MotoGP 2020: Suzuki, è l'anno buono per il mondiale?
Il team di Davide Brivio ha impressionato nei test: la moto non è stata stravolta, ma è migliorata in tutte le aree. Per lottare per il titolo la casa di Hamamatsu però dovrà essere più costante rispetto al passato: Rins e Mir dovranno andare a podio più spesso e migliorare nelle qualifiche
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A parte la stagione 2017, Suzuki ogni anno si è avvicinata ai top team un passo alla volta da quando è rientrata in MotoGP. L'impressione generale è che anche l'inverno 2020 abbia portato la moto di Hamamatsu un po' più in alto nel borsino degli addetti ai lavori. Dopo un 2019 che ha visto la Gsx-RR vincere due gare – non succedeva addirittura dai tempi di Kenny Roberts Jr.- la vera sfida per il team giapponese sarà rappresentata dal limitare i momenti negativi. Se vinci due gare ma porti a casa solo tre podi in tutto l'anno la classifica ne risente: Rins e Mir saranno chiamati a una decisa prova di maturità che possa dare sufficiente sostanza alla prossima stagione.
La moto
Nuovo telaio, nuovo motore, nuovo forcellone, nuova aerodinamica. Con la politica delle piccole migliorie Hamamatsu ha ridisegnato la propria Gsx-RR senza farle perdere quella maneggevolezza che la contraddistingue. Tutto il materiale provato è stato immediatamente approvato da Rins, dimostrando che i tecnici giapponesi sanno fare sviluppo con grande giudizio e le nuove Michelin non sembrano dare controindicazioni di sorta sui prototipi di Alex e Joan, che brillano per percorrenza di curva.
Team ufficiale
In casa Suzuki c'è una sola squadra e la mole di dati che viene raccolta non può essere paragionata a quanto fa Ducati, tanto per avere un metro di paragone. Rins si è mostrato però un più che valido collaudatore: ormai per il terzo anno la direzione dello sviluppo passa attraverso le sue indicazioni, che mai hanno portato Suzuki nella direzione sbagliata. Nei tre giorni qatarioti Alex non è mai andato oltre la terza posizione nella lista dei tempi ed è stato veloce sia sul giro secco che sul passo gara. Mir ha forse impressionato ancora maggiormente, limando il gap dal compagno di box fino a fare percepire una differenza trascurabile con Rins sul piano puramente prestazionale. Certo, tra i due ci sono un paio di stagioni in classe regina di esperienza a marcare la distanza, ma la rivalità tra i due piloti Suzuki in questo momento è una delle più interessanti, tanto più che nessuno dei due ha ancora messo nero su bianco il proprio impegno 2021 con il team. In questo inizio di 2020 è stato tanto il lavoro portato in pista anche dal test team, con Guintoli che nel corso degli anni si è ritagliato un ruolo molto simile a quello che Pirro svolge per Ducati. Davide Brivio ha dimostrato fino ad ora che anche nella MotoGP di oggi si può stare al top senza budget faraonici, ma il bello incomincia proprio ora.
Conclusione
In MotoGP ci sono vari step di competitività: fare una moto per occupare stabilmente la top 10 o la top 5, avere un prototipo in grado di vincere almeno una gara. Il passaggio da questa condizione – che poi è grosso modo identificata dalla perdita delle concessioni di sviluppo- a quella di avere una moto in grado di lottare per il campionato è però molto più complicato. Non basta una moto competitiva e non è sufficiente avere un pilota veloce. Bisogna imparare a gestire al meglio il lavoro nel corso del weekend, di ogni weekend, trovare un set up di base che lavori decentemente sia nelle piste favorevoli che in quelle decisamente indigeste. E poi il team deve dimostrare di reggere la pressione di una stagione molto lunga, nella quale non basta godere dei momenti buoni. Essere in grado di resettare il proprio database di emozioni e fatiche ogni lunedì diventa l'aspetto più difficile quando corri contro Marquez e compagnia. Brivio è stato bravo a mettere insieme una squadra nella quale l'atmosfera aiuta a non sentire troppa pressione, ma ora è il momento di fare il salto di qualità e tutti i suoi ragazzi dovranno invece imparare a dialogare un po' con situazioni nelle quali bisogna essere decisamente reattivi. Prove libere e qualifiche andranno affrontate con un altro approccio in questo 2020, perché la MotoGP moderna insegna che sono le prime due file dello schieramento quelle che tendenzialmente regalano il podio a fine gara. La moto sembra buona ancora una volta e il Qatar è la pista adatta per iniziare la stagione con il piede giusto.
