Moto Guzzi 850-T, storia della turistica che si credeva una sportiva
Grintosa ma adatta anche ai viaggi, la Moto Guzzi 850-T conquistò in breve il cuore di molti appassionati. Le prestazioni erano più che buone, i consumi bassi e la manutenzione ridotta all’osso. Ecco la sua storia

Moto Guzzi 850 - T
Presentata al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano del 1973, la Moto Guzzi 850-T, che di fatto abbandonava i vecchi canoni della V7 e delle sue derivate, segnò una svolta decisiva nella storia del marchio. Capace di unire con audacia la comodità del turismo alle vocazioni sportive, conquistò il cuore di molti appassionati grazie ad un design personale e ad una serie di innovazioni tecniche che ne hanno fatto la base per future evoluzioni, come la T3 e la T4. Ecco la sua storia.

Cromature senza esagerare e il bicilindrico a V marchio di fabbrica di Guzzi, la 850-T colse nel segno
La nuova visione di Moto Guzzi
Prima di passare alla descrizione vera e propria della 850 T, è importante sottolineare come, con l’arrivo di questo nuovo modello, Moto Guzzi riuscì a “voltare pagina” ed aprire un nuovo capitolo. Le precedenti V7, V7 Special e 850 GT, vere e proprie “poltrone su due ruote”, cedettero infatti il passo a un modello che, pur mantenendo l’anima della casa, introdusse elementi dinamici e sportivi. Non per niente la decisine di eliminare il marchio V7, che fino ad allora aveva accompagnato la gamma, come a sottolineare la volontà di rinnovarsi e di puntare su soluzioni innovative.
Innovazioni meccaniche e tecniche
Il motore derivava da quello della V7 Sport, ed era un deciso passo avanti rispetto ai bicilindrici precedenti
Come accennato, la nuova 850-T introdusse numerose ed importanti evoluzioni sia nel motore (preso in prestito dalla V7) che nel comparto ciclistico e dinamico. Novità che seppero fare la differenza…
Il bicilindrico a V
Il cuore pulsante della 850-T è il bicilindrico a quattro tempi a V di 90° fronte marcia derivato dalla V7 Sport a sua volta derivato da quelli della V7 ma modificato per abbassarne l’altezza. Il generatore passò da una posizione superiore, nel “V” dei cilindri, a una collocazione anteriore, accoppiato a un potente alternatore montato direttamente sul prolungamento dell’albero motore. Una scelta che, oltre a ridurre la manutenzione – abbandonata la tradizionale dinamo azionata a cinghia – consentì di ottenere maggior potenza e un assetto più “raccolto”. Abbinato ad un cambio a cinque marce con ingranaggi sempre in presa ad innesti frontali, si traduceva in una potenza massima di 68 CV a 7.000 giri, sufficienti per spingere la Guzzi (che non era un fuscello) a 195 km/h di velocità massima. Il tutto a fronte di una manutenzione semplici e di consumi contenuti (mai sotto i 13 km/l e una media di circa 16 km/l).
La ciclistica
Il telaio, che sulla 850-T fungeva da elemento “stressato” (il V2 era il punto di unione tra le sue due parti) fu riprogettato per garantire una maggiore luce a terra e, quindi, un maggiore angolo di piega ed abbinato ad un forcellone oscillante (che ospitava l’albero del cardano) imperniato al vertice inferiore della triangolatura centrale. Una componente, quest’ultima, tratta direttamente dal design - vincente - della V7 Sport, che risultò estremamente rigida e compatta, pur permettendo una discreta escursione agli ammortizzatori. A livello delle sospensioni trovava posto all’anteriore una forcella teleidraulica Moto Guzzi con corsa di 125 mm e, al posteriore, un forcellone oscillante con due ammortizzatori idraulici regolabili su 4 posizioni di molla. Le ruote, a raggi con cerchi in lega leggera, erano calzati da pneumatici nelle dimensioni 3.50-18 e 4.10-18, mentre per quanto riguarda il comparto frenante trovava posto all’anteriore un disco da 300 mm con pinza Brembo (c’era la predisposizione per il montaggio del secondo disco sul fodero sinistro) ed un tamburo centrale a doppia camma da 220 mm al posteriore. Il tutto per un peso in ordine di marcia di 235 kg.
Il Look
Il restyling della carrozzeria fu affidato al centro stile Ghia, che ridisegnò il serbatoio in linea con le esigenze del turismo moderno. La linea regolare, senza spigoli, è studiata per non interferire con la posizione del pilota, messo così nella condizione di “abbracciare” la moto per una migliore direzionalità. Eleganti le fiancatine laterali che, unitamente ai parafanghi in acciaio inox e ai lunghi tubi di scarico dal design moderno e “scavati” per essere in linea col perno ruota conferirono alla 850-T un aspetto curato e, per l’epoca, decisamente all’avanguardia. Tocco di classe le due livree: verde turchese e rosso mattone, entrambe metallizzate e arricchite da profili dorati. Il cruscotto, ben isolato dalle vibrazioni, è quello della V7 Sport, ma accoglie nuovi strumenti con contagiri e tachimetro conta km di stile automobilistico. Quattro le spie di servizio: alternatore, folle, pressione olio e luci accese.

