 Nm rilevati alla ruota. La dotazione elettronica è sempre tra le migliori: Aprilia è stata pioniera dei controlli elettronici, sviluppando “in casa” un pacchetto che comprende mappature motore, controllo di trazione, ABS regolabile e molto altro.
Racer pura per esperti
Niente sospensioni elettroniche invece: Aprilia resta fedele alla soluzione “tradizionale”, montando quanto di meglio propone il catalogo Öhlins. Le quote ciclistiche sono quelle “aperte” tipiche delle supersportive moderne. 1.435 mm l’interasse e 25° l’inclinazione cannotto. Essendo così estrema, però, ci vuole un pilota esperto per sfruttare a fondo le incredibili prestazioni della RSV4, anche se non è la più “difficile” tra le superbike a confronto.
Prezzo: 23.319 euro
Come va
La RSV4 RF è una delle sportive più divertenti ed efficaci in pista: alta, compatta e con i semimanubri larghi, infonde subito una gradevole sensazione di controllo. La ciclistica è estrema: come le vere moto da corsa, la RSV4 è rigida e sensibilissima alle regolazioni. Quanto al motore, il V4 stretto di Aprilia è piaciuto parecchio a tutti i tester: spinge potente e con una coppia consistente già ai medi regimi (ma senza l’irruenza del motore Ducati), è lineare nell’erogazione ed è assistito da un cambio elettronico rapido. Anche la delicata fase di riapertura del gas in uscita è facile da gestire. Inizialmente piuttosto “nervosa” sulle buche di Alcarras con le Pirelli Supercorsa SP, la RSV4 ha poi trovato la strada giusta attraverso un assetto più mirato e l’eccezionale grip offerto dalle SC-1.
BMW S 1000 RR
Sulla breccia da oltre sei anni (insieme alle RSV4 è tra le più “vecchie” del gruppo), la S 1000 RR è tuttora apprezzatissima dai piloti amatoriali perché è una sportiva “facile” costruita attorno a un quattro cilindri fenomenale. Il classico 4 cilindri in linea, il primo a montare pistoni da ben 80 mm di diametro, nella attuale versione Euro 4 ha una potenza di 188,4 CV e una coppia massima di 117,1 Nm. Le misure della ciclistica e il forcellone lunghissimo promettono stabilità: l’interasse è di 1.438 mm, l’avancorsa di 96,5 mm e il cannotto di sterzo è inclinato di 24,5 gradi.
terza generazione di Semi-attive
La S 1000 RR è stata la prima superbike di serie con una elettronica di controllo avanzata, nonché la prima dotata di sospensioni semi-attive (giunte alla terza generazione). Oggi però la dotazione tecnica appare allineata a quella delle altre moto del confronto, anzi in alcuni aspetti inizia a mostrare i segni dell’età.
Prezzo: 18.350 euro
Come va
Mentre alcuni concorrenti si sono spostati in direzione molto più “racing”, la S 1000 RR è rimasta fedele al concetto di sportiva stradale: ecco perché la più comoda, la più protettiva e la più “abitabile” anche per i piloti con le gambe lunghe. In pista il suo assetto è tendenzialmente morbido, non troppo rigoroso; la S 1000 RR non riesce a trasmettere al pilota tutto quello che “sente” la ruota passando sull’asfalto, come invece accade con altre moto a confronto. Per lo stesso motivo però stressa meno le gomme ed è più comoda sulle buche. Una moto con cui in pista è facile girare a lungo, capace di portare il pilota al proprio limite molto velocemente. Un limite che però è leggermente inferiore a quello delle concorrenti attuali.
