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Yamaha, la lunga strada per recuperare otto decimi al giro

La Casa giapponese lo scorso inverno ha fatto acquisti pesanti, prelevando da Ducati Massimo Bartolini, uomo fidato di Gigi Dall'Igna. Dopo i primi mesi di lavoro l'italiano ha fatto il punto sulla situazione

La prima intervista di Bartolini da direttore tecnico Yamaha

Massimo Bartolini è stato per anni una delle persone di riferimento nello sviluppo delle Desmosedici, lo scorso inverno scorso ha deciso di accettare la sfida Yamaha, diventanto il nuovo direttore tecnico. L’obiettivo è riportare la M1 davanti e, dopo i primi mesi di lavoro, ha fatto il punto della situazione ai microfoni di Sky Sport: “Sono molto contento di essere qui in Yamaha. Dopo 20 anni di Ducati serve un po' di tempo per abituarsi, ma tutti mi hanno accolto molto bene. È un ambiente diverso, le culture sono differenti: io ho sempre lavorato in aziende italiane, è la prima volta che lavoro in una realtà giapponese. Però ad oggi mi sono trovato molto bene. Siamo tutti abbastanza consapevoli che abbiamo molte cose da fare. La cosa positiva è che abbiamo in testa quello che c'è da fare: è chiaro che, fra averlo in testa e metterlo in pratica, c'è un po' di differenza. Ma in generale abbiamo identificato le aree dove possiamo migliorare. Un ritardo di 7-8 decimi richiede tempo per essere recuperato ed è distribuito un po' su tutte le aree. Ci stiamo lavorando, stiamo producendo del materiale e stiamo cercando di mettere insieme la mia esperienza (prettamente europea) e quella di Yamaha: unire il buono di entrambi i metodi di lavoro per cercare di chiudere il distacco in tempi ragionevoli”.

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"Fondamentale avere un team satellite"

Cosa manca oggi a Yamaha per lottare per la vittoria? Bartolini spiega: “Su alcuni campi potrebbero avere sottovalutato l'impatto dei nuovi aspetti che hanno sviluppato gli europei, in particolare Ducati ma anche KTM e Aprilia. Questa cosa è stata recepita e si sta cercando di investire. Chiaro che se parti un anno dopo a investire pesantemente su alcune aree, ti serve un po' di tempo per ridurre il distacco”. Uno degli obiettivi del 2025 sarà avere due moto in più in pista: “Con un campionato così impegnativo, anche se hai le concessioni e puoi far girare i piloti ufficiali, riesci a farli girare molto poco: intanto sono degli uomini e devono recuperare, è impossibile farli guidare di continuo. E poi è comunque difficile con i tempi così ristretti. Sarebbe fondamentale avere un team satellite, per cercare di portare avanti più cose su più piloti. E anche per i piloti stessi, per avere dei confronti e regolarsi meglio nelle scelte e nelle parti dove migliorare”.

L'adattamento di Bartolini a Yamaha

Dopo tanti anni passati in Ducati, ora devo svolgere un altro tipo di lavoro: “Sto cercando di capire come funziona la Yamaha, per sfruttare i punti forti che comunque ci sono, anche se dai tempi non sembra (ride, ndr). Stiamo cercando poi di capire cosa si possa fare: è chiaro che, finché l'architettura motore resta diversa, la moto è radicalmente diversa. E quindi tanti concetti che si usavano in Ducati, soprattutto di veicolo, sono molto difficili da applicare qui. Però tanti altri sono comuni e si possono trasportare: penso ai bilanci aerodinamici o al modo di lavorare sull'elettronica, che si può aggiornare e migliorare rispetto a come siamo ora”. Il processo è lungo: “Da uno a dieci credo sia una difficoltà nove (ride, ndr). Però le corse sono così: non ci facciamo spaventare, altrimenti facevamo altro. Passo da un meeting all'altro come una pallina da flipper, è una caratteristica che avevo anche fra gli italiani. Alla fine i giapponesi si stanno abituando...”

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