Salta al contenuto principale

L'ultima intervista di Nicky Hayden: "Il mondiale MotoGP vinto con la mia famiglia"

SBK news – Lo scorso anno Nicky Hayden era tornato a correre sul suo circuito di casa, Laguna Seca e in quell'occasione si era concesso una lunga intervista per il sito ufficiale motogp.com. Aveva parlato degli inizi della sua carriera, del titolo in MotoGP, della rivalità con Valentino Rossi: “Essere stato migliore di lui rende tutto più grande”, ma ora colpisce soprattutto il suo attaccamento alla famiglia
Chi era Nicky
Nel 2016 Nicky Hayden, tornando in SBK, aveva potuto riassaporare l'emozione di correre davanti al “suo” pubblico, sulla pista per lui più speciale in assoluto: Laguna Seca. Ora che l'americano non c'è più, rileggere l'intervista che aveva dato in esclusiva a motogp.com ci aiuta a comprendere meglio lo spessore dell'uomo e del pilota, parole e riflessioni che si possono considerare quasi un testamento spirituale del campione americano. Eccone i punti salienti. 
“Non ricordo quando ho guidato per la prima volta una moto. Sono cresciuto circondato dalle due ruote, mio padre correva e anche mia madre anche e così mio fratello maggiore; la mia terra il Kentucky è famosa per le corse di cavalli e la velocità. Non potevo starne fuori. Le moto da corsa sono solo un modo di vivere, è quello che so fare, quello che ho sempre fatto e ha fatto la mia famiglia, così come i miei amici. È un lavoro, una passione. Tutto questo mi fa vivere, è il mio stile di vita”.
La sua carriera era partita dal dirt track: “Si, ho cominciata sullo sterrato. Questo è quello che faceva mio padre e anche io sono partito da quello. Ma in America non c’erano molte opportunità. L’eroe di mio padre è sempre stato Kenny Roberts, uno che dalle piste di terra è arrivato all’asfalto. Vedendo il suo percorso, abbiamo pensato che avrei potuto provare. Amo il dirt track ma mi sono subito innamorato della velocità sull’asfalto, le gare avevano molte più variabili. Mi sono piaciute da subito. Da bambino avevo un grande desiderio, non ho mai detto di voler diventare astronauta o presidente della repubblica, volevo essere un pilota di moto. La gente a volte dice a mio padre, ‘Avresti dovuto farlo allenare più duramente’, e lui rispondeva, ‘No, dovevo insegnargli altre cose e fargli fare i compiti, non guidare una moto
’.
“Non lo so se c’è davvero un segreto per essere veloci. Naturalmente ci vuole talento e la mentalità giusta per spingere al limite. Poi, crescendo come pilota, ho capito che si tratta di un insieme di cose, doti del pilota in una scuderia vincente, la giusta moto e molto altro”.
Il pilota e la moto diventano una cosa sola? “Credo sia vero. È come ballare insieme alla tua moto, seguirla e muoverti con lei. Bisogna essere naturali, essere guidati dall’istinto e dai riflessi, non hai molto tempo per pensare. Se a quelle velocità ti fermi a riflettere è già troppo tardi”.
La svolta della sua carriera è stato il passaggio nel 2003 in MotoGP: “Un passaggio enorme, è cambiato tutto per me. Dalla mia casa, dal Kentucky e dalla famiglia al campionato del mondo. Sapevo solo che avevo molto da imparare, non solo per quanto concerne la pista ma anche a livello culturale e mentale, non è stato facile all’inizio. Fortunatamente ho vinto il titolo di Rookie of the Year nel 2003. Diciamo che ho dovuto imparare a nuotare velocemente. Non voglio dire che essere americano è più difficile ma ho capito che molte cose non aiutano. Gli americani e gli australiani sono diversi, hanno la famiglia più distante e c’è tanto di più da imparare. Inoltre ci sono molti circuiti con uno stile diverso da quello delle nostre piste”. È poi arrivata la prima vittoria in MotoGP: “Laguna 2005, come un sogno. Tutto alla perfezione. Naturalmente nel fine settimana non sempre le cose vanno bene e si lavora tanto magari senza trovare il cerchio. Ma in quel GP ogni cosa era ottima. Ricordo che la mia mente era focalizzata sull’obiettivo, ero rilassato e volevo solo sapere chi era secondo. Avevo la pole, il giro veloce e potevo vincere, poi il podio, l’inno nazionale e il festeggiamento con mio padre; quel giorno mi sono sentito imbattibile”. E poi anche il titolo: “In quella stagione la gara a Laguna è stata l’opposto. Tutto il fine settimana è stato difficile come molte altre volte. Un’immagine nitida che ho di quel 2006 è l’ultima curva a Valencia dove ho realizzato che sarei stato il nuovo campione del mondo, un altro sogno realizzato”. L'americano ha addirittura battuto Valentino Rossi, una cosa che aggiunge valore al successo: “Assolutamente. Ho un grande rispetto per Valentino Rossi. Lui è uno che ha fatto tantissimo in MotoGP™. Essere il suo principale avversario e poi essere meglio di lui rende tutto più grande. Solo a fine della gara in Portogallo ho iniziato a pensare a Valencia. Ho guardato la classifica e ho capito che avevo delle possibilità. Conoscevo la pista, sapevo che in molti andavano veloce e forse non era la migliore per Valentino. In pochi pensavano avessi la possibilità di vincere e per questo tutto è stato più bello. È stato il miglior momento della mia vita. Ho sentito la mia famiglia vicina, è come se avessimo vinto il titolo insieme”.
Leggi altro su:
Aggiungi un commento