Ducati Panigale V4 S
La Panigale è l’ultima nata della dinastia più famosa del campionato Superbike. Il suo motore Desmosedici stradale con configurazione V4 e distribuzione desmodromica ha una cilindrata di 1103 cm3 (cioè superiore a quella utilizzabile in gara) per garantire prestazioni elevate, ma anche guidabilità e coppia. Di potenza questo motore ne ha in abbondanza: noi abbiamo rilevato alla ruota ben 184,6 CV e una coppia massima di 110,8 Nm a 10.000 giri. Come tutte le ultime Ducati, anche la Panigale V4 propone soluzioni nuove e non scontate: il motore con scoppi Twin Pulse ha un’erogazione simile a un bicilindrico, l’albero motore è controrotante come quello delle Ducati MotoGP, il telaio “front frame” è collegato direttamente al motore che funge da elemento portante e l’ABS (che ha la funzione cornering anche in mappa Race) gestisce lo scivolamento in ingresso curva. Nemmeno le gomme sono “normali”, visto che al posteriore c’è una 200/60. Quasi scontate le sospensioni semiattive Öhlins. I suoi numeri: 1469 mm di interasse, 100 mm di avancorsa e 24,5° di inclinazione cannotto per 192,5 kg a secco.
Prezzo: 27.890
Come va
La Panigale V4 è un autentico purosangue, una vera Ducati che va prima di tutto capita, per poterla poi sfruttare a fondo. Il nuovo V4 è il fulcro di tutto il progetto: ha tantissimi cavalli e coppia, spalmata peraltro su un arco di regime incredibilmente ampio. Tutto questo si traduce in un netto predominio della quattro cilindri di Borgo Panigale dal punto di vista delle prestazioni pure. Nessuna va forte come lei, i rettilinei sembrano sempre più corti che con le altre. Ma di punti di forza la V4 ne ha parecchi, molti dei quali concentrati nella delicata fase staccata-ingresso-percorrenza di curva. È qui che la Panigale riesce a fare la differenza, velocizzando questa fase al punto da far sembrare tutte le concorrenti più lente.
Honda CBR 1000 RR Fireblade SP
L’attuale CBR 1000 RR incarna l’ultima evoluzione della filosofia del “total control” lanciata 26 anni fa da Tadao Baba, il progettista della prima Fireblade, la leggendaria CBR 900 RR Fireblade. È una sportiva “tradizionale” per quanto riguarda la configurazione del motore quattro cilindri in linea e del telaio. Ma Honda ha lavorato moltissimo su ogni particolare, portandola a un “peso forma” incredibile. È lei la più leggera di tutte. Ogni particolare è stato tirato all’osso, perfino le viti sono state accorciate per ridurre il peso a soli 181 kg (rilevati a secco).
Serbatoio in titanio
La SP del nostro test è la versione più evoluta delle Fireblade oggi a listino, monta ruote forgiate e ha il serbatoio in titanio. Il suo motore quattro cilindri in linea ha una potenza massima di 180,7 CV e una coppia massima di 109,5 Nm (rilevati alla ruota). Con un interasse di soli 1.404 mm, un’inclinazione cannotto di 23,5° e un’avancorsa di 96 mm, questa Honda sfoggia “misure” quasi da 600. Anche in questo caso a livello di sospensioni troviamo l’ultima versione delle Öhlins semiattive.
Prezzo: 23.690 euro
Come va
La reattività della Fireblade è la caratteristica che più ha impressionato i tester. Velocissima nelle varianti e negli inserimenti in curva, è l’unica tra le giapponesi a tenere il passo di Ducati e Aprilia in questi frangenti. Il motore si fa apprezzare dai medi regimi in su per l’erogazione amichevole, quasi “piatta”, ma la potenza massima non impressiona e l’acceleratore nella prima parte di apertura ha una risposta un po’ brusca. Rispetto alle concorrenti più raffinate di ultima generazione, la CBR perde qualche punto a livello di controlli elettronici: ABS e controllo di trazione sono quelli più “stradali” e meno evoluti. In compenso il cambio elettroassistito è preciso e velocissimo negli innesti.
Kawasaki Ninja ZX-10R SE
È la novità assoluta del nostro confronto ed è anche la principale novità 2018 per Kawasaki Italia, che proprio in questa occasione ha portato per la prima volta in pista la nuova Ninja con sospensioni semiattive marchiate Showa (una peculiarità che la distingue dalle concorrenti). La dominatrice tra le superbike negli ultimi anni in realtà parte da una base piuttosto “classica”, con un quattro cilindri in linea “screamer” da 183,4 CV di potenza e 107,4 Nm di coppia massima (rilevati alla ruota).
