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MotoGP - La metamorfosi di Martin, da "sprecone" a macchina da punti

Il pilota spagnolo è maturato moltissimo mentalmente negli ultimi due anni: ora non solo è velocissimo, ma non sbaglia più. Il titolo è vicino, con buona pace di Ducati

Jorge Martin è a soli 2 punti dal diventare campione del mondo. Sono quelli che deve guadagnare su Pecco nella Sprint del Montmelò - o di un altro circuito, se le condizioni meteo di questi giorni rendessero la Catalunya una soluzione impraticabile-. Per farla ancora più semplice: se lo spagnolo vincesse la gara del sabato, Pecco potrebbe arrivare anche secondo, ma Jorge sarebbe comunque campione. E non è detto che l'ipotesi non si verifichi: in questa stagione Martin ha vinto ben 7 Sprint e anche in Malesia, quando Bagnaia è caduto, Jorge era in testa alla gara. 

Insomma, Martinator non è pilota troppo incline al calcolo, o per lo meno al calcolo a priori, quello che non tiene conto della possibilità di andare a prendersi in pieno la posta in palio.


Un mondiale voluto fortemente

Martin è andato a podio 15 volte su 19 gare lunghe e in 3 di queste occasioni ha vinto. Non si può dire che non si sia meritato il mondiale, qualora lo vincesse. E anche nel corpo a corpo non si è tirato indietro: in Francia ha avuto la meglio su Bagnaia, in Malesia no, ma forse Jorge ha evitato di affondare il colpo oltre ogni cautela. Il suo atteggiamento è stato molto diverso rispetto al passato, quando in certe occasioni ha gettato al vento alcuni buoni risultati per eccesso di confindenza. Tutti ricordiamo il gran premio dell'Indonesia del 2023, quando è caduto mentre guidava la corsa con ampio margine. "So che sono il più veloce" aveva affermato dopo quella sfortunata prestazione: era un modo per dire quello che sentiva dentro, piuttosto che la verità. Essere il più veloce in gara è il risultato di diversi fattori e portare la moto al traguardo deve rimanere entro l'equazione. A prescindere da quell'episodio, l'intera carriera di Martin ha visto lo spagnolo perdere diverse occasioni per via di un atteggiamento fin troppo "caliente". 


Una tempra da forgiare

Nel 2021 Martin andò incontro forse al peggiore infortunio della sua carriera: nelle prove di Portimao disintegrò la sua moto con un ruzzolone da sette impatti oltre i 20G di forza e rimediò fratture al polso, alla mano e alla caviglia, più una serie di difficoltà fisiche che si trascinò dietro a lungo. Un vero peccato, perché lo spagnolo aveva aperto la propria stagione con un podio e una pole position al secondo appuntamento in calendario, candidandosi come sostituto naturale di Jack Miller per il 2022. 

Il resto della stagione mise però in luce più le doti di Enea Bastianini che le sue e alla fine il suo destino fu quello di rimanere in Pramac. Nemmeno la stagione scorsa ha fatto cambiare idea ai vertici di Borgo Panigale, e così Martin durante l'inverno ha preso la sua decisione.


Aut aut

"Se non mi prenderanno nel team ufficiale per il 2025, me ne andrò altrove". Che siano state il frutto di un orgoglio ferito o della ferma convinzione di conoscere il proprio valore, le parole di Martin hanno generato delle conseguenze reali. Jorge ha tenuto fede a quanto detto, e una volta che i manager di Ducati gli hanno preferito per il terzo anno di fila un altro pilota nel team ufficiale - questa volta Marc Marquez- ha preso la migliore offerta sul tavolo, che in quel momento era quella che veniva da Noale.


Un futuro da numero uno

In questo momento il matrimonio tra Jorge e l'Aprilia sembra vantaggioso soprattutto per i veneti, che non hanno una moto da titolo, forse nemmeno una RS-GP buona per vincere qualche gara, ma che potranno impostare il lavoro futuro con un probabilissimo campione del mondo, un pilota che insieme a Bagnaia, Marquez, Quartararo e Acosta va inserito nella top 5 dei talenti in circolazione. Noale potrà anche - quasi sicuramente- sfoggiare il numero uno sul cupolino del suo prototipo. Un po' come fece Alain Prost nel 1990, quando andò in Ferrari perché non c'era più posto per lui in McLaren, e ci andò da campione del mondo, portandosi dietro orgoglio e un alloro iridato di grandissimo valore. Il paragone può apparire un po' irrispettosto, ma con le debite proporzioni e con molto più fair play, i duelli tra Bagnaia e Martin di queste due stagioni il loro posto negli annali del motociclismo ce l'hanno e ce l'avranno anche negli anni a venire.

Martin ha imparato a gestirsi, anche grazie all'impegno di tutto il team Prima Pramac, che ha lavorato molto per "contenerlo". In questo, l'approdo di Gino Borsoi in squadra ha avuto grande importanza, con il manager italiano in grado di mettere Jorge sempre sui giusti binari, ricordandogli l'importanza della posta in palio, un tragiardo da raggiungere a piccoli passi. Ora ne manca solo uno.

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