Il cruscotto era montato su supporti elastici per limitare le influenze nefaste delle vibrazioni
Evoluzione della specie: T3, T4 e T5
Già a pochi anni dall’introduzione, la 850-T iniziò tuttavia a mostrare alcuni punti deboli, in particolare nel comparto frenante. Nella primavera del 1975 fu per esempio introdotto un nuovo impianto integrale a tre dischi e divenne così T3, l'impianto era ereditato dalla V7 750 S3 e dalla Le Mans 850. La meccanica rimase immutata e cambiano solo piccoli dettagli di allestimento come le fiancatine e il manubrio.

Nel 1978-1979 la T3 venne a sua volta aggiornata con componenti già presenti su altri modelli, ta cui i cerchi in lega, la sella più ampia, il nuovo fanalino posteriore ed serbatoio con tappo coperto da uno sportello a chiave. Poi, sul finire degli anni Settanta (1979 per l’esattezza), arrivarono la T4 ed il vistoso cupolino della SP (protettivo ma foriero di fastidiose oscillazioni oltre i 140 km/h), con motore “aggiornato” grazie ai cilindri con canne trattate al Nigusil e nuovi silenziatori. Atto finale la T5 che, arrivata nel 1983, si mostrò con una livrea tutta nuova, cerchi da 16” (un paio d’anni più tardi, pentiti, i progettisti Guzzi li ripotarono a 18), teste e cilindri squadrati e nuove sospensioni. Una moto tutta nuova, quest’ultima, che, di fatto, ebbe “poco” in comune con le precedenti T.

Le rivali
In un panorama competitivo dominato da modelli come la BMW R 90/6, le giapponesi a 3 o 4 cilindri e altre proposte europee di marche come Laverda, Triumph e Norton, la 850-T si distinse subito tanto per l’unicità tecnica di cui abbiamo appena parlato quanto per le linee, personali, moderne ed eleganti. Sebbene non potesse vantare le migliori prestazioni in assoluto, la sua personalità e il rapporto qualità/prezzo – poco più di 1.400.000 lire nel 1974 – ne fecero una scelta “intrigante” per chi cercava una maxi bicilindrica dal carattere deciso, divertente nella guida “sportiva” ma adatta anche al moto turismo. Non da ultima la questione prezzo: i listini del 1974 recitano, ad esempio, 2 milioni e quattrocentomila lire per la BMW R90 S, 1milione e novecentomila per la la Z1900 di Kawasaki e, ancora, 1milione e seicentomila lire per laCB750 di Honda.