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Enduro 125 anni 80: il tassello per la gavetta

Gli anni 80 hanno visto anche il successo delle enduro non specialistiche. Ottime palestre per prepararsi al mondo delle endurone "da grandi".  Vediamo  i modelli che hanno fatto la storia

 

Gli anni 80 sono stati protagonisti di una corsa allo sviluppo delle moto da 125 cm3 mai vista prima di allora. Molti ricorderanno le velocissime sportive carenate, ambite dagli adolescenti di allora e proposte sul mercato con ritmi di sviluppo e produzione oggi impensabili. La "febbre delle ottavo di litro" però, non erano solamente per le stradali più pepate; a queste si aggiunse infatti una nuova categoria: quella delle enduro dual-sport, adatte per divertirsi in fuoristrada e al contempo per viaggiare comodamente verso scuola. L'idea di moto da "regolarità" e in genere di tassellata specialistica lasciava così il passo a nuove soluzioni di compromesso: debuttarono le Aprilia Tuareg, Cagiva N90, Gilera RC e via discorrendo... solo per restare entro i confini nostrani! 

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Era anche l'epoca delle enduro stradali "da grandi", di cui abbiamo parlato recentemente con una guida all'acquisto (clicca qui per leggere l'articolo); ed ecco che una categoria d'ingresso, per svezzare le nuove leve, andò formandosi di pari passo. 

Vediamo alcuni tra i modelli che hanno segnato quell'epoca...

Aprilia ETX - Tuareg 

La capostipite del genere, per la Casa di Noale, è la Aprilia ETX. Presentata nel 1984, la ETX era la proposta "soft" nata per distinguersi dalla più aggressiva e specilistica RX 125. La prima versione venne motorizzata con un blocco 4T Hiro privo di valvola allo scarico - di derivazione Aprilia STX - che venne presto sostituito da un blocco Rotax 126 raffreddato a liquido, con aspirazione lamellare e miscelatore separato. Anche in questo caso però, senza valvola allo scarico, a sottolineare la vocazione tranquilla del mezzo. Le sue prestazioni registrano infatti 18 CV a 8.250 giri per una velocità massima di 121 Km/h. Nel 1985 è la volta di un nuovo aggiornamento: debutta il nuovo motore Rotax 127, dotato finalmente di valvola allo scarico RAVE pneumatica e condiviso con la neonata Aprilia Tuareg. La potenza sale a 26 CV all'albero (poco più di 20 CV alla ruota) e altrettanto la velocità, che tocca quota 130 Km/h. Prestazioni adeguate a una moto dal peso di 124 Kg. L'ultima evoluzione arriva nel 1986 con una nuova testata, un differente setting per il carburatore PHBH 26 e l'arrivo della valvola RAVE2, che aumentano la potenza di ulteriori 2 CV. Nel frattempo però, è arrivata la nuova Tuareg a farsi strada nei listini Aprilia...

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La prima Tuareg debutta nel 1985 per allacciare il marchio alle nuove "suggestioni dakariane", che impazzano in quel periodo. Monta il nuovo Rotax 127 di cui abbiamo appena parlato ma, rispetto alla sorella ETX, la Tuareg vanta un serbatoio da 16 Litri e non solo: il telaio monoculla è totalmente nuovo, ha un interasse maggiore e inedite sospensioni Marzocchi, con forcella da 35 mm e un mono dotato di leveraggio APS. I primi aggiornamenti arriveranno già nel 1986, con una diversificazione del modello che prevede ora una versione Rally, più essenziale e volta all'uso fuoristradistico (spinta dall'unità Rotax 127-GS da 34 CV a 10.750 giri, con carburatore da 34 mm), cui si affianca la versione Tuareg 1987 che anticiperà di poco la Wind, un allestimento più carenato e vocato alle lunghe percorrenze (con lei debutta il nuovo motore Rotax 123 da 28 CV). L'ultima "rinfrescata" a entrambi gli allestimenti risale al 1989: la Rally sfoggia un doppio faro con parafango alto e arriva la comodità del miscelatore separato; mentre la Wind riceve un telaio più robusto e un freno anteriore con disco da 300 mm. Si tratta dell'ultima generazione che termina il suo ciclo nel 1994, cedendo il passo alle nuove Aprilia Pegaso e Aprilia RX125.

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La versione Rally che debuttò nel 1989

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Le due versioni Tuareg Wind, con il restyling contraddistinto da un frontale a doppio faro

Cagiva Tamanco - N90

Cagiva prepara il terreno nel 1988, presentando la Tamanaco 125, evoluzione della precedente Cruiser. Esteticamente strizza l'occhio alle nuove tendenze dell'epoca, con il doppio faro e il parafango basso e anticipa l'arrivo della Cagiva N90 che debutterà l'anno seguente, come prima proposta "dual" della Casa di Varese. La ciclistica è la stessa della Tamanco con forcella da 40 mm, addolcita nel setting per un uso più confortevole. Cambia invece il motore, che è in condivisione con la stradale C12R ed eroga 27 CV alla ruota a 9.750 giri, vanta una valvola allo scarico a controllo elettronico di tipo CTS ed è abbinato a un cambio a 7 marce, ottimo su strada ma decisamente meno adatto in off-road. 