Misure “europee”
Di ottimo livello la dotazione elettronica, anche se priva delle ultimissime novità (TC e anti-wheelie ad esempio non sono indipendenti ma collegati). Nonostante questa versione adottasse i cerchi forgiati, il peso a secco di 194 kg (rilevati) non è tra i più bassi. La ciclistica ha misure piuttosto “aperte”, più europee che giapponesi: 1.440 mm di interasse e 107 mm di avancorsa contribuiscono parecchio alla stabilità che caratterizza la Ninja ZX-10R SE.
Prezzo: 23.890 euro
Come va:
La Kawasaki è stata molto apprezzata da quasi tutti i tester presenti, esperti e meno esperti. Le sospensioni elettroniche Showa in particolare sono state una piacevole sorpresa: lavorano in modo più preciso rispetto alle sospensioni semiattive della concorrenza. Insomma, le dichiarazioni della casa sulla elevata velocità di reazione delle nuove sospensioni elettroniche non sono solo pubblicità. Anche il “quattro in linea” Kawasaki ha raccolto molti consensi: solitamente non è così “reattivo”, ma qui si è dimostrato decisamente in forma, con un’erogazione decisa ma progressiva. Nonostante il peso, la Ninja mostra buone doti di agilità: i cerchi forgiati aiutano a rendere l’avantreno più reattivo nei cambi di direzione. Ottimo il cambio elettronico.
Suzuki GSX-R 1000
Non si può parlare di supersportive senza parlare di GSX-R: la sigla delle superbike Suzuki ha segnato più di un’epoca in pista. L’ultima evoluzione della maxi sportiva di Hamamatsu porta in dote tutte le chicche elettroniche di ultima generazione, applicate a un classico 4 cilindri in linea... che non è poi così classico visto che per la prima volta sfoggia la distribuzione a fasatura variabile SR-VVT (Suzuki Racing Variable Valve Timing), ottenuta con una soluzione tecnica tanto semplice quanto efficace. Il risultato è una potenza massima di 183,7 CV e una coppia massima di 103,4 Nm (rilevati alla ruota). Per il resto, niente sospensioni elettroniche: come Aprilia, anche Suzuki resta fedele ai classici “click” manuali.
compatta e leggera
In Suzuki tengono molto alla leggerezza: la GSX-R ferma infatti l’ago della bilancia a soli 193 kg a secco. Le quote vitali parlano di una moto molto compatta (come quasi tutte le giapponesi): 1.420 mm di interasse, 23°20’ di angolo di sterzo e 95 mm di avancorsa.
Prezzo: 18.990 euro
Come va:
La moto è compatta, ma la triangolazione sella-manubrio-pedane è quella tipica delle GSX-R, caratterizzata da manubri un po’ troppo “chiusi” e per questo anacronistici. La “Suzukona” è molto compatta e ha una ciclistica molto intuitiva che la rende svelta tra i cordoli. Alla guidabilità contribuisce anche il quattro cilindri a fasatura variabile, capace di grandi prestazioni ma sempre gestibili e sfruttabili dal pilota. Peccato che Suzuki, per non disperdere potenza, abbia deciso di rinunciare al contralbero: e così il pilota deve fare i conti con vibrazioni a manubrio, pedane e serbatoio nettamente superiori a quelle delle concorrenti.
Yamaha YZF-R1M
L a versione 2018 della YZF-R1M si presenta in apparenza uguale a quella che già conosciamo. Guidandola però si nota immediatamente l’evoluzione del progetto: giunta alla “seconda generazione”, la superbike Yamaha sfoggia tanti piccoli miglioramenti, soprattutto a livello di elettronica. La sua tecnica è figlia di concetti derivati dalla M1 da MotoGP, come l’albero motore “cross plane” che rende “irregolare” l’ordine degli scoppi (simile a un V4), migliorando soprattutto l’erogazione della potenza e la trazione in uscita di curva. Potenza e coppia sono al top: abbiamo rilevato rispettivamente 184,3 CV e 112,3 Nm. Anche l’elettronica è ai massimi livelli: Yamaha è stata infatti la prima a montare di serie lo “slide control” che gestisce la derapata, migliorandolo sulla versione 2018 che più in generale sfoggia un’evoluzione dell’intera gestione elettronica. Davvero ridotto il peso (soli 186 kg rilevati a secco) grazie al largo utilizzo di materiali pregiati come il magnesio e il titanio (utilizzato anche per lo scarico).
superbike compatta
Come quasi tutte le giapponesi, la R1M sceglie la strada della compattezza con solo 1405 mm di interasse abbinati a 24° di inclinazione cannotto e 105 mm di avancorsa.
