MV Agusta, storia italiana di un'eterna incompiuta in cerca di salvatori
I successi in pista e la genialità di Domenico Agusta e Claudio Csstiglioni ne hanno creato il mito, ma MV come industria non è mai riuscita a decollare, sedotta e abbandonata troppe volte
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Le sorti di MV Agusta sono nuovamente in bilico e non è la prima volta nella sua storia, ma guardar bene la vicenda di MV è diversa da quella di tutte le altre case. La casa varesina ha vissuto all'ombra di due figure geniali come il Conte Domenico Agusta e Giovanni Castiglioni, personaggi che hanno amato visceralmente le moto, ma che, per diversi motivi, non sono riusciti a dare alla loro creatura una solida dimensione industriale. Un peccato originale che ha costretto in anni recenti ad andare alla ricerca di salvatori che poi sul più bello si sono defilati. È una vicenda tipicamente italiana, fatta di intuizioni geniali e tanta (troppa?) passione. Vale la pena di raccontarla.
Si comincia con gli aerei e poi gli elicotteri
La Costruzioni Aeronautiche Giovanni Agusta fu fondata nel 1920 dal conte Giovanni Agusta, pioniere dell’aviazione italiana. Inizialmente si occupa della revisione e riparazione di aerei di altri produttori, poi realizza veivoli su licenza. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale però gli alleati vietano la produzione di aerei alle nazioni vinte, per questo la famiglia Agusta decide di passare alla produzione di motocicli, creando la Meccanica Verghera (da cui MV). Una breve parentesi, perché nel 1950 cadono i divieti per la produzione aeronautica e Agusta stringe un accordo con l’americana Bell per realizzare su licenza elicotteri. È la svolta. L’azienda nel giro di pochi diventa uno dei principali produttori di elicotteri in Europa.
Le moto sono un gioco
Le moto restano ma non sono strategiche. L’azienda è saldamente nelle mani di Domenico amante di auto e moto e che coltiva MV con passione e come mezzo per dare lustro alla società che i solidi li fa in altra maniera... Per questo arriva anche il debutto nel Motomondiale una storia controcorrente.
Infatti alcune stagioni difficili nel motomondiale sul finire degli anni 50 c’è la svolta, propiziata nel 1956 anche dal ritiro in blocco delle case italiane Gilera, Guzzi, Morini e Mondial che avevano dominato la scena sportiva. Un ritiro obbligato dai conti in rosso: il boom economico permette agli italiani di comprarsi l’auto e le vendite di moto crollano, lo sport così diventa un lusso. Non per MV che i soldi li ha grazie agli elicotteri. Per capire l’ambiente di MV basti pensare che, quando la squadra corse ha bisogno di realizzare le moto, il Conte fa bloccare le linee di produzione degli elicotteri convertendole alle due ruote che così possono beneficiare di materiali e utensili di qualità aeronautica, il massimo. Industrialmente una follia, ma si fa così. Il palmarés d'altra parte è da record: 38 titoli piloti e 37 titoli costruttori conquistati fino al 1974.
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Il conte Domenico Agusta in pista prende i tempi delle sue moto
Le corse solo per vincere
La strana storia di MV continua. Il marchio è sulle prime pagine di tutti i giornali sportivi, ma le sue moto non fanno segnare record di vendite, la produzione è incentrata su modelli economici, tecnicamente lontani dai bolidi portati in pista da Surtess, Hailwood e Agostini. Il conte Agusta non vuole riversare l’esperienza delle corse su mezzi di serie, teme che possano essere portate in gara da privati, rovinando l’immagine vincente della casa. Bisognerà infatti attendere il 1967 per vedere una 4 cilindri con marchio MV. La 600 Turismo però è grossa, pesante, bruttarella e dotata di trasmissione a cardano, per bloccare qualsiasi velleità sportiva.
