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L'impresa di Aldo e Andrea Winkler, un Dakar insieme da padre e figlio

Il veterano 64enne ha concluso il suo ottavo Dakar insieme al giovane rookie. "È stata una grandissima emozione, i miei primi ricordi di papà sono di lui che mi portava da piccolo a preparare la moto prima di partire"
Un lockdown può trasformarsi da prigione in una risorsa: è il caso di Aldo e Andrea Winkler, che guardando le vecchie foto della Parigi-Dakar hanno deciso di correrla insieme. L'esperienza è stata positiva e così padre e figlio hanno chiuso rispettivamente in 118esima e 97esima posizione. Per Aldo era l'ottava partecipazione, Andrea era alla sua prima esperienza.

Il rookie e il veterano
È stato proprio Andy, classe 1992, un passato di ottimo livello nel motocross, a insistere per fare questa gara insieme. “Stavamo riordinando diari e foto durante la prima quarantena. Aldo mi ha detto: cavoli che posti, mi piacerebbe farteli vedere. E così è nata l'idea. Poi sono stato io che ho fatto un po' di pressione, nei mesi successivi. Gli ho detto che bisognava concretizzarla e che vista la sua età non era il caso di rimandare troppo. All'inizio volevamo fare l'Africa Eco Race, ma poi è stata annullata e così abbiamo puntato sul Dakar. L'anno scorso non ci hanno preso, ma quest'anno ci siamo riusciti”.
La gara è andata bene “anzi benissimo. Date le aspettative non ci sono stati grandi problemi e le moto sono andate bene. Aldo ha preso qualche botta, ma in generale l'idea era di vivere insieme questa cosa. Lui ci ha messo l'esperienza, mi dava i consigli da saggio. Io navigavo e lo aiutavo a uscire dalle situazioni più complicate”. 64 anni non sono uno scherzo, quando devi passare due settimane tra le dune, correndo  mezzo migliaio di chilometri al giorno. “Un giorno ad Aldo si è rotto il roadbook, mi sono messo davanti e gli segnalavo i pericoli. E poi nelle prime tappe, con la pioggia, il terreno era molto scavato, canalato, c'erano dei tratti dove sembrava di essere a Riola Sardo. E comunque tutto il rally  mi è sembrato molto tecnico. I primi fanno proprio gara a parte, sono super competitivi”.

Passato e futuro
Le emozioni sono state fortissime, perché radicate nella memoria. “I miei primi ricordi di papà sono legati proprio alla Parigi-Dakar. Ai suoi tempi le moto le si andava a farle dal meccanico e io mi ricordo che mi portava con lui. Stavo a giocare in mezzo ai camion della Dakar, o in officina. Si andava da Boazzo, o dall'organizzatore dei Faraoni, che aveva persino l'elicottero. Per me era un mondo fantastico e poi a un certo punto papà spariva e lo vedevo in tv”. Fare la gara insieme ha permesso ad Andrea di vivere in prima persona tutto questo. “Mi sono emozionato tantissimo e ancora adesso, che abbiamo ripreso a lavorare, stiamo tantissimo tempo insieme. Andiamo a mangiare fuori insieme. Ci vediamo tutti i giorni, ma anche così, quando ci vediamo, ci diciamo sempre quanto ci manchiamo”.
Andrea non sa se ci saranno altre Dakar in futuro, magari da solo. “Mi piacerebbe, ma non in Arabia Saudita. Perché il paesaggio sarebbe lo stesso e allora finirei per farmi prendere dalla competizione. Ma non correrei per arrivare 50esimo e se vuoi fare bene devi rischiare. Troppo pericoloso, quei piloti vanno sempre al limite e spesso anche oltre”. Rimane intatto invece il desiderio di vedere il lago Rosa. “L'Africa Eco Race potrebbe essere un obiettivo. Papà vorrebbe tornare a Dakar e anche a me farebbe un enorme piacere. Ma per adesso vogliamo pensare un po' alla famiglia e a riprendere le nostre attività, l'impatto emotivo di quello che abbiamo vissuto è ancora molto forte”.
 
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