Desmosedici GP7, la miglior Ducati di sempre?
Continua il nostro viaggio tra le regine del motomondiale. Ducati ha vinto un solo titolo nel 2007, nella versione da 800 cm3 la moto bolognese ha ottenuto i migliori risultati. Da allora l'arma di Borgo Panigale per la MotoGP è cambiata completamente, ma la cavalleria generosa e la tendenza a non curvare fanno parte del suo carattere ancora oggi
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MotoGP
Un posto speciale nel firmamento della MotoGP lo merita sicuramente la Ducati Desmosedici GP7: non solo perché è stata l'unica moto italiana ed europea a vincere fino a oggi un titolo piloti nella massima categoria, ma anche perché stata davvero una delle creature di Borgo Panigale più riuscite. Andiamo allora a conoscere insieme al nostro Guido Sassi il prototipo che ha portato Casey Stoner a diventare campione del mondo.
Meno centimetricubi, tempi migliori
La Ducati debutta in MotoGP nel 2003: motore a L desmodromico, telaio a traliccio in acciaio, con il motore portante. La prima belva di Capirossi e Bayliss fatica addirittura a viaggiare dritta in rettilineo, come ricorda Loris, c'è altro a cui pensare rispetto ai problemi di “turning”. I cavalli sono 220 a 16.000 giri, al 2006 sono 230 o poco più. 7 vittorie in quattro anni sono un bottino piuttosto magro, e anche se proprio il 2006 si dimostra la miglior stagione, l'arrivo della nuova classe viene salutato con entusiasmo a Borgo Panigale. La nuova Desmosedici è già in pista a metà 2006: nella prima uscita pubblica di Brno la creatura di Filippo Preziosi gira a meno di un secondo e mezzo dalla GP6; a Motegi, qualche mese dopo, Capirex riesce a far segnare un tempo di quasi un secondo migliore rispetto alla Honda di Pedrosa.
Il nuovo regolamento aiuta Ducati più degli altri costruttori: il principale problema della Desmosedici è dovuto alla lunghezza del motore, che viene decisamente ridotto con la corsa più breve del motore da 800cc. Il telaio viene ulteriormente accorciato, i quattro attacchi sono sulle teste dei cilindri. La configurazione di scoppio è screamer e non più big bang, alla ricerca della massima potenza.
Un triangolo perfetto
Se il matrimonio tra le Bridgestone e la Desmosedici si era già mostrato fortunato nel passato, con l'arrivo di Casey Stoner Ducati trova un pilota capace di guidare la GP7 come nessun altro. Il gp inaugurale in Qatar è una dimostrazione di forza: l'australiano battaglia tutta la gara con Rossi, ma sui rettilinei il confronto tra Ducati e Yamaha è impietoso: 311 km/h di velocità alla speed trap contro 294. Valentino prova a recuperare in frenata, ma non c'è storia. Quando mancano ancora tre gare alla fine del campionato, Stoner è campione del mondo. Il trionfo viene celebrato a Motegi, nell'unica gara vinta da Capirossi quell'anno. In totale sono 11 successi su 18 gare per la moto italiana.
Il bis non riesce
Vista la stagione, sembra che ci siano tutti gli elementi per un possibile bis nel 2008, e invece non è così. Il simbolo del campionato è il sorpasso di Rossi su Stoner al Cavatappi: fino a quel momento il campionato è in equilibrio, ma il successo di Laguna Seca dà inizio a una serie di 5 vittorie consecutive per Valentino, che si conclude con la celebrazione del titolo a Motegi. Ma non è solo Stoner a risultare sconfitto: l'australiano fa quel che può, porta a casa comunque sei vittorie, mentre Melandri non riesce nemmeno a salire sul podio una volta e in sei occasioni finisce fuori dai punti. La Desmosedici si mostra per quello che è: una bestia tremendamente difficile da domare.
Cambio radicale
Nel 2009 la moto viene radicalmente cambiata: Preziosi abbandona il telaio a traliccio, sostituito da un monoscocca in fibra di carbonio che fa anche da airbox. In carbonio viene realizzato anche il forcellone introdotto a metà stagione, ma le Yamaha di Rossi e Lorenzo sono sempre più lontane e anche la Honda torna a stare davanti. Stoner racimola comunque quattro vittorie, ma salta anche tre gare per problemi fisici, mentre Hayden non va oltre un podio. La situazione all'interno del box inizia a peggiorare, e nel 2010 non migliora.
La configurazione di scoppio passa a big bang, con l'obiettivo di dare una moto più guidabile ai piloti, Öhlins fornisce una nuova forcella con steli da 48mm per migliorare la stabilità della GP10. L'australiano però non trova il giusto feeling con l'anteriore, cade spesso e metà stagione se ne va nel cercare i giusti equilibri. Un nuovo forcellone, più corto, sembra andare infine nella giusta direzione e Casey chiude l'anno con tre successi, ma a giochi ormai chiusi. Come i rapporti tra il pilota e la casa: Stoner saluta la compagnia e va in Honda, a Borgo Panigale arriva Rossi.
