Honda CX 500, la "Guzzi giapponese" era avanti anni luce
Vero e proprio “laboratorio” su due ruote, la CX di Honda resta ad oggi il simbolo di una fase di sperimentazione e grandissima audacia. Ebbe una vita breve, ma le innovazioni che introdusse sono tuttora all'avanguardia

La Honda CX rappresenta un capitolo particolare nella storia della casa giapponese, un modello che, pur non essendo stato considerato un capolavoro, ha saputo imporsi nel panorama motociclistico grazie ad un insieme di innovazioni tecnologiche all'avanguardia. Definita con sufficienza la "Guzzi giapponese" in realtà non "copiava" nulla dalle moto di Mandello del Lario e seppur in produzione per pochi anni, ha segnato anni in cui le case del Sol Levante facevano a gara per proporre innovazioni e nuovi modelli. Ecco la sua storia.
Il contesto
Presentata nel 1978, la CX nasceva con l’obiettivo di proporre un modello in grado di unire prestazioni sportive e versatilità turistica. a “La nuova rivoluzionaria Honda sport/turismo”. Quelli in cui arrivò sul mercato erano anni infatti in cui le esigenze degli appassionati spingevano le case a proporre modelli sempre più sofisticati sotto molti punti di vista, non solo tecnici ma anche puramente pratici. Esempio ne è il V-twin raffreddato ad acqua, motore capace di offrire performance elevate con costi di esercizio decisamente contenuti. Da noi venne lanciata a 2.700.000 lire, un prezzo superiore a quello di altre moto della stessa cilindrata ma la CX era un vero laboratorio su due ruote che giustificava il rezzo salato.

Ecco la versione 650, evoluzione soprattutto estetica della CX
La tecnica
Come accennato, la Honda CX apparve fin da subito come un concentrato di innovazioni tecnologiche, un vero e proprio “laboratorio su due ruote” fatto di cilindri ruotati (come solo ora hanno le Guzzi), albero motore controrotante per evitare l’effetto giroscopico (le Ducati lo hanno avuto 40 anni più tardi) e cambio sotto il blocco motore.
Motore e trasmissione
Cuore della CX era il bicilindrico a V di 80° raffreddato ad acqua (cosa non scontata per l’epoca) da 500 cm3 (aumentato poi a 650 successivamente) e circa 50 CV a 9.500 giri/min. Prestazioni più che soddisfacenti che non facevano rimpiangere maggiori cilindrate. Le teste dei cilindri, ruotate di 22° rispetto all’asse della moto, permettevano di ottenere più spazio per le gambe del pilota ma soprattutto un migliore posizionamento dei carburatori e un flusso ottimale della miscela. Inoltre, la configurazione a quattro valvole per cilindro (altra “chicca” che lo differenziava dai V2 dell'epoca) garantiva una combustione efficiente. Altrettanto particolare la trasmissione cardanica, che sostituiva la tradizionale catena, contribuendo a ridurre i costi di manutenzione e ad aumentare l’affidabilità. Il cambio, a cinque marce, era invece montato sotto al blocco motore per contenere così la lunghezza del sistema motore-trasmissione abbinato ad una frizione multidisco in bagno d’olio.
Ciclistica: telaio, freni, sospensioni e ruote
Realizzato in tubi d’acciaio con struttura a diamante e motore portante, il telaio della CX era abbinato a forcella telescopica e doppi ammortizzatori oleo-meccanici posteriori. Successivamente, nei modelli più evoluti, vennero introdotte forcelle ad aria e una sospensione posteriore con monoammortizzatore Honda Pro-Link, che migliorò sensibilmente la tenuta di strada. Il comparto frenante si componeva invece di un singolo disco anteriore sulle prime versioni, a partire dal 1979, di due dischi davanti e di un tamburo dietro. Un’altra innovazione degna di nota fu l’adozione delle ruote Com-Star, pionieristiche per l’epoca per l’utilizzo di pneumatici tubeless.
Look e stile
Oltre che per le innovazioni a livello tecnico e meccanico, la CX si distinse fin da subito per il look audace e futuristico che rompeva con i canoni estetici di fine anni Settanta. Vista frontalmente, esibiva una linea snella grazie anche alla compattezza del motore e, di lato, compatta ma quasi “massiccia” nella zona centrale e posteriore per via del bicilindrico appeso al telaio. Il piccolo cupolino, che integrava faro e strumentazione, sebbene funzionale soprattutto ad alte velocità, contribuiva a dare un aspetto sportivo e allo stesso tempo essenziale. La strumentazione, montata su supporti elastici, comprendeva il doppio contachilometri, il contagiri, l’indicatore di temperatura e le spie di servizio. Nel complesso, i tanti elementi sportivi si fondevano con quelli turistici in un mix originale e (vero che i gusti sono gusti) ben riuscito.

Le versioni successive
Nel corso della sua produzione, la gamma CX si è arricchita di svariate versioni che hanno saputo interpretare e rielaborare il concetto di “motocicletta anomala” proposto inizialmente. Ripercorrendone la storia, ricordiamo:
- CX 500 Standard: il modello base, presentato nel 1977, che è stato un vero best-seller. Le varianti della prima serie (1978-1979) si differenziavano da quelle della seconda serie (1980-1981) per alcuni dettagli estetici, come il copriradiatore cromato, il plexiglas sul cupolino e i coperchietti dei rivetti delle ruote, oltre a modifiche nei sistemi frenanti (cambio della pompa dei freni e passaggio a pinze a doppio pistoncino). Nonostante le buone vendite, la produzione fu interrotta da Honda nel 1982 per far spazio alle innovazioni che sarebbero arrivate con le serie successive.
- CX500 Custom (CX500C): introdotta nel 1979 per il mercato nordamericano e successivamente importata anche in Europa, la CX500 Custom si distingueva, appunto, per lo stile da custom con “sellone” biposto, abbondanti cromature e manubrio a corna di bue.
- CX500 Turbo (CX500T): un modello rivoluzionario, il primo con motore turbo montato su una moto di serie Honda. Il turbocompressore forniva una spinta massima di circa 19 psi, raddoppiando quasi la potenza percepita. Tuttavia, il passaggio brusco tra off e on-boost e la complessità del sistema di controllo ne limitarono (priorio come avvenne per tutti i modelli turbo) il successo commerciale, con una produzione contenuta a circa 5.400 unità.
- CX500 Eurosport (CX500E): introdotta nel 1982, la versione Eurosport rappresentava un’evoluzione estetica e tecnica rispetto al modello originale. Con forcelle anteriori assistite, una sospensione posteriore Pro-Link e freni migliorati, la Eurosport si presentava con linee più moderne, un serbatoio di maggiore capacità e una strumentazione aggiornata.
- Evoluzione a 650 cm3: nel 1983, tutti le CX500 furono portate a 673 cm3 e furono presentati i modelli CX650 Custom, CX650 Turbo e CX650 Eurosport. Varianti che rappresentarono l’ultimo tentativo di Honda di mantenere in vita il concetto V-twin in un mercato in rapida evoluzione.
Oltre a queste versioni “principali”, va ricordato, il mercato vide anche varianti minori, come la versione 400 cm3 prodotta per rispettare le normative locali, e modelli “Deluxe” che, pur rimanendo fedeli all’originale, introducevano dettagli estetici differenzianti per