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Fasatura a 270°: perché tutti usano questi bicilindrici?

Yamaha fu la prima, circa 30 anni fa, a proporre un motore twin parallelo con le manovelle a 270° sui suoi modelli TRX 850 e TDM: una scelta tecnica che ha fatto scuola, tanto che oggi è diffusissima e non solo tra i costruttori giapponesi (basti pensare a Triumph e BMW). Vediamo perché

Quella che trent’anni fa era un'anomalia, ormai è diventata una soluzione tecnica di uso comune: fu Yamaha la prima a proporre un motore bicilindrico parallelo con le manovelle a 270° sui suoi modelli TRX 850 e TDM, ed è una scelta tecnica che ha fatto scuola. Eravamo alla metà degli anni ’90 e prima tutti i motori bicilindrici paralleli avevano avuto le manovelle a 180° o a 360°.

 

Cosa è la fasatura

Per fasatura si intende la sequenza con cui avvengono gli scoppi all’interno della camera di combustione. Questa misurazione viene espressa in gradi, perché si fa riferimento alla rotazione dell’albero motore che fa muovere il gruppo biella/pistone in su e in giù

In concreto è tutto legato alla posizione dei perni di manovella, cioè i punti in cui le bielle sono collegate all’albero motore, perché questa posizione determina il distanziamento degli scoppi. In passato la scelta più convenzionale per un bicilindrico parallelo era disporre i due perni in posizioni contrapposte, così da avere le manovelle a 180°. Siccome in un motore a quattro tempi si ha una fase di scoppio ogni due giri dell’albero, in questi motori c’è una rotazione completa dell’albero tra l’accensione di ciascun cilindro e i pistoni si muovono in direzioni opposte: quando uno va su, l’altro va giù; quando uno raggiunge il punto morto superiore, l’altro è al punto morto inferiore. Le forze in gioco si elidono reciprocamente e con esse si annullano anche le vibrazioni primarie. Non quelle del secondo ordine però, perché viene prodotta una “coppia oscillante” che può risultare fastidiosa, e spesso viene compensata adottando un albero di equilibratura con contrappesi.

Con la fasatura a 180° i perni di manovella sono in posizioni opposte

 

Con il 360° è più problemi che vantaggi

Ormai molto meno diffusa la soluzione di un albero motore con le manovelle a 360°, cioè con i pistoni che si muovono all’unisono come se si trattasse di un grosso monocilindrico, e gli scoppi dei cilindri destro e sinistro distanziati l’uno dall’altro di una rotazione dell’albero. In questo caso non si verifica una coppia oscillante ma sono forti le forze del primo ordine, che si traducono in sensibili vibrazioni. È il motivo per cui da tempo questa configurazione è stata quasi abbandonata.

Con il manovellismo a 360° i perni motore sono nella stessa posizione

270° la giusta via di mezzo

La soluzione con i perni di manovella distanziati di 270° porta a una successione degli scoppi asincrona, cioè non sono ugualmente distanziati. Questo significa che c’è sempre un pistone in movimento anche quando l’altro raggiunge il punto morto inferiore o superiore, contrariamente a quanto avviene nelle soluzioni più classiche; la coppia “a dondolo” c’è ma siccome gli scoppi sono sfalsati l’effetto è meno pronunciato. È vero che le forze primarie non sono bilanciate e si producono delle vibrazioni ma il problema si risolve con un contralbero di bilanciamento.

A 270° i pistoni risultano leggermente sfalsati

 

Erogazione “big bang”

Il risultato avvertibile alla guida, vibrazioni a parte, è una erogazione più personale di quella fin troppo lineare di un bicilindrico parallelo convenzionale a 180° ce è molto lineare. Con la fasatura a 270° invece è simile piuttosto a quella di un bicilindrico a V, quindi con una bella spinta ai medi regimi. Un tipo di erogazione che tra l’altro dovrebbe garantire maggiore trazione nell’uso al limite perché tra uno scoppio e l’altro lo pneumatico posteriore ha il tempo di riprendere aderenza, anche se pochi saranno in grado di accorgersene. Fu proprio sulla base di queste considerazioni che sulle due tempi da Gran Premio venne introdotto l’uso dei motori definiti “Big bang”.

Si potrebbe obiettare che gli stessi risultati sono raggiungibili con un vero bicilindrico a V, ma un bicilindrico parallelo a 270° è più compatto, più facile da assemblare ed è dotato di una sola testata invece di due separate. Dunque si riducono i costi di produzione.

 

Conversione in massa

Così sono stati convertiti da 360° a 270° i bicilindrici paralleli di BMW e Triumph, mentre sono passati dalla configurazione a V a quella parallela i propulsori delle nuove KTM di media cilindrata e quelli del modello che ha sostituito la Suzuki SV 650, la GSX-8S. Ha scelto la via del bicilindrico parallelo anche Honda per la sua nuova Africa Twin e la CB750 Hornet mentre Ducati continua con i suoi bicilindrici a V di 90° che vengono definiti ”a L” e per la Casa di Borgo Panigale sono ormai una bandiera.

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