Un finale amaro
Le difficoltà incontrate da Valentino fin dal suo esordio con la Rossa sono ben note e nonostante gli sforzi fatti per risolverli, niente va a posto. Ad Assen arriva addirittura una GP11.1, nata sulla base della moto che inizierà a correre l'anno successivo. Il regolamento 2012 prevede il ritorno alla cilindrata 1000, così Ducati prende il nuovo motore, accorcia la corsa e lo trasforma in un 800. Dal punto di vista della ciclistica, viene introdotto un nuovo forcellone, che ricorda quello della M1. La GP11.1 acquisisce anche il nuovo cambio seamless destinato alla GP12. La seconda parte della stagione si rivela però persino peggiore della prima, e la Desmosedici in versione 800 per la prima volta in cinque anni chiude il campionato senza nemmeno una vittoria.
Meno centimetricubi, tempi migliori
La Ducati debutta in MotoGP nel 2003: motore a L desmodromico, telaio a traliccio in acciaio, con il motore portante. La prima belva di Capirossi e Bayliss fatica addirittura a viaggiare dritta in rettilineo, come ricorda Loris, c'è altro a cui pensare rispetto ai problemi di “turning”. I cavalli sono 220 a 16.000 giri, al 2006 sono 230 o poco più. 7 vittorie in quattro anni sono un bottino piuttosto magro, e anche se proprio il 2006 si dimostra la miglior stagione, l'arrivo della nuova classe viene salutato con entusiasmo a Borgo Panigale. La nuova Desmosedici è già in pista a metà 2006: nella prima uscita pubblica di Brno la creatura di Filippo Preziosi gira a meno di un secondo e mezzo dalla GP6; a Motegi, qualche mese dopo, Capirex riesce a far segnare un tempo di quasi un secondo migliore rispetto alla Honda di Pedrosa.
Il nuovo regolamento aiuta Ducati più degli altri costruttori: il principale problema della Desmosedici è dovuto alla lunghezza del motore, che viene decisamente ridotto con la corsa più breve del motore da 800cc. Il telaio viene ulteriormente accorciato, i quattro attacchi sono sulle teste dei cilindri. La configurazione di scoppio è screamer e non più big bang, alla ricerca della massima potenza.
Un triangolo perfetto
Se il matrimonio tra le Bridgestone e la Desmosedici si era già mostrato fortunato nel passato, con l'arrivo di Casey Stoner Ducati trova un pilota capace di guidare la GP7 come nessun altro. Il gp inaugurale in Qatar è una dimostrazione di forza: l'australiano battaglia tutta la gara con Rossi, ma sui rettilinei il confronto tra Ducati e Yamaha è impietoso: 311 km/h di velocità alla speed trap contro 294. Valentino prova a recuperare in frenata, ma non c'è storia. Quando mancano ancora tre gare alla fine del campionato, Stoner è campione del mondo. Il trionfo viene celebrato a Motegi, nell'unica gara vinta da Capirossi quell'anno. In totale sono 11 successi su 18 gare per la moto italiana.
Il bis non riesce
Vista la stagione, sembra che ci siano tutti gli elementi per un possibile bis nel 2008, e invece non è così. Il simbolo del campionato è il sorpasso di Rossi su Stoner al Cavatappi: fino a quel momento il campionato è in equilibrio, ma il successo di Laguna Seca dà inizio a una serie di 5 vittorie consecutive per Valentino, che si conclude con la celebrazione del titolo a Motegi. Ma non è solo Stoner a risultare sconfitto: l'australiano fa quel che può, porta a casa comunque sei vittorie, mentre Melandri non riesce nemmeno a salire sul podio una volta e in sei occasioni finisce fuori dai punti. La Desmosedici si mostra per quello che è: una bestia tremendamente difficile da domare.
Cambio radicale
Nel 2009 la moto viene radicalmente cambiata: Preziosi abbandona il telaio a traliccio, sostituito da un monoscocca in fibra di carbonio che fa anche da airbox. In carbonio viene realizzato anche il forcellone introdotto a metà stagione, ma le Yamaha di Rossi e Lorenzo sono sempre più lontane e anche la Honda torna a stare davanti. Stoner racimola comunque quattro vittorie, ma salta anche tre gare per problemi fisici, mentre Hayden non va oltre un podio. La situazione all'interno del box inizia a peggiorare, e nel 2010 non migliora.
La configurazione di scoppio passa a big bang, con l'obiettivo di dare una moto più guidabile ai piloti, Öhlins fornisce una nuova forcella con steli da 48mm per migliorare la stabilità della GP10. L'australiano però non trova il giusto feeling con l'anteriore, cade spesso e metà stagione se ne va nel cercare i giusti equilibri. Un nuovo forcellone, più corto, sembra andare infine nella giusta direzione e Casey chiude l'anno con tre successi, ma a giochi ormai chiusi. Come i rapporti tra il pilota e la casa: Stoner saluta la compagnia e va in Honda, a Borgo Panigale arriva Rossi.
Un finale amaro
Le difficoltà incontrate da Valentino fin dal suo esordio con la Rossa sono ben note e nonostante gli sforzi fatti per risolverli, niente va a posto. Ad Assen arriva addirittura una GP11.1, nata sulla base della moto che inizierà a correre l'anno successivo. Il regolamento 2012 prevede il ritorno alla cilindrata 1000, così Ducati prende il nuovo motore, accorcia la corsa e lo trasforma in un 800. Dal punto di vista della ciclistica, viene introdotto un nuovo forcellone, che ricorda quello della M1. La GP11.1 acquisisce anche il nuovo cambio seamless destinato alla GP12. La seconda parte della stagione si rivela però persino peggiore della prima, e la Desmosedici in versione 800 per la prima volta in cinque anni chiude il campionato senza nemmeno una vittoria.
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