Prezzo: 24.190 euro
Come va:
Tra le superbike “giapponesi” è la più efficace, la più aggressiva, la più “racing”. Di fatto la R1M sta tra le super-rigide Ducati e Aprilia e le più “morbide” sorelle del Sol Levante e BMW. Il motore crossplane a scoppi irregolari offre tanta coppia, un allungo infinito e un’erogazione splendidamente lineare, che facilita sicuramente la guida e fa apprezzare la Yamaha a tutti, dal pilota smaliziato all’amatore. Ha una ciclistica ultracompatta (è la più corta di tutte, come interasse), ma guidandola dà la sensazione invece di quote ciclistiche “stabili” perché l’avantreno quanto a presenza e velocità di inserimento è secondo solo a quello della Kawasaki, rendendo parecchio rassicurante la guida. Inappuntabile il cambio, delude un po’ la frenata “debole” .
Le Nostre Conclusioni
Dal punto di vista della guida invece possiamo dire che le attuali superbike si dividono in due-tre grandi gruppi. Le “racer pure” italiane (Ducati, Aprilia) fanno categoria a sé. Sono le moto preferite dai piloti: potenti, tecniche, richiedono competenza ed esperienza per dare il meglio, soprattutto quando si va a cercare di “limare” il decimo di secondo sul giro. Tra le altre, Yamaha offre un prodotto a metà tra la filosofia giapponese (più fruibile anche su strada) e quella Italiana: è la più racing delle giapponesi, rigida ma comunicativa (anche se non ai livelli delle due italiane). La BMW sta un po’ nel mezzo: ha un motore strepitoso, una ciclistica comunicativa e facile, è la meno stancante in rapporto alle prestazioni che offre e porta tutti ad andar forte facilmente. Dovrebbero però essere aggiornati i controlli elettronici e l’impianto frenante. La Kawasaki è la moto più vincente degli ultimi anni nel mondiale superbike, ma in configurazione stradale è meno “racing” di quel che si pensi. Comoda da guidare e rassicurante, ha un avantreno strepitoso per stabilità e capacità di rassicurare i piloti. Honda e Suzuki infine sono le più adatte all’utilizzo stradale, anche se meno evolute come controlli elettronici, perché sono agili, intuitive e divertenti. La CBR stupisce per la sua leggerezza, la Suzuki sconta freni poco resistenti alla fatica e vibra... ma è quella che (in versione “base”) costa meno di tutte.
Nel 2017 sono state solo 4.314 le supersportive complessivamente vendute in Italia. Sono poche, anzi pochissime: per avere un termine di paragone, della sola BMW R 1200 GS sono stati venduti 3.755 esemplari (a cui vanno sommati 2.042 esemplari di R 1200 GS Adventure). Insomma, gli appassionati comprano sempre meno supersportive. Eppure le “regine” sono sempre loro: basta guardare l’attenzione per questi modelli ai saloni, nei concessionari, sulle strade. Perché queste moto e le loro prestazioni elevatissime fanno sognare, scatenano discussioni, sono la “bandiera tecnologica” delle rispettive case. Ma provare a fondo una moderna superbike è una cosa complicata: prima ancora di guidarla bisogna conoscere e comprendere la sua elettronica,. Oggi tra gestione del traction control, anti wheeling, freno motore, slide control, ABS multimappa e sistemi vari, è difficile trovare la combinazione più performante. Figuriamoci quando si mettono a confronto sette superbike! Per questo, oltre ai consueti rilievi strumentali presso il nostro centro prove AF Corse, abbiamo passato due giorni di pista con l’aiuto (fondamentale) dei tecnici delle case e di Pirelli. Nella prima giornata i tester (di varia esperienza e provenienza) si sono alternati alla guida delle moto per valutarle in tutti i loro aspetti. La seconda giornata invece è stata dedicata alla valutazione delle prestazioni pure: dopo i giri di preparazione sotto il controllo dei tecnici delle case, è stato Massimo Roccoli (5 volte campione italiano SuperSport) a sferrare con ciascuna delle moto il “time attack” alla ricerca del “giro veloce”. Trovate i risultati finali a pag.70, dopo l’analisi di ciascuna moto. Buona lettura!
