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La Pantah dell'Architetto

Immaginare, disegnare e costruire una moto: Nuno Capêlo ha fatto tutto da solo o quasi e ottenuto un risultato tanto semplice quanto spettacolare
C'è una Ducati sotto quella carena
Oporto è una delle città portoghesi più frizzanti e attive nell’ambito delle moto preparate, una delle anime pulsanti del movimento è Nuno Capêlo, trentaseienne originario di Madeira che a Oporto s’è trasferito per studiare architettura e, in seguito alla laurea, per lavoro.
Nuno oltre che per strutture ed edifici ha anche una forte passione per le cafè racer protagoniste delle tavole e degli sketch che lui stesso disegna nella sua galleria d’arte virtuale il Capêlo’s Garage, tanto da interessare officine e clienti vogliosi di un’idea per la propria cavalcatura. Il soprannome “l’Architetto delle moto” è ritagliato su di lui per più di un motivo.
I suoi disegni e i suoi manifesti hanno come protagoniste le moto coi semimanubri, le street fighter di una volta, gli scrambler e hanno avuto un bel ruolo aggregante per il gruppo di appassionati di moto classiche della zona, i Northsiders.
Tutto è iniziato grazie a un amico che lo spinse a creare il bozzetto di una cafè racer su base Cagiva Alazzurra, strano il destino: probabilmente Capêlo non immaginava che qualche anno dopo quel bozzetto si sarebbe trasformato in una moto vera e propria, la sua moto, una Cagiva Alazzurra del 1987: «Il mio concept è stato quello di trovare un giusto mix tra nuovo e vintage, e soprattutto mantenere pulite le linee».
Il lavoro fisico sulla motocicletta è stato diviso in più parti gestite da amici di Nuno che lavorano in officine a Oporto, Leonel Ribeiro di Oficina Das Motos meccanico ufficiale , João e Bruno di Project 724, Miguel per la verniciatura e  Ricardo da Elemental Rides per l’impianto elettrico. La vecchia e carenata Cagiva altri non era che una Ducati TL rivestita, quindi dopo averla svestita completamente, il progetto è partito proprio dal cuore desmodromico di 350 centimetri cubi, lo stesso della Pantah, modello di riferimento per questo lavoro.
Il propulsore è stato revisionato completamente in tutte le sue parti con sostituzione delle guarnizioni e verniciatura d’argento per farlo risaltare all’interno della moto. Diversi componenti hanno ricevuto miglioramenti quali le sospensioni con molle posteriori fabbricate ad hoc e la forcella anteriore di una Yamaha R1, i cerchi provenienti da un supermotard e i freni che rimpiazzano gli ormai obsoleti Brembo che aveva di serie. Tutto è all’insegna del minimal, per ottenere una linea complessiva leggera  la batteria è stata nascosta nel codino così come la luce posteriore. Altro dettaglio superclassico è la strumentazione Motogadget. Gli scarichi hanno i collettori originale e i silenziatori disegnati al CAD.
Quello che è veramente interessante è però il nuovo abito che Capêlo ha ricucito per la Pantah. La carena è stata trovata in officina e rimodellata assieme al serbatoio, originale ma sagomato per una linea più fluida. Il codino con sella monoposto integrata invece è una creazione dell’Architetto delle moto che dopo averla renderizzata ne ha ricavato una copia in scala 1:1 grazie a una stampante 3D. I tre elementi si integrano particolarmente bene grazie anche alla verniciatura super semplice ma azzeccatissima. Colore sobrio e old style, linee misurate e il gioco è fatto. L’Architetto delle moto ha fatto centro.
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