Non solo forcella. Ecco quali sono le sospensioni anteriori "alternative"
La forcella telescopica rimane ad oggi la soluzione più diffusa sulle moto. Tuttavia, nella storia del motociclismo si sono avvicendate numerose soluzioni alternative. Vediamole
Se non ci fosse BMW a sparigliare un po' le carte tra i modelli più ampiamente diffusi, il "motociclista distratto" potrebbe pensare che non esista altra soluzione, per le sospensioni anteriori, diversa dalla forcella telescopica. Di contro, proprio il sistema Telelever della Casa dell'Elica non rappresenta l'unica alternativa possibile. In passato, infatti, abbiamo assistito a un fiorire di schemi quantomeno affascinanti; sui quali la forcella telescopica però ha sempre prevalso, perché in grado di coniugare alla sua efficacia anche una relativa semplicità produttiva.
Tra schemi ormai obsoleti e altri raffinati ma dannatamente complessi (quindi costosi), ecco quali sono le "altre" sospensioni anteriori, quelle a cui siamo meno avvezzi...
Girder
Si tratta di un sistema a parallelogramma composto da tubi saldati, a loro volta fissati alle piastre di sterzo attraverso due coppie di bracci sostenuti da una molla centrale, che oscillano secondo le sollecitazioni trasmesse dalla ruota. La componente ammortizzante vera e propria - diversa da quella elastica rappresentata dalla molla - risiede invece in una coppia di frizioni a dischi posizionata sui bracci inferiori della forcella Girder.
In voga fino alla Seconda Guerra Mondiale, il sistema Girder si rivelò semplice da produrre e piuttosto efficace per gli standard del tempo. Una miglioria che ne allungò la vita risale agli anni 50 e fu quella adottata sulla mitica Vincent Black Shadow, che si avvaleva di un ammortizzatore idraulico, da cui derivò il nome di "Girdraulic". Il limite più importante di del sistema Girder risiede nella flessione dei tubi e in parte dei bracci stessi, motivo per il quale era necessario adottare sezioni "importanti", con un conseguente aumento di peso.
La naturale evoluzione del sistema Girder può essere considerata la forcella Hossack/Fior, meglio nota come Duolever.
Springer
Introdotta per la prima volta da Harley Davidson nel 1907, la Springer è concettualmente simile alla forcella Girder, perché anch'essa a parallelogramma. Si discosta invece da quest'ultima per il fatto che i collegamenti di sospensione sono nella parte inferiore della forcella. La Springer è così composta da una forcella fissa vincolata a sua volta a una seconda forcella tramite un braccio di collegamento. Questa forcella secondaria riceve il movimento dalla ruota per tramite del braccio e lo trasferisce alle molle superiori, che si comprimono o estendono a loro volta. Proprio questi elementi elastici, centrali nel funzionamento, conferiscono il nome "springer" al sistema.
La differenza pratica rispetto alla "cugina" Girder, risiede nel fatto che la corsa della ruota qui non è identica a quella della sospensione. Sulla differenza tra corsa della ruota e corsa della sospensione incide la lunghezza del braccio di collegamento (di fatto una leva). Di certo però la forcella Springer non è pensata per garantire un'escursione ampia e inoltre non fu nemmeno concepita in abbinamento a un ammrotizzatore. Entrambe fattori che ne hanno decretato l'uscita di scena, salvo poi far ritorno a partire dagli anni 60 sulla spinta di un certo fascino estetico che l'ha vista protagonista della cultura custom/chopper...
Trailing Link
Con la forcella di tipo Trailing Link torniamo ad aggirarci nel primo decennio del Novecento. Si tratta di un sistema impiegato da Indian sin dagli anni 10 e successivamente anche da BMW, per la prima R32 del 1923. La particolarità della forcella Trailing Link è certamente nella balestra anteriore - collegata alla ruota per tramite di una piastra a "U" e di una forcella - cui è affidato il compito di ammortizzare. Si tratta di uno schema estremamente semplice, ma al contempo efficace ed economico. Motivi per il quale è stato a lungo impiegato, al netto delle "sfortune" che condivide con i sistemi Girder e Springer: una ridotta escursione, in questo caso doppiamente limitata per via dell'avvicinamento della ruota al parafango anteriore (al quale è fissata la balestra) durante l'escursione.
