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Kawasaki GPz 900R, storia della moto Top Gun anni 80

Protagonista dell’indimenticabile Top Gun, la GPz 900R è una delle moto simbolo degli anni 80. In tanti, sulle note di Take my breath away, hanno sognato di sbrigliare il potente quattro cilindri e gareggiare con un F-14 Tomcat…

Kawasaki GPz 900R

Pensi a Top Gun e, subito, suona nella mente il sintetizzatore utilizzato dai Berlin nell’attacco di Take my breath away. Poi pensi alla bellissima Kelly McGillis e, subito dopo, alle forme della splendida GPz 900R. Vero, per qualcuno l’ordine - così come l’assegnazione degli aggettivi - potrebbe cambiare, ma qui si parla di moto. Icona anni ottanta consacrata all’Olimpo delle due ruote, la Ninja di Maverick non teme confronti, neppure se dall’altra parte della pista prende quota un’ F-14 Tomcat dalla marina americana. Forse esageriamo, d’accordo, ma quei 240 km/h di velocità massima e i 400 metri percorsi in meno di 11 secondi hanno permesso a tanti di sentirsi dei veri piloti. 

La nascita della prima "Ninja"

Dietro il successo della Kawasaki GPz 900R si cela un lavoro ingegneristico di altissimo livello, che richiese ben sei anni di sviluppo “segreto”. Già all’inizio degli anni ’80, Kawasaki era un nome di punta nel mondo delle moto ad alte prestazioni, con modelli iconici come la Z1 del 1972 e la Z1000, ma la concorrenza di Honda, Yamaha e Suzuki, che ne frattempo si faceva sempre più serrata, costrinse l’azienda di Akashi a compiere un ulteriore passo in avanti. E così, nel 1984, la GPz 900R fu finalmente svelata al grande pubblico. Mentre in Europa fu presentata col la denominazione a sigla, negli Stati Uniti fu lanciata con il nome di "Ninja", inaugurando una dinastia che avrebbe segnato la storia delle verdone. 

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Che motore!

Il cuore pulsante della GPz 900R era il  quattro cilindri in linea da 908 cm³, raffreddato a liquido, capace di erogare una potenza di 115 CV a 9.500 giri/min. A ciò si aggiungeva un innovativo sistema a 16 valvole, che rappresentava una novità assoluta per le moto di serie. Ciò non solo garantiva prestazioni eccezionali, ma anche una straordinaria affidabilità, grazie alla disposizione inclinata delle valvole che migliorava il flusso dei gas di scarico e ottimizzava la combustione.  Non per nulla fu la prima moto di serie a superare la soglia simbolica dei 240 km/h, stabilendo un nuovo standard per le prestazioni su strada. Grazie a un’accelerazione fulminea – da 0 a 400 metri in appena 10,9 secondi – si impose come la due ruote più veloce al mondo, capace di umiliare persino alcune moto da corsa. Potenza a parte, le innovazioni tecniche erano tante: contralbero di bilanciamento per ridurre le vibrazioni, sistema di raffreddamento compatto integrato direttamente nel radiatore, cambio a sei marce, raro per l’epoca e frizione idraulica multidisco in bagno d’olio a comando idraulico. Il top. 

Ciclistica d’avanguardia

Progettato per coniugare leggerezza e rigidità, il telaio scelto da Kawasaki aveva una struttura "a diamante", senza culla inferiore, realizzata in tubi d'acciaio ad alta resistenza, abbinato ad una preziosa forcella Kayaba da 38 mm con sistema AVDS che riduceva l’affondamento in frenata e, dietro, al forcellone oscillante Uni-Track regolabile su cinque posizioni. I freni erano ovviamente a disco, ventilati, da 280 mm all’anteriore e da 270 mm al posteriore. Gli pneumatici erano Dunlop, sviluppati appositamente per lei. Il tutto per un peso di circa 230 kg (228 kg per la versione Usa e Giappone e 234 per quella venduta in Europa).

Linee da caccia

A vestirla ci pensava una carenatura integrale sviluppata in galleria del vento che non solo proteggeva il pilota, ma migliorava anche l’efficienza aerodinamica grazie ad un coefficiente di 0,33. Praticamente un caccia. Ciononostante, la sella a due livelli e il manubrio “alto” garantivano una posizione di guida comoda, adatta anche alle lunghe “traversate”. Disponibile nelle colorazioni rosso/argento e blu/argento con dettagli a contrasto, piacque fin dal debutto ufficiale al Salone di Parigi nel settembre 1983 /un paio di mesi dopo a Milano), ricevendo recensioni entusiastiche da parte di critici e appassionati. 

Le evoluzioni della leggenda: le versioni successive

Il suo successo non si esaurì con il primo modello. Al contrario, la GPz continuò a evolversi nel corso degli anni, adattandosi alle nuove esigenze del mercato e incorporando innovazioni tecniche sempre più avanzate. Nel 1986 ricevette alcuni aggiornamenti importanti, tra cui l’introduzione di nuovi carburatori Mikuni che migliorarono la risposta dell'acceleratore. La ciclistica venne affinata con l’adozione di un monoammortizzatore posteriore più evoluto e la carenatura subì lievi modifiche per migliorare ulteriormente la già ottima aerodinamica. In un mercato sempre più competitivo (con le le Suzuki GSX-R750 e Honda CBR1000F che minavano il primato), nel 1988 la GPz vide l’introduzione di nuove grafiche e una revisione dell’impianto frenante grazie a dischi più efficienti. Sebbene nel 1986 la nuova GPZ 1000RX avrebbe dovuto sostituire la GPZ 900R, quest’ultima continuò a esistere al fianco della nuova 1000RX per altri due anni. Nel 1988, la ZX-10 subentrò alla 1000RX, senza però riuscire a superare la GPZ 900, che mantenne il ruolo di modello di punta per Kawasaki fino al 1990, anno in cui venne lanciata la ZZ-R 1100. Ciononostante, pur con varie e naturali evoluzioni, la GPz rimarrà nei listini giapponesi fino al 2003. 

Quotazioni

Il valore di una Kawasaki GPz 900R usata può variare a seconda delle condizioni, anno di produzione, chilometraggio e eventuali modifiche. Fortunatamente, in totale, gli esemplari di GPz 900R stimati prodotti ammontano a circa 210.000, cosa che consente ancora oggi di trovare alcuni esemplari in vendita. In generale, i prezzi risultano per questo “abbordabili”, con cifre che si aggirano tra i 2.000 e i 6.000 euro. Le versioni più datate e con chilometraggio elevato sono generalmente più economiche, mentre quelle ben conservate, con chilometraggio ridotto e magari registrate come veicoli storici (ASI), possono raggiungere cifre più alte, fino a 10.000 euro. 

Ninja H2R Carbon per tentare di sostituirla

Merita in chiusura d’esser menzionata la ben recente Ninja H2R Carbon, regina del listino Kawasaki nonché protagonista del sequel del 2022 “Top Gun: Maverick”. Esattamente come l’F14 sostituito dal nuovo F 18, così la nostra GPZ 900, seppure presente all’inizio della pellicola, cede infatti  il posto nel proseguo del film alla più recente H2R Carbon che però, così come il nuovo film, non ha replicato il successo degli anni 80.

 

 

 


 

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