Aprilia RSV4 1000 RF
Aggiornata lo scorso anno, la supersportiva di Noale è una delle sportive più longeve sul mercato. Il progetto risale infatti a 8 anni fa, ma la RSV4 rimane tuttora estremamente competitiva rispetto alle concorrenti perché è una moto nata per vincere le gare e poi adattata alla strada. Il motore quattro cilindri a V di 65° eroga 186,8 CV e 108,2 Nm rilevati alla ruota. La dotazione elettronica è sempre tra le migliori: Aprilia è stata pioniera dei controlli elettronici, sviluppando “in casa” un pacchetto che comprende mappature motore, controllo di trazione, ABS regolabile e molto altro.
Racer pura per esperti
Niente sospensioni elettroniche invece: Aprilia resta fedele alla soluzione “tradizionale”, montando quanto di meglio propone il catalogo Öhlins. Le quote ciclistiche sono quelle “aperte” tipiche delle supersportive moderne. 1.435 mm l’interasse e 25° l’inclinazione cannotto. Essendo così estrema, però, ci vuole un pilota esperto per sfruttare a fondo le incredibili prestazioni della RSV4, anche se non è la più “difficile” tra le superbike a confronto.
Prezzo: 23.319 euro
Come va
La RSV4 RF è una delle sportive più divertenti ed efficaci in pista: alta, compatta e con i semimanubri larghi, infonde subito una gradevole sensazione di controllo. La ciclistica è estrema: come le vere moto da corsa, la RSV4 è rigida e sensibilissima alle regolazioni. Quanto al motore, il V4 stretto di Aprilia è piaciuto parecchio a tutti i tester: spinge potente e con una coppia consistente già ai medi regimi (ma senza l’irruenza del motore Ducati), è lineare nell’erogazione ed è assistito da un cambio elettronico rapido. Anche la delicata fase di riapertura del gas in uscita è facile da gestire. Inizialmente piuttosto “nervosa” sulle buche di Alcarras con le Pirelli Supercorsa SP, la RSV4 ha poi trovato la strada giusta attraverso un assetto più mirato e l’eccezionale grip offerto dalle SC-1.
BMW S 1000 RR
Sulla breccia da oltre sei anni (insieme alle RSV4 è tra le più “vecchie” del gruppo), la S 1000 RR è tuttora apprezzatissima dai piloti amatoriali perché è una sportiva “facile” costruita attorno a un quattro cilindri fenomenale. Il classico 4 cilindri in linea, il primo a montare pistoni da ben 80 mm di diametro, nella attuale versione Euro 4 ha una potenza di 188,4 CV e una coppia massima di 117,1 Nm. Le misure della ciclistica e il forcellone lunghissimo promettono stabilità: l’interasse è di 1.438 mm, l’avancorsa di 96,5 mm e il cannotto di sterzo è inclinato di 24,5 gradi.
terza generazione di Semi-attive
La S 1000 RR è stata la prima superbike di serie con una elettronica di controllo avanzata, nonché la prima dotata di sospensioni semi-attive (giunte alla terza generazione). Oggi però la dotazione tecnica appare allineata a quella delle altre moto del confronto, anzi in alcuni aspetti inizia a mostrare i segni dell’età.
