Dakar, è più difficile oggi o 40 anni fa? I numeri non dicono tutto
L'azienda Whip ha elaborato alcuni dati relativi al celebre rally: oggi si corrono tappe meno lunghe e con speciali più corte, ma l'intensità della competizione è aumentata e il livello di assistenza per i piloti ufficiali è cresciuto moltissimo
Per i più nostalgici, la Dakar di oggi non è più un'avventura, ma si tratta di una gara di velocità pura, con poca navigazione e velocità vertiginose. Ma ne siamo proprio sicuri? I ragazzi di Whip (azienda di supporto digitale all'attività sportiva fondata da Gioele Meoni) dati alla mano, hanno cercato di capire quanto c'è di vero in questo luogo comune che imperversa nei bar di tutta la penisola.
Grandi distanze
Il percorso ha subito parecchi cambiamenti durante gli anni. Dalla prima edizione fino al 2008 (anno in cui il rally è stato cancellato) il rally si è svolto tra Europa ed Africa; dal 2009 al 2019 in Sudamerica e dal 2020 a oggi in medio oriente. Oltre al percorso, anche gli spostamenti hanno subito diversi cambiamenti: in Africa i trasferimenti erano quasi esclusivamente off-road, misti in Sud America e quasi totalmente su asfalto in Arabia Saudita.
I ragazzi di Whip hanno rilevato che il Dakar del 1981 è stata l’edizione più breve con 6263 km, seguita da quella del 2020 con 7900 km a causa della pandemia di COVID-19, che ha costretto gli organizzatori a modificare il percorso e a ridurre la durata della gara. Viceversa, l’edizione più lunga fu disputata nel 1986 con una distanza di ben 15.000 km, mentre il Dakar con più chilometri di prove speciali è stato quello del 1990 (Parigi-Tripoli-Dakar), con ben 8564 chilometri di ps.
Una varietà perduta
Sicuramente i Dakar di una volta erano un vero e proprio viaggio attraverso le frontiere. Nel 1983 il rally attraversò addirittura 8 paesi: Francia, Algeria, Mali, Mauritania, Niger, Volta Superiore, Costa d'Avorio e Senegal, mentre l'edizione 2019 si corse solamente in Perù e dal 2020 si disputa interamente in Arabia Saudita.
Sempre più veloce
Il Dakar del 1983 fu vinta in 52 ore, 45 minuti e 51 secondi dal francese Auriol, percorrendo 4033 km di prove speciali effettive a una media di 76 km/h. Nel 2022 Sam Sunderland ha concluso i 4258 km di ps in 38 ore 47 minuti e 30 secondi, a una velocità media di 109 km/h. L'incremento è sensibile, soprattutto se consideriamo che nei primi Dakar non c'erano le tappe ricche di dune che si corrono oggi. Ma già nel 2002 (Arras-Madrid-Dakar) Fabrizio Meoni vinse alla media di 105 km/h, e l'anno dopo chiuse una speciale a una media di 128 chilometri orari. Era l'era dei grossi mono e bicilindrici, che venne poi fatta terminare anche per porre uno stop all'incremento delle velocità e dei rischi connessi.
Maggiore affidabilità
Negli anni è cresciuta sicuramente la percentuale di piloti arrivati al traguardo. Secondo Whip, l'anno scorso i ritiri l'anno scorso sono stati il 42%, contro il 62% della prima edizione. Il picco si registrò nel 1986, con circa il 79%: 486 partenti ma solo 100 veicoli arrivarono alla fine del rally. Fu definita come la più dura e tragica di tutte le edizioni: i 100 valorosi coprirono 15.000km. Delle 18 tappe cinque erano di oltre 900km e una di addirittura 1565km, come percorre l'intera nostra penisola in una sola giornata di gara! Purtroppo fu anche l’edizione più tragica, durante la quale ci furono 7 morti, tra cui Thierry Sabine, che morì in un incidente di elicottero.
Le conclusioni
Era davvero più duro il Dakar di una volta? Per rispondere davvero alla domanda bisognerebbe considerare anche la qualità – o l'assenza verrebbe da dire in certi casi- dei bivacchi di una volta, lo sviluppo delle assistenze per gli ufficiali. Oggi i piloti forniscono una prestazione più intensa, ma hanno più supporto per farlo, e quindi è davvero difficile fare un raffronto tra quella che era una grande impresa, non solo sportiva, e la gara di oggi, un vero e proprio evento nel quale la competizione è spinta al massimo.