La moto giusta al momento sbagliato. Benelli Tornado 650, il flop perfetto
La Tornado 650 fu un progetto ambizioso e ben realizzato, ma i ritardi nella produzione ne penalizzarono il successo, lasciandola un passo indietro rispetto alla concorrenza. Oggi, resta comunque una moto affascinante e ricercata dagli appassionati

Il contesto: il momento per una nuova sfida
Negli anni Sessanta il mercato motociclistico italiano affrontava una crisi profonda a causa dell'ascesa delle auto utilitarie, che avevano ridotto drasticamente le vendite di moto di media cilindrata. Le case italiane cercarono di sopravvivere puntando sui ciclomotori, il cui mercato era però appannaggio di Piaggio che, con Vespa e Ciao, dominava di fatto l’intero settore. Le cose cominciarono a migliorare solo nella seconda metà del decennio grazie all’interesse per le cilindrate superiori e, sopratutto, all’attenzione verso il mercato americano, dominato in quegli anni dalle giapponesi nelle piccole e medie cilindrate e dalle inglesi nelle grosse cubature. Fu in questo scenario che Benelli decise di “superare il limite dei 250 cm3”, fino ad allora il massimo prodotto a Pesaro, e puntare sulle maxi.
Quanto maxi?

Il motore bicilindrico ideato da Prampolini era razionale, affidabile e compatto
Scartata l’idea di un quattro cilindri da 500 cm3, troppo costoso da sviluppare, e vista la Laverda 650 presentata al Salone di Londra nel 1966, il progetto definitivo fu affidato a Prampolini (responsabile tecnico della casa di Pesaro) con precise direttive: niente soluzioni troppo complesse, un bicilindrico parallelo da 650 cm³, compatto, leggero ed affidabile.
Il motore della Tornado 650 (bicilindrico da 648 cm3 con distribuzione ad aste e bilanceri e 2 valvole per cilindro) fu concepito con un basamento in alluminio robusto e apribile orizzontalmente e, per ridurre i rischi di trafilaggi d’olio, i condotti di lubrificazione furono realizzati direttamente nella fusione dei carter. Il cambio era un 5 marce in presa diretta per ridurre gli ingombri, mentre i carburatori da 29 mm inclinati lasciavano spazio al magnete. Raffreddamento rigorosamente ad aria e potenza di 50 CV a 7.400 giri. Il risultato mostrava un motore moderno e performante, ma non esente da problemi: le vibrazioni risultarono eccessive e richiesero diversi interventi, specialmente sul telaio.
La ciclistica: un equilibrio da trovare

Sviluppato da Luigi Benelli, il telaio era inizialmente un doppia culla in acciaio abbinato, davanti, ad una forcella Marzocchi da 35 mm di diametro e, dietro, ad un forcellone oscillante con due ammortizzatori. Come accennato, a causa delle forti vibrazioni trasmesse dal motore, tali da provocare la rottura del telaio nella parte anteriore, quest’ultimo venne prima rinforzato e poi, grazie alla “consulenza” di Steve McQueen, che in quegli anni era testimonial Benelli negli USA, aggiornato per il mercato americano e reso simile a quelli prodotti dallo specialista Metisse. I freni erano entrambi a tamburo (a quattro camme davanti da 230mm e monocamma dietro da 200), mentre le ruote calzavano pneumatici nelle dimensioni 3.50 - 18” all’anteriore e 4.00 - 18” al posteriore. Il tutto per un peso sulla bilancia di 190 kg a secco, a cui si aggiungevano i 12 litri di carburante.
Un’attesa “fatale”

Nonostante il progetto fosse pronto già nel 1968 (i primi prototipi arrivarono già nel 1967), la produzione subì forti ritardi a causa delle attrezzature necessarie alla fabbricazione per realizzare le nuove componenti, che arrivarono solo nel 1970. E così, l’anno successivo, dopo una prima trance sul mercato USA, la Tornado 650 sbarcò finalmente anche in Europa. Purtroppo, il lungo ritardo si rivelò fatale: Honda aveva nel frattempo rivoluzionato il settore con la CB 750 a quattro cilindri a cui si affiancarono nel giro di breve tempo le tre cilindri 2T di Kawasaki. Moto, va detto, decisamente più sofisticate e dalle prestazioni più elevate rispetto alla Tornado. Ciononostante, Benelli riuscì comunque a ritagliarsi una nicchia di appassionati, con un prodotto superiore a quelli di marchi storici come Triumph, BSA e Norton.
La Tornado S, un deciso miglioramento ma..

Ecco la Benelli Tornado 650 S, questo esemplare fa parte della collezione del museo Nicolis
Sul finire del 1970, lo stesso Prampolini lavorò a una versione migliorata: la Tornado S. Questa nuova versione introduceva l’avviamento elettrico Bosch, un albero motore riequilibrato per ridurre le vibrazioni e un rapporto di compressione aumentato. Anche la carburazione e la trasmissione vennero ottimizzate, portando la potenza da 50 a 52 CV e la velocità massima da 176 a 190 km/h. La guida risultò molto più fluida, ma il modello arrivò ancora una volta in ritardo. Grazie ai nuovi investimenti, nel 1972 la Tornado S debuttò con modifiche estetiche e tecniche, tra cui una nuova strumentazione, un manubrio rivisto e una livrea più accattivante. Nel frattempo però, i problemi finanziari della Benelli spinsero la famiglia a cedere l’azienda all’imprenditore argentino Alejandro de Tomaso, lasciando così la Tornado al suo “ingiusto” destino.
Quotazioni
Nonostante le grandi difficoltà e gli ingenti ritardi, la Benelli Tornado 650 resta una moto dal fascino unico. Vero è che, se fosse arrivata sul mercato qualche anno prima, avrebbe potuto giocarsela alla pari con le rivali inglesi e giapponesi ma oggi rimane comunque una moto d’epoca ambita, soprattutto nella versione S. Trovarne di usate non è semplicissimo o, perlomeno, non se si vuole evitare di spendere cifre troppo importanti. Fermo restando che molto dipende dallo stato del mezzo e dal livello di conservazione, in linea di massima, per mettersene una in garage conviene mettere in conto un esborso di almeno 3.500 euro.
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