Prezzo: 18.350 euro
Come va
Mentre alcuni concorrenti si sono spostati in direzione molto più “racing”, la S 1000 RR è rimasta fedele al concetto di sportiva stradale: ecco perché la più comoda, la più protettiva e la più “abitabile” anche per i piloti con le gambe lunghe. In pista il suo assetto è tendenzialmente morbido, non troppo rigoroso; la S 1000 RR non riesce a trasmettere al pilota tutto quello che “sente” la ruota passando sull’asfalto, come invece accade con altre moto a confronto. Per lo stesso motivo però stressa meno le gomme ed è più comoda sulle buche. Una moto con cui in pista è facile girare a lungo, capace di portare il pilota al proprio limite molto velocemente. Un limite che però è leggermente inferiore a quello delle concorrenti attuali.
Ducati Panigale V4 S
La Panigale è l’ultima nata della dinastia più famosa del campionato Superbike. Il suo motore Desmosedici stradale con configurazione V4 e distribuzione desmodromica ha una cilindrata di 1103 cm3 (cioè superiore a quella utilizzabile in gara) per garantire prestazioni elevate, ma anche guidabilità e coppia. Di potenza questo motore ne ha in abbondanza: noi abbiamo rilevato alla ruota ben 184,6 CV e una coppia massima di 110,8 Nm a 10.000 giri. Come tutte le ultime Ducati, anche la Panigale V4 propone soluzioni nuove e non scontate: il motore con scoppi Twin Pulse ha un’erogazione simile a un bicilindrico, l’albero motore è controrotante come quello delle Ducati MotoGP, il telaio “front frame” è collegato direttamente al motore che funge da elemento portante e l’ABS (che ha la funzione cornering anche in mappa Race) gestisce lo scivolamento in ingresso curva. Nemmeno le gomme sono “normali”, visto che al posteriore c’è una 200/60. Quasi scontate le sospensioni semiattive Öhlins. I suoi numeri: 1469 mm di interasse, 100 mm di avancorsa e 24,5° di inclinazione cannotto per 192,5 kg a secco.
Prezzo: 27.890
Come va
La Panigale V4 è un autentico purosangue, una vera Ducati che va prima di tutto capita, per poterla poi sfruttare a fondo. Il nuovo V4 è il fulcro di tutto il progetto: ha tantissimi cavalli e coppia, spalmata peraltro su un arco di regime incredibilmente ampio. Tutto questo si traduce in un netto predominio della quattro cilindri di Borgo Panigale dal punto di vista delle prestazioni pure. Nessuna va forte come lei, i rettilinei sembrano sempre più corti che con le altre. Ma di punti di forza la V4 ne ha parecchi, molti dei quali concentrati nella delicata fase staccata-ingresso-percorrenza di curva. È qui che la Panigale riesce a fare la differenza, velocizzando questa fase al punto da far sembrare tutte le concorrenti più lente.
Honda CBR 1000 RR Fireblade SP
L’attuale CBR 1000 RR incarna l’ultima evoluzione della filosofia del “total control” lanciata 26 anni fa da Tadao Baba, il progettista della prima Fireblade, la leggendaria CBR 900 RR Fireblade. È una sportiva “tradizionale” per quanto riguarda la configurazione del motore quattro cilindri in linea e del telaio. Ma Honda ha lavorato moltissimo su ogni particolare, portandola a un “peso forma” incredibile. È lei la più leggera di tutte. Ogni particolare è stato tirato all’osso, perfino le viti sono state accorciate per ridurre il peso a soli 181 kg (rilevati a secco).
Serbatoio in titanio
La SP del nostro test è la versione più evoluta delle Fireblade oggi a listino, monta ruote forgiate e ha il serbatoio in titanio. Il suo motore quattro cilindri in linea ha una potenza massima di 180,7 CV e una coppia massima di 109,5 Nm (rilevati alla ruota). Con un interasse di soli 1.404 mm, un’inclinazione cannotto di 23,5° e un’avancorsa di 96 mm, questa Honda sfoggia “misure” quasi da 600. Anche in questo caso a livello di sospensioni troviamo l’ultima versione delle Öhlins semiattive.