La moto
Nuovo telaio, nuovo motore, nuovo forcellone, nuova aerodinamica. Con la politica delle piccole migliorie Hamamatsu ha ridisegnato la propria Gsx-RR senza farle perdere quella maneggevolezza che la contraddistingue. Tutto il materiale provato è stato immediatamente approvato da Rins, dimostrando che i tecnici giapponesi sanno fare sviluppo con grande giudizio e le nuove Michelin non sembrano dare controindicazioni di sorta sui prototipi di Alex e Joan, che brillano per percorrenza di curva.
Team ufficiale
In casa Suzuki c'è una sola squadra e la mole di dati che viene raccolta non può essere paragionata a quanto fa Ducati, tanto per avere un metro di paragone. Rins si è mostrato però un più che valido collaudatore: ormai per il terzo anno la direzione dello sviluppo passa attraverso le sue indicazioni, che mai hanno portato Suzuki nella direzione sbagliata. Nei tre giorni qatarioti Alex non è mai andato oltre la terza posizione nella lista dei tempi ed è stato veloce sia sul giro secco che sul passo gara. Mir ha forse impressionato ancora maggiormente, limando il gap dal compagno di box fino a fare percepire una differenza trascurabile con Rins sul piano puramente prestazionale. Certo, tra i due ci sono un paio di stagioni in classe regina di esperienza a marcare la distanza, ma la rivalità tra i due piloti Suzuki in questo momento è una delle più interessanti, tanto più che nessuno dei due ha ancora messo nero su bianco il proprio impegno 2021 con il team. In questo inizio di 2020 è stato tanto il lavoro portato in pista anche dal test team, con Guintoli che nel corso degli anni si è ritagliato un ruolo molto simile a quello che Pirro svolge per Ducati. Davide Brivio ha dimostrato fino ad ora che anche nella MotoGP di oggi si può stare al top senza budget faraonici, ma il bello incomincia proprio ora.
Conclusione
In MotoGP ci sono vari step di competitività: fare una moto per occupare stabilmente la top 10 o la top 5, avere un prototipo in grado di vincere almeno una gara. Il passaggio da questa condizione – che poi è grosso modo identificata dalla perdita delle concessioni di sviluppo- a quella di avere una moto in grado di lottare per il campionato è però molto più complicato. Non basta una moto competitiva e non è sufficiente avere un pilota veloce. Bisogna imparare a gestire al meglio il lavoro nel corso del weekend, di ogni weekend, trovare un set up di base che lavori decentemente sia nelle piste favorevoli che in quelle decisamente indigeste. E poi il team deve dimostrare di reggere la pressione di una stagione molto lunga, nella quale non basta godere dei momenti buoni. Essere in grado di resettare il proprio database di emozioni e fatiche ogni lunedì diventa l'aspetto più difficile quando corri contro Marquez e compagnia. Brivio è stato bravo a mettere insieme una squadra nella quale l'atmosfera aiuta a non sentire troppa pressione, ma ora è il momento di fare il salto di qualità e tutti i suoi ragazzi dovranno invece imparare a dialogare un po' con situazioni nelle quali bisogna essere decisamente reattivi. Prove libere e qualifiche andranno affrontate con un altro approccio in questo 2020, perché la MotoGP moderna insegna che sono le prime due file dello schieramento quelle che tendenzialmente regalano il podio a fine gara. La moto sembra buona ancora una volta e il Qatar è la pista adatta per iniziare la stagione con il piede giusto.
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