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Ciao ciao Vale: dalla Mito alla M1, tutte le moto del Dottore

Il nove volte campione del mondo ha corso molti anni con Yamaha, ma anche con Honda, Aprilia, Ducati e persino Cagiva. La RC211V è stata la moto più rivoluzionaria, la NSR una bestia indomabile, ma Rossi ha portato entrambe al successo
Valentino Rossi ha legato la propria storia soprattutto a Yamaha, con cui ha corso dal 2004 al 2010 e dal 2013 a oggi. Sono 16 stagioni su 26 nel motomondiale, una enormità che però non rappresenta un matrimonio esclusivo. Andiamo a rivedere tutte le moto del Dottore.

Sport Production e 125cc
Prima di approdare al motomondiale, Rossi corre nel 1994 e 1995 tra sport production e CIV. La sua prima moto da gara per un campionato è quindi la Cagiva Mito, gestita da Claudio Lusuardi, e arriva subito il titolo. L'anno successivo Rossi vince un altro campionato, ma questa volta in sella a una Aprilia. Sempre con la moto di Noale, ma nel team AGV, per Rossi arriva il debutto mondiale. Le ottavo di litro dell'epoca erano dei veri gioielli: la RS del 1996 aveva una potenza che si avvicinava ai 50 cavalli (47-48) poco sotto i 13mila giri/min, per un peso di 71 chilogrammi. Il rapporto di compressione arrivava a un rapporto di 18:1, il carburatore era un Dell'Orto da 41mm, aspirazione a valvola con disco rotante come da tradizione Aprilia.

Duemmezzo, la moto perfetta?
Con il passaggio nella quarto di litro, anche Rossi ha corso con la mitica RSW 250, una moto che al suo arrivo nella categoria aveva già vinto 3 titoli con Max Biaggi. La moto di Noale rappresentava il top della categoria: pesava meno di 100kg grazie a numerose parti in carbonio, come il forcellone, o ai carter in magnesio e alluminio. La RSW era dotata anche dell'ammortizzatore di sterzo, il bicilindrico a V di 90° aveva le stesse misure del 125 (54x54,5) ed erogava una potenza di oltre 100 cavalli, per un rapporto peso/potenza inferiore a 1. Valentino fu il terzo campione del mondo a fregiarsi del titolo dopo Biaggi e Capirossi.

La belva
Il passaggio in 500 segnò il debutto in sella alla NSR di Honda, una delle mezzo litro più temute in assoluto. Era una moto difficilissima da domare, quasi 200 cavalli per 131 kg, un motore 4 cilindri che curiosamente aveva le stesse quote del bicilindrico Aprilia, ma con la V disposta a 112°. La benzina veniva distribuita ancora a carburatori, con l'arrivo di Valentino si passò alla ruota anteriore da 17” e si redistribuirono i pesi per garantire più trazione al posteriore. Rossi era considerato il naturale erede di Mick Doohan, e ne eredita anche la crew, a cominciare dal capo tecnico Jeremy Burgess. Dopo il biennio con la mezzo litro, Rossi entra nel team Repsol Honda, ufficiale HRC a tutti gli effetti, e corre con la mitica RC211V a 5 cilindri. I primi test lasciano qualche dubbio al quattro volte campione del mondo, che si domanda se per il primo anno non sarebbe meglio proseguire con la vecchia 2 tempi, come concesso da regolamento. Ma HRC ha deciso che si va avanti sulla strada nuova, e già al debutto in Giappone, Rossi si deve ricredere: vittoria convincente, la prima di 11 in stagione, con altri 4 secondi posti in 16 gare. La moto è un missile da almeno 220 cavalli per meno di 150 chilogrammi, l'aspetto snello deriva dalla disposizione a tre cilindri davanti più due dietro con un angolo di 75,5° per il bilanciatissimo super quadro di Honda. L'elettronica entra prepotentemente in gioco, sia per l'iniezione che per la gestione del motore stesso.

Amore a prima vista
Nel 2004 Valentino passa in Yamaha e quando prova la M1 ha a disposizione ben 4 motori diversi: due a cinque valvole per cilindro e due a quattro, per ciascuna soluzione un esemplare con albero motore convenzionale e un altro a croce, in modo da avere una configurazione di scoppi irregolare. Rossi sceglie il 4 valvole cross-plane, e da questo momento in poi la moto prende una direzione tecnica che non abbandonerà più. Rossi nel 2004 sbaraglia la concorrenza, e nell'inverno che precede la stagione 2005 gli ingegneri completano l'opera di revisione del motore: la testa viene ridisegnata, il propulsore inclinato, la trasmissione a catena viene sostituita da ingranaggi. Nel 2007 il regolamento impone la riduzione di cilindrata a 800cc, ma la M1 rimane molto simile a sé stessa, eccezion fatta per un motore a corsa più corta. Dal 2013, quando torna in Yamaha, Rossi trova invece nuovamente una M1 di cilindrata 1000cc, sostanzialmente la moto con cui corre ancora oggi.

Desmosedici, quanti dolori
Tra tutte le moto di Rossi ce n'è solo una che il Dottore non è riuscito a portare nemmeno una volta sul gradino più alto del podio: è la Desmosedici, la 4 cilindri di Borgo Panigale con cui Valentino corre nel 2011 e 2012. In realtà si tratta di due moto piuttosto differenti tra loro: le difficoltà incontrate da Valentino fin dal suo esordio con la GP11 sono ben note e nonostante gli sforzi fatti per risolverli, niente va a posto. Il telaio in carbonio non dà il giusto feeling, la moto va ma solo sul dritto. Ad Assen arriva una GP11.1, nata sulla base della moto che inizierà a correre l'anno successivo. Il regolamento 2012 prevede il ritorno alla cilindrata 1000, così Ducati prende il nuovo motore, accorcia la corsa e lo trasforma in un 800. Dal punto di vista della ciclistica, viene introdotto un nuovo forcellone, che ricorda quello della M1. La GP11.1 acquisisce anche il nuovo cambio seamless destinato alla GP12. La seconda parte della stagione si rivela però persino peggiore della prima, e la Desmosedici in versione 800 per la prima volta in cinque anni chiude il campionato senza nemmeno una vittoria. A Valencia debutta il telaio in alluminio, ma la GP12 non sarà molto migliore rispetto alla moto precedente, e il massimo che Rossi riuscirà a conquistare saranno due secondi posti.
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