Leading Link
Un classico ancora oggi attuale, specie per mezzi muniti di sidecar com'è il caso della Casa russa IMZ-Ural, che necessitano di grande affidabilità come prerogativa principale. Non dissimile dalla Trailing Link descritta poco sopra, la forcella Leading Link fa delle proprie articolazioni poste dietro l'asse della ruota il proprio punto di forza. Una differenza non da poco, considerati i concreti benefici in termini di stabilità. La forcella Leading Link, forte di questo miglioramento, ha trovato così nuovo slancio con l'introduzione dei gruppi molla/ammortizzatore a cui viene oggi accoppiata, ottenendo una sospensione robusta e stabile. Un esempio di impiego comune, rispetto ai più particolari sidecar, è rappresentato dal mitico Honda Super Cub.
Earles
Brevettata da Ernest Earles nel 1953, la forcella Earles si impose per un periodo come alternativa del Leading Links, per via della maggiore rigidità che poteva offrire in fase di frenata. Come? In modo piuttosto intuitivo, le componenti di collegamento tra cui rientra anche l'ammortizzatore, nel sistema Earles vanno a formare un triangolo con la ruota, sulla falsariga di quanto accade anche per il forcellone posteriore. Un grosso limite fu invece, anche in questo caso, dato dal peso e dalla ridotta escursione possibile. Motivo per il quale la forcella Earles venne impiegata principalmente per le corse su strada, anche da Case illustri quali MV Agusta e BMW.
Teleidraulica Monobraccio
Progettata da Federico Martini (già Bimota) per la bizzarra quanto affascinante Gilera CX 125 (1991), la forcella teleidraulica monobraccio è caratterizzata da una sospensione configurata per lavorare su un solo lato della ruota, cui è collegata tramite un singolo braccio/piede forcella. La componente sterzante è quindi delegata a un sistema di due tiranti snodati, vincolati alla piastra di sterzo inferiore e al piede forcella stesso. Si trattò di un sistema bello a vedersi e alquanto ingegnoso, ma altrettanto costoso da realizzare e limitato nella propria escursione. Motivi per il quale non trovò il successo commerciale sperato...
Telelever o Saxon-Motodd
Il progetto è figlio degli anni 80 e della socità britannica Saxon-Motodd, la quale ha escogitato la brillante idea di collegare la forcella anteriore a un braccio oscillante, tramite snodo sferico. Questo, è a sua volta collegato a una molla cui è affidato il compito di smorzare il movimento del braccio oscillante. In buona sostanza è dunque il sistema braccio/molla ad assorbire gran parte delle forze in fase di compressione, con il vantaggio aggiuntivo di aumentare l'avancorsa in fase di frenata, grazie all'adattamento cui è sottoposto lo snodo di collegamento. Un meccanismo che nella guida porta ad avvertire in maniera molto meno accentuata l'affondamento "tipico" dell'avantreno (a farne le spese è però la sensibilità di guida).
Dal 1994, il sistema è impiegato da BMW con il nome Telelever e ha trovato, negli ultimi 30 anni, sempre maggiore evoluzione.
Duolever o Hossack/Fior
Introdotto anche da BMW su K1200S nel 2004, il sistema Hossack/Fior fu brevettato vent'anni prima dallo scozzese Norman Hossack e poi impiegato da Claude Fior e John Britten sui campi di gara. Lo schema Hossack/Fior ricorda in larga parte lo schema a quadrilatero impiegato nelle auto. Prevede una forcella a steli rigidi collegata al telaio tramite due bracci, sui quali agisce la componente molla/ammortizzatore. In questo caso la componente sterzante e quella ammortizzante sono rese indipendenti, in quanto a essere incaricati della sterzata sono altri due tiranti (snodati) che collegano tra loro manubrio e forcella.
Hub Centre Steering - bibraccio e monobraccio
Bella a vedersi, caratteristica in quanto a feeling di guida e massimamente costosa, la sospensione "a ruota centrata" identifica per i più il marchio Bimota e, in seguito, la speciale Vyrus. Si tratta di un sistema i cui principi risalgono però al secolo scorso, quando già nel 1918 Carl Neracher progetto per il suo prototipo Ner-a-Car un qualcosa di vagamente simile, per quanto ancora rudimentale. Servirono gli studi sui mozzi ruota sperimentati dall'ing. Jack Di Fazio negli anni 60 a rinvigorire questo sistema che, nella sua versione con forcellone bibraccio (anteriore, chiaramente) si avvale di un perno ruota "doppio", di cui uno è utile a fissare la ruota e l'altro - che è di fatto un nodo sferico comandato da tiranti - è utile a condurre il movimento di sterzata destra-sinistra. Questo è proprio il caso della Bimota Tesi 1D (clicca qui per leggere l'articolo dedicato).
Diverso invece il sistema, ma analogo il principio di funzionamento, per il monobraccio che contraddistinse nel 1993 la Yamaha GTS1000 oppure, sui campi di gara fino a pochi anni prima, la Honda Rosset-ELF 500.