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Monopattini elettrici e difficoltà interpretative

La nuova norma che equipara i monopattini elettrici alle bici a pedalata assistita colma un vuoto legislativo, ma pone alcuni dubbi di interpretazione che mettono in difficoltà gli utenti e potrebbero portare a sanzioni inattese. A rimanere incerte sono le norme sulla circolazione, le incongruenze tra la velocità di cicli e monopattini e il divieto d’uso di molti mezzi di micromobilità
Contraddizioni pericolose
La nuova norma che inquadra i monopattini elettrici nel Codice della Strada come le biciclette a pedalata assistita, del quale abbiamo già scritto, pone fine a un vuoto legislativo che metteva a rischio gli utilizzatori da possibili sanzioni, anche onerose, se non dal sequestro del mezzo. In compenso, con l’entrata in vigore del provvedimento si aprono nuove difficoltà interpretative. Le principali per gli utilizzatori si registrano nelle città, come Milano e Torino, dove sono attive le sperimentazioni sulla micromobilità con tanto di regolamenti comunali che ne disciplinano l’uso su strada. Si tratta di regole derivati dalle disposizione stabilite dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, ma spesso in contrasto con quanto stabilito dalla nuova disposizione. In particolare, l’equiparazione ai cicli consentirebbe l’uso dei monopattini sulle strade senza particolari limitazioni mentre i regolamenti comunali prevedono diversi divieti. A Milano, ad esempio, i mezzi di micromobilità hanno accesso, tra l’altro, a piste ciclabili, ciclopedonali e alle Zona 30, ma non sulle normali strade dove vige il limite di 50 km/h. Non solo, è espresso il divieto di circolazione in alcune aree, come sulle strade con pavé o su alcune corsie preferenziali contigue ai binari del tram, dove le bici hanno accesso. Si hanno, dunque, doppie regole che rischiano di confondere gli utilizzatori e, soprattutto, di portare a sanzioni a seconda dell’interpretazione del vigile urbano di turno. Il buon senso vorrebbe che una norma nazionale avesse la priorità su un regolamento comunale, seppur derivato da un decreto ministeriale, ma il dubbio rimane. L’interpretazione più plausibile è che gli utenti con monopattini privati possono circolare liberamente come se fossero in sella a una bicicletta ad eccezione delle aree dove è presente un apposito cartello di divieto all’uso dei mezzi di micromobilità. Viceversa, gli utenti dei monopattini in sharing, il cui utilizzo è normato dal decreto del ministero dei Trasporti che ne abilita la sperimentazione, dovranno probabilmente attenersi alle disposizione previste dal regolamento comunale e muoversi soltanto dove espressamente autorizzato. La stessa interpretazione potrebbe valere per la sosta valere e per la patente, non necessaria per guidare la bicicletta, ma richiesta (la AM) per i minorenni a bordo di un monopattino.

Serve una norma per tutta la micromobilità
Il provvedimento di equiparazione dei monopattini con i cicli pone altri interrogativi dovuti a incongruenze ed omissioni. Alla prima appartiene la differente disposizione in merito a potenza e velocità dei mezzi, con le e-bike che per il Codice della Strada possono avere unità da 250 W e viaggiare a 25 km/h e i monopattini che per il decreto ministeriale possono avere motori da 500 W, ma muoversi a 20 km/h. Una discrepanza che potrebbe portare a dubbi, come sanzionare o meno un cittadino in monopattino che viaggia a 25 km/h. Inoltre, la nuova norma non specifica in che categoria rientrano i monopattini che superano i 500 W di potenza o i 20 km/h rendendo difficile comprendere se hanno il divieto assoluto di circolazione o se devono essere considerati come dei ciclomotori e, quindi, immatricolati e con obbligo di assicurazione e casco. Inoltre l’attuale provvedimento riguarda soltanto i monopattini rendendo, di fatto, inutilizzabili segway, hoverborad e monoruota, se non nelle città dove vige una sperimentazione specifica. Di fatto, sono vietati in tutto il paese, ma sono legali in alcune località. Non solo. Altri mezzi appartenenti alla micromobilità, come i monopattini con sellino o i segway per disabili dove si viaggia seduti, non rientrano neppure nelle categorie previste dal decreto ministeriale e quindi non potrebbero essere abilitati alla circolazione. È evidente, dunque, che serve legiferare una disciplina più congrua capace di rimuovere i dubbi in essere e di fare rientrare tutti i mezzi della micromobilità.
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