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La Tamanaco ha una taratura delle sospensioni pensata per il fuoristrada. Nell'immagine, una locandina del 1988

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Sono due le livree della N90: bianco/blu/rosso oppure “Lucky Explorer”

Gilera XR1/XR2 - R1/R1S - RC

Luciano Marabese si ispira alla moda africana del momento e disegna per Gilera la nuova XR1, che resterà a listino nel biennio 1988-1989 per poi cedere il passo, nel 1990, alla sua evoluzione Gilera XR2. Una linea originale, caratterizzata da un frontale a "becco" che, in qualche misura, anticipa soluzioni stilistiche oggi molto in voga. Il motore raffreddato a liquido deriva dalla sorella stradale  Gilera KK 125,con aspirazione lamellare nel cilindro valvola allo scarico centrifuga di tipo APTS (Automatic Power Tuning System), il tutto alimentato da un Dell'Orto PHBH da 28 mm per una potenza di 28 CV a 9.500 giri. La XR2 è tecnicamente uguale alla sorella XR1, ma ha un design contraddistinto da linee più dolci e il peculiare "becco" - che ricorda tanto le Suzuki DR Big - resta confinato all'elenco degli optional. Debuttano invece le nuove livree rosso/nero e bianco/azzurro.

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La ciclistica della XR1/XR2 è firmata Paioli, con forcella da 38 mm

Meno paciosa delle XR1/2 è invece la proposta Gilera che debuttò nel 1987 col nome R1, che aprì la strada alla fortunata e definitiva versione della RC: la Gilera RC Top Rally che arrivò solo tre anni dopo. La R1 era spinta da un mono da 125 cm3  capace di sviluppare 27 CV a 9.500 giri e manteneva un'attitudine più fuoristradistica, che venne rincarata nel 1989 con l'evoluzione R1S capace di spremere 29 CV dallo stesso propulsore. Tuttavia l'apice della categoria ottavo di litro venne raggiunto nel 1990 con l'annunciata RC 125 Top Rally, che riprendeva il concetto di "Regolarità Casa" con una veste più dakariana rispetto al passato (le generazioni RC precedenti erano più affini all'idea di enduro classica), vantando una potenza ragguardevole di 31,5 CV a 10.300 giri.

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Le serie R1/R1S e la successiva RC Top Rally disponevano tutte dell'avviamento elettrico in abbinamento al pedale

Honda CRM

I giapponesi furono altrettanto protagonisti di quel periodo, anche se la maggior parte degli sforzi si concentrarono sulle cilindrate superiori e - nel segmento delle ottavo di litro - la massima vivacità si registrò tra i produttori italiani. Partiamo dunque con la Casa dell'Ala che nel 1990 lanciò la nuova Honda CRM 125, di certo meno nota rispetto alle più aggressive CRE e CR, ma anche più prossima al concetto di dual-sport. La CRM 125 fu prodotta non a caso negli stabilimenti italiani di Atessa, sfruttando  quanto più possibile della coeva Honda NSR per il propulsore 2T da 125 cm3 e 25 CV. Meno esasperata nelle prestazioni rispetto alla concorrenza, anche telaio e la ciclistica erano meno specialistiche se confrontate alla più aggressive CRE/CR. La Honda CRM 125 si presentò quindi come alternativa tranquilla e affidabile, restando in produzione fino al 2001 (anche se in versione depotenziata dal 1998). 

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La CRM 125 era dotata di valvola allo scarico a controllo elettronico

Yamaha DT 

Analogamente a quanto accaduto per Honda, anche la Casa di Iwata nel 1986 si affidò alla filiale italiana Belgarda per produrre un mezzo semplice, leggero e versatile, presso gli stabilimenti di Gerbo di Lesmo (MB). La base di partenza fu la Yamaha DT 125 LC (Liquid Cooled) già proposta nei mercati stranieri, cui seguì nel 1987 la variante "africana" Ténéré, più carenata. Un progetto nipponico assemblato con componenti perlopiù italiane: una su tutte il propulsore, sviluppato su licenza da Minarelli. Si tratta di un monocilindrico 2T raffreddato a liquido e provvisto di radiatore, adotta un contralbero antivibrazioni e per l'aspirazione vanta un pacco lamellare con sistema "a polmone" YEIS, mentre per lo scarico troviamo una valvola elettronica YPVS. Si tratta di una delle unità più raffinate della categoria con 30 CV a 9.500 giri.

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L'avviamento in questo caso è solo a pedale

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La livrea Chesterfield- Scout era la più esclusiva per la versione Ténéré

Nel 1989 Yamaha Belgarda presenta la TDR 125 Lightburner, versione "minore" della bicilindrica da 250 cm3 importata in Italia. Come suggerisce il nome di "brucia semafori", non si tratta di un mezzo strettamente dedicato all’enduro: la sua vocazione è stradale e la colloca in quel segmento ibrido che sta prendendo forma, quello delle prime motard. Questa, però, è un'altra storia...

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