Prezzo: 23.690 euro
Come va
La reattività della Fireblade è la caratteristica che più ha impressionato i tester. Velocissima nelle varianti e negli inserimenti in curva, è l’unica tra le giapponesi a tenere il passo di Ducati e Aprilia in questi frangenti. Il motore si fa apprezzare dai medi regimi in su per l’erogazione amichevole, quasi “piatta”, ma la potenza massima non impressiona e l’acceleratore nella prima parte di apertura ha una risposta un po’ brusca. Rispetto alle concorrenti più raffinate di ultima generazione, la CBR perde qualche punto a livello di controlli elettronici: ABS e controllo di trazione sono quelli più “stradali” e meno evoluti. In compenso il cambio elettroassistito è preciso e velocissimo negli innesti.
Kawasaki Ninja ZX-10R SE
È la novità assoluta del nostro confronto ed è anche la principale novità 2018 per Kawasaki Italia, che proprio in questa occasione ha portato per la prima volta in pista la nuova Ninja con sospensioni semiattive marchiate Showa (una peculiarità che la distingue dalle concorrenti). La dominatrice tra le superbike negli ultimi anni in realtà parte da una base piuttosto “classica”, con un quattro cilindri in linea “screamer” da 183,4 CV di potenza e 107,4 Nm di coppia massima (rilevati alla ruota).
Misure “europee”
Di ottimo livello la dotazione elettronica, anche se priva delle ultimissime novità (TC e anti-wheelie ad esempio non sono indipendenti ma collegati). Nonostante questa versione adottasse i cerchi forgiati, il peso a secco di 194 kg (rilevati) non è tra i più bassi. La ciclistica ha misure piuttosto “aperte”, più europee che giapponesi: 1.440 mm di interasse e 107 mm di avancorsa contribuiscono parecchio alla stabilità che caratterizza la Ninja ZX-10R SE.
Prezzo: 23.890 euro
Come va:
La Kawasaki è stata molto apprezzata da quasi tutti i tester presenti, esperti e meno esperti. Le sospensioni elettroniche Showa in particolare sono state una piacevole sorpresa: lavorano in modo più preciso rispetto alle sospensioni semiattive della concorrenza. Insomma, le dichiarazioni della casa sulla elevata velocità di reazione delle nuove sospensioni elettroniche non sono solo pubblicità. Anche il “quattro in linea” Kawasaki ha raccolto molti consensi: solitamente non è così “reattivo”, ma qui si è dimostrato decisamente in forma, con un’erogazione decisa ma progressiva. Nonostante il peso, la Ninja mostra buone doti di agilità: i cerchi forgiati aiutano a rendere l’avantreno più reattivo nei cambi di direzione. Ottimo il cambio elettronico.
Suzuki GSX-R 1000
Non si può parlare di supersportive senza parlare di GSX-R: la sigla delle superbike Suzuki ha segnato più di un’epoca in pista. L’ultima evoluzione della maxi sportiva di Hamamatsu porta in dote tutte le chicche elettroniche di ultima generazione, applicate a un classico 4 cilindri in linea... che non è poi così classico visto che per la prima volta sfoggia la distribuzione a fasatura variabile SR-VVT (Suzuki Racing Variable Valve Timing), ottenuta con una soluzione tecnica tanto semplice quanto efficace. Il risultato è una potenza massima di 183,7 CV e una coppia massima di 103,4 Nm (rilevati alla ruota). Per il resto, niente sospensioni elettroniche: come Aprilia, anche Suzuki resta fedele ai classici “click” manuali.
compatta e leggera
In Suzuki tengono molto alla leggerezza: la GSX-R ferma infatti l’ago della bilancia a soli 193 kg a secco. Le quote vitali parlano di una moto molto compatta (come quasi tutte le giapponesi): 1.420 mm di interasse, 23°20’ di angolo di sterzo e 95 mm di avancorsa.
Prezzo: 18.990 euro
Come va:
La moto è compatta, ma la triangolazione sella-manubrio-pedane è quella tipica delle GSX-R, caratterizzata da manubri un po’ troppo “chiusi” e per questo anacronistici. La “Suzukona” è molto compatta e ha una ciclistica molto intuitiva che la rende svelta tra i cordoli. Alla guidabilità contribuisce anche il quattro cilindri a fasatura variabile, capace di grandi prestazioni ma sempre gestibili e sfruttabili dal pilota. Peccato che Suzuki, per non disperdere potenza, abbia deciso di rinunciare al contralbero: e così il pilota deve fare i conti con vibrazioni a manubrio, pedane e serbatoio nettamente superiori a quelle delle concorrenti.
