Interviste SBK - Serafino Foti: “Faremo di tutto per tenerci il numero 1”
Serafino Foti, team manager del team Aruba.it Racing Ducati, ha vissuto tutte le epoche della Surperbike, in questa intervista in escusiva ha fatto il punto su questo inizio di stagione, parlando poi dei suoi piloti e dell'esperienza di vivere le gare dietro al muretto dei box
Foti e la sua passione ancora intatta per questo mondo
La stagione 2023 della Superbike è cominciata nel migliore dei modi per il team Aruba.it Racing Ducati che ha vinto tutte e tre le gare in Australia con Alvaro Bautista, nei box della "rossa" si respira ottimismo anche se siamo ancora alle prime battute. La nostra Serena Zunino ha potuto fare una chiacchierata con il team manager Serafino Foti, che ha analizzato i valori in campo, spiegando i "segreti" di Bautista e raccontando poi l'evoluzione del mondiale vissuta in 38 anni di carriera.
Quanto sarà difficile difendere il titolo in questo 2023?
Il 2022 è stato un anno straordinario. Abbiamo gioito e festeggiato per la vittoria finale ma adesso è il momento di voltare pagina perché, se è molto bello vincere, confermarsi campioni è un’impresa ancora più ardua. Sappiamo che sarà difficile perché la competizione è altissima, così come la concorrenza. Siamo consapevoli del nostro potenziale, crediamo fortemente nei nostri piloti e dobbiamo continuare a lavorare con lo stesso approccio e la stessa voglia di vincere, senza mai abbassare la guardia. Faremo di tutto per poter mantenere il numero 1 sulle nostre carene.
Come descrivi dal punto di vista sportivo e umano Alvaro?
Posso pronunciare solo parole positive. È un grandissimo professionista e devo ammettere di non averne incontrati molti come lui nella mia carriera. Ha sempre tanta voglia di crescere, di migliorarsi, guardando solo a sé stesso. A livello umano, poi, è travolgente: un ragazzo molto umile capace di trasmettere umiltà e semplicità a tutto il team. È riflessivo, non si arrabbia quasi mai. È entrato nella nostra famiglia nel 2019 ed il feeling è sempre stato straordinario. Oltre a essere un grande ragazzo e un grande papà.
Cosa ha rappresentato per te il titolo vinto?
La consacrazione di un lavoro intenso e dietro a tutto questo c’è un grandissimo sacrificio che viene ripagato solo con la vittoria. Sono onorato ed orgoglioso di far parte di questa famiglia e di questo progetto. Siamo un grande team che comprende non solo i nostri ragazzi, ma anche tutti coloro che lavorano a casa e a Borgo Panigale. Io sono solo un piccolo tassello di questo puzzle ed è merito di tutti se siamo arrivati a questo risultato.
Dall’altra parte del box c’è Michael, che pilota e ragazzo è?
Sportivamente parlando, è un pilota molto ambizioso. Qualche volta questa ambizione può sovraccaricare la pressione, ma dobbiamo sottolineare il fatto che non corra per fare il risultato, bensì per provare a vincere. Per lui conta solo vincere e alcune volte, quando non riesce a fare bene alcune cose o per vari motivi non arrivano i risultati, si arrabbia più di altri. È un ragazzo esplosivo, anzi, un romagnolo esplosivo – come mi piace definirlo – ma con tanti lati positivi. Un esempio? In un attimo si butta giù ma dopo 10 minuti ha già dimenticato tutto. Michael arriva dal nulla, da una famiglia normale, sa cosa vuol dire il sacrificio. Al di là di come tanti lo descrivono, alcune volte forse si è fatto un’immagine sbagliata ma non per colpa sua, bensì per come viene descritto. È un bravo ragazzo, umile e con voglia di emergere. Ed è anche riconoscente con chi gli è stato vicino e lo ha aiutato. Gli vogliamo bene: è con noi da tantissimi anni, è quasi un secondo figlio.
Cos'ha di speciale questa coppia?
È una combinazione che funziona soprattutto per il rispetto reciproco. In più è la coppia migliore del 2022. Abbiamo vinto il titolo a squadre grazie ai risultati di entrambi. Anche a livello tecnico, avendo un fisico simile e guidando in maniera simile, lo sviluppo della moto va in un’unica direzione e questo ci aiuta.
Chi sono gli avversari più temibili e perché?
Toprak (Razgatlioglu) e Johnny (Rea). Partiamo ovviamente dal riferimento 2022 ma dobbiamo avere rispetto di tutti senza mai sottovalutare gli altri avversari. Ci saranno infatti new entry come Remy Gardner, Dominique Aegerter, Danilo Petrucci. E vedo Michael Rinaldi uno dei candidati a lottare sempre nelle posizioni di vertice, così come Locatelli che ha fatto dei test molto buoni questo inverno. Due giovani rampanti che si uniranno al trio di testa.
Quanto e com'è cambiata la SBK dai tempi in cui correvi?
È cambiata molto sotto l’aspetto tecnico. C’è stata un’evoluzione incredibile ed è giusto che sia così. Dal punto di vista innovativo e tecnologico la distanza che è stata percorsa è davvero impressionante. Forse prima c’era un solo ingegnere nel box adesso il numero degli ingegneri è praticamente uguale a quello dei meccanici anche perché le moto sono molto più complesse. Ne è rimasto invariato invece lo spirito, con l’atteggiamento di apertura verso il pubblico, con il paddock aperto. Prima si arrivava con le roulotte, le tende, non c’erano le hospitality. Adesso lo scenario è cambiato molto ma lo spirito del paddock è rimasto lo stesso con i medesimi valori di 30 anni fa.
Quali doti ci vogliono per svolgere il tuo lavoro?
Non ci vogliono doti speciali, ma è importante conoscere questo mondo a 360°. Io ho avuto la fortuna di vivere tutte le epoche della Superbike, dal 1988 quando è stata corsa la prima gara. Questo mi ha aiutato perché sono stato testimone di tutti i cambi generazionali. L’esperienza è molto importante, ma lo è di più riuscire a gestire le risorse umane. È questo aspetto che fa la differenza. Il rapporto con le persone, non solo quelle all’interno del box, è fondamentale così come gestire tutte le situazioni con umiltà e rispetto. E poi l’esperienza che ti fa contenere le emozioni e soprattutto l’ansia. È uno sport che dopo il semaforo verde richiede una gestione dei momenti difficili senza ansia e senza panico.
Da ex pilota, come vivi questo ruolo?
Ogni volta che inizia una gara mi emoziono ancora. Dopo 38 anni riesco ancora a sentire le “farfalle nello stomaco”. È questo che mi fa andare avanti. E poi l’adrenalina: qualcosa di speciale. Da bambino sono riuscito a correre in moto, ad inseguire il mio sogno, e sono rimasto nell’ambiente. Senza la passione per le moto non avrei potuto fare questo lavoro anche perché è inevitabile dover fare dei sacrifici, soprattutto con la famiglia, ed essere disposti a prendere decisioni di vita non facili. Solo l’attaccamento e l’amore per questo sport ti consentono di fare certe scelte. Ma quando mi guardo allo specchio e mi chiedo che lavoro vorrei fare da grande rispondo: “Il mio lavoro”.