Il primo scooter Ducati fu un flop, la storia dimenticata del Cruiser 175
Cambio automatico e avviamento elettrico, linee eleganti ed imponenti, particolari curati ed un cruscotto da astronave. Uno scooter da veri signori, gravemente penalizzato dal costo, dal peso e dalle prestazioni, parecchio deludenti. E così il primo ed unico scooter Ducati visse appena tre anni…

Ducati Cruiser 175
Di tanto in tanto, tra gli appassionati del marchio bolognese, torna sul tavolo un argomento “spinoso”: arriverà mai uno scooter Ducati? Salvo divertenti speculazioni, non esistono indizi che vadano oltre la semplice ipotesi. Tuttavia, forse non tutti sanno che uno scooter Ducati esiste eccome. O meglio, esisteva una settantina d’anni fa. Ecco la sua storia…
Rimettere in moto il Paese? Non esattamente…

Mentre l’idea, o meglio, la necessità che portò alla nascita e allo sviluppo di Vespa era quella di “rimettere in moto il paese” del dopoguerra fornendo a quante più persone possibile un mezzo di trasporto utile alla nuova mobilità urbana, Ducati volle distinguersi con un mezzo elitario e tecnologicamente avanzato. Quello degli scooter era un segmento promettente, in cui Ducati scelse di addentrarsi mantenendo però netta la distanza con Piaggio e Innocenti con cui, va detto, non poteva tra l’altro competere.
La presentazione
Il Cruiser fu presentato al Salone di Milano nel 1952 (quindi 6 anni dopo la Vespa), attirando subito l’interesse dei visitatori. Cosa non facile se si considerano le tante novità portate alla “Triennale” dagli oltre 400 espositori. Certo è che, se paragonato alla Gilera 150, alla Mondial 125 monoalbero o alla MV 150, solo per citarne alcune, il Cruiser rappresentava qualcosa di veramente nuovo. Un successo? Solo a prima vista: sulla carta lo scooter Ducati sembrava perfetto ma, dobbiamo anticiparlo, nella pratica si rivelò un vero fallimento. Vediamo il perchè.
Un fiasco tecnico e commerciale

Il motivo ce lo spiega lo stesso Cosimo Calcagnile: “Indiscutibilmente un fiasco tecnico e commerciale” scrive l’ex direttore di Ducati sulle pagine di Motociclismo d’Epoca. “Eravamo alla fine degli anni Quaranta, in pieno boom scooteristico e la Ducati voleva entrare nel settore. Per evitare l’imbattibile concorrenza di Vespa e Lambretta, l’azienda bolognese si era orientata verso un modello particolarmente avanzato, come del resto era la sua tradizione tecnica in altri campi”. Erano anni, lo ricordiamo, in cui l’azienda di borgo Panigale, oltre al Cucciolo, produceva finezze tecnologiche come la microcamera formato 18x24, il rasoio elettrico Raselet e la calcolatrice Multisomma: accessori tecnologicamente avanzati a cui si voleva affiancare uno scooter “d’elite” dedicato ad una clientela, direbbe qualcuno, di un certo livello. Un concetto, ricorda Calcagnile, che doveva essere evocato già dal nome: “si voleva rendere l’idea di un prodotto dominante in tutti i campi: tecnica, affidabilità, estetica, prestazioni, confort ed esclusività”. Purtroppo però, gli obiettivi centrati furono in tal senso pochissimi, specialmente da punto di vista dell’affidabilità e della pregevolezza tecnica.
I tanti difetti

Il guaio principale (anche in questo caso è Calcagnile ad ammetterlo) stava nel convertitore idraulico che “mangiava troppa potenza”, cioè più della metà di quella erogata. Di qui l’idea di concentrarsi su di una più grosso 175 cm3, senza tuttavia ottenere i risultati sperati. Non solo: il sistema di trasmissione prevedeva l’innesto automatico della presa diretta una volta superati i 40 km/h, ma in città, nel misto o in salita, le prestazioni erano deludenti ed addirittura inferiori a quelle degli scooter di cilindrata inferiore. In aggiunta il peso, eccessivo, di ben 150 kg, che rendeva il cruiser poco maneggevole e parecchio assetato. Il tutto per un prezzo quasi doppio a quello di vespa: 320.000 nel 1952 erano davvero tante…
Tecnica pregevole, prestazioni così così

Vero, il Cruser fu un flop. Eppure, la scheda tecnica era di tutto rispetto…
A spingerlo ci pensava un monocilindrico orizzontale quattro tempi posto trasversalmente da 175 cm3 e 8 CV di potenza a 6.000 giri. La distribuzione era a valvole in testa comandate da un albero a due camme, posto nel basamento, a mezzo di aste e bilanceri, mentre l’avviamento prevedeva un motorino elettrico con innesto comandato da un pulsante a pedale (c’era anche quello di riserva a spinta, con innesto a presa diretta comandato dalla leva destra posta sul manubrio). Il cambio, come detto, era automatico e progressivo, con turbina a doppio stadio e dispositivo automatico di innesto. Il tutto per una velocità massima di circa 80 km/h ed un cosnumo di 3 litri per 100 km. Dal punto di vista della ciclistica, si facevano invece notare le le sospensioni (entrambe, anteriore e posteriore) di tipo autosmorzante, con elementi a trazione su tasselli di gomma. Le ruote, da 2,45 - 10”, erano calzate da pneumatici 3,50-10” mentre i freni, a espansione, avevano i tamburi alettati.
La linee ed i dettagli

Firmata dalla prestigiosa carrozzeria torinese Ghia, la linea del Cruiser era certamente personale e curata. Imponente e “lussuoso” esprimeva un’eleganza “industriale” che ben si sposava con la filosofia Ducati: forme pulite, design funzionale e linea immediatamente riconoscibile. Scudo ampio, con la griglia di raffreddamento anteriore che lo faceva per certi versi assomigliare ad una - seppur elegante - stufa in ghisa, fanale fisso, manubrio “nudo” e sella e sellino separati. Numerosi i detagli, quali la levetta che permetteva di sganciare le fiancatine per le operazioni di manutenzione, la ruota di scorta, nascosta a sinistra, ed il cavalletto centrale, decisamente spostato in avanti. Ricchissimo - ed elegante - il cruscotto, con chiave di contatto, due spie dell’impianto elettrico e contachilometri scalato fino a 100.

Quotazioni: roba da ricchi
Presentato nel 1952, il Crusier 175 fu prodotto in poco più di 2.000 esemplari. Inizialmente gli ordini non mancavano, ma i difetti di cui sopra fecero in breve crollare le vendite. La produzione s’interruppe nel 1954 e gli esemplari rimasti furono - lo ricorda sempre Calcagnile - letteralmente svenduti. Morale: in giro ce ne sono pochissimi. Se volete mettervene uno in garage, auguri: armatevi di buona pazienza e cominciate a risparmiare fin da subito…