Yamaha YZF-R1M
L a versione 2018 della YZF-R1M si presenta in apparenza uguale a quella che già conosciamo. Guidandola però si nota immediatamente l’evoluzione del progetto: giunta alla “seconda generazione”, la superbike Yamaha sfoggia tanti piccoli miglioramenti, soprattutto a livello di elettronica. La sua tecnica è figlia di concetti derivati dalla M1 da MotoGP, come l’albero motore “cross plane” che rende “irregolare” l’ordine degli scoppi (simile a un V4), migliorando soprattutto l’erogazione della potenza e la trazione in uscita di curva. Potenza e coppia sono al top: abbiamo rilevato rispettivamente 184,3 CV e 112,3 Nm. Anche l’elettronica è ai massimi livelli: Yamaha è stata infatti la prima a montare di serie lo “slide control” che gestisce la derapata, migliorandolo sulla versione 2018 che più in generale sfoggia un’evoluzione dell’intera gestione elettronica. Davvero ridotto il peso (soli 186 kg rilevati a secco) grazie al largo utilizzo di materiali pregiati come il magnesio e il titanio (utilizzato anche per lo scarico).
superbike compatta
Come quasi tutte le giapponesi, la R1M sceglie la strada della compattezza con solo 1405 mm di interasse abbinati a 24° di inclinazione cannotto e 105 mm di avancorsa.
Prezzo: 24.190 euro
Come va:
Tra le superbike “giapponesi” è la più efficace, la più aggressiva, la più “racing”. Di fatto la R1M sta tra le super-rigide Ducati e Aprilia e le più “morbide” sorelle del Sol Levante e BMW. Il motore crossplane a scoppi irregolari offre tanta coppia, un allungo infinito e un’erogazione splendidamente lineare, che facilita sicuramente la guida e fa apprezzare la Yamaha a tutti, dal pilota smaliziato all’amatore. Ha una ciclistica ultracompatta (è la più corta di tutte, come interasse), ma guidandola dà la sensazione invece di quote ciclistiche “stabili” perché l’avantreno quanto a presenza e velocità di inserimento è secondo solo a quello della Kawasaki, rendendo parecchio rassicurante la guida. Inappuntabile il cambio, delude un po’ la frenata “debole” .
Le Nostre Conclusioni
Dal punto di vista della guida invece possiamo dire che le attuali superbike si dividono in due-tre grandi gruppi. Le “racer pure” italiane (Ducati, Aprilia) fanno categoria a sé. Sono le moto preferite dai piloti: potenti, tecniche, richiedono competenza ed esperienza per dare il meglio, soprattutto quando si va a cercare di “limare” il decimo di secondo sul giro. Tra le altre, Yamaha offre un prodotto a metà tra la filosofia giapponese (più fruibile anche su strada) e quella Italiana: è la più racing delle giapponesi, rigida ma comunicativa (anche se non ai livelli delle due italiane). La BMW sta un po’ nel mezzo: ha un motore strepitoso, una ciclistica comunicativa e facile, è la meno stancante in rapporto alle prestazioni che offre e porta tutti ad andar forte facilmente. Dovrebbero però essere aggiornati i controlli elettronici e l’impianto frenante. La Kawasaki è la moto più vincente degli ultimi anni nel mondiale superbike, ma in configurazione stradale è meno “racing” di quel che si pensi. Comoda da guidare e rassicurante, ha un avantreno strepitoso per stabilità e capacità di rassicurare i piloti. Honda e Suzuki infine sono le più adatte all’utilizzo stradale, anche se meno evolute come controlli elettronici, perché sono agili, intuitive e divertenti. La CBR stupisce per la sua leggerezza, la Suzuki sconta freni poco resistenti alla fatica e vibra... ma è quella che (in versione “base”) costa meno di tutte.
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