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La 600 Turismo è la prima MV con motore 4 cilindri derivato da quelli delle formidabili moto da corsa, ma di sportivo ha solo il blasone
La fine negli anni 70
Poi arrivano gli anni 70 ed ecco un’altra svolta della nostra storia. Dal 1969 Agusta inizia a sviluppare in proprio un elicottero l’A109 che vola per la prima volta il 4 agosto del 1971, pochi mesi dopo la morte di Domenica Agusta. Un segno del destino… Nel giro di pochi anni le cose cambiano. Nel 1973 la famiglia Agusta vende il 51% dell’azienda all’ente di stato EFIM, si costituisce un polo di eccellenza mondiale dell’aeronautica, dove le moto c’entrano niente. E infatti al salone di Milano del 1977 lo stand di MV è tristemente vuoto. Ai giornalisti che chiedono una spiegazione, l’amministratore delegato di Agusta risponde laconico: sapete quante moto bisogna vendere per fare il guadagno che abbiamo con un solo elicottero? Cala il sipario.
Arriva Castiglioni
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Claudio Castiglioni sorridente al centro con Renato Pozzeto a sinistra, Agostini a Surtess a destra
Passiamo al 1992, il Gruppo Cagiva è sulla cresta dell’onda, forte dei successi dei dorati anni 80. Il patron Claudio Castiglioni corona il sogno che aveva fin da bambino e rileva il marchio MV Agusta con l’intento di rilanciarlo, come fatto con Ducati e Husqvarna. Inizia così una movimentata storia industriale che non arriva mai al successo sperato. Eppure gli inizi sono entusiasmanti: F4 nel 1997 (in produzione nel 1998) e Brutale nel 2001 sono modelli che lasciano gli appassionati a bocca aperta, ma non è tutto oro quel che luccica…
I soldi non sono mai abbastanza
Il gruppo Cagiva non è abbastanza forte per sostenere il lancio di un brand “ricco” come MV. Nel 1996 cede Ducati (e con essa Moto Morini) per far fronte ai debiti e col nuovo millennio le cose non migliorano. Nel 2004 Castiglioni sigla un accordo con i malesi di Proton, ma già nel 2005 gli alleanti salutano frettolosamente. Le cose vanno male e nel 2007 è necessario cedere Husqvarna a BMW per tirare avanti, poi nel 2008 l’alleanza che sembra perfetta: ecco Harley-Davidson. La casa americana ripiana i debiti e fa ripartire la produzione, ma arriva la crisi Lehman Brotehers, l’economia Usa è travolta, Harley nel 2009 annuncia di volersi disfare di MV. Un déjà vu.... Nel 2010 la casa torna di proprietà dei Castiglioni. Potrebbe essere un nuovo inizio, ma nel 2011 Claudio ci lascia e l’azienda resta nella mani del figlio Giovanni.
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L'alleanza con AMG Mercedes faceva presagire una acquisizione come quella di Ducati da parte del gruppo Audi, invece arriva la crisi
Valzer di alleanze
La vicenda ora si fa serrata, nel 2014 entra in società AMG Mercedes ma non basta, i debiti soffocano l’azienda e nel 2016 viene chiesto al Tribunale di attivare il “Concordato di continuità” per salvare la produzione. Nel 2017 arrivano i capitali russi con Timur Sardarov che in pochi passaggi rileva il controllo dell’azienda, ma arrivano in rapida sequenza la pandemia e poi la guerra in Ucraina. Nel 2022 si profila l’accordo con KTM, nel 2024 MV annuncia di aver ripianato i debiti e di essere uscita dal concordato preventivo. KTM accelera è annuncia di aver rilevato la maggioranza. Passano pochi mesi, la casa austriaca finisce al tappeto travolta dai debiti e scarica MV. Svanisce un altro salvatore e la proprietà torna nella mani di Timur Sardarov, riparte un altro valzer. Speriamo nel lieto fine...
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Timur Sardarov, tornato proprietario di MV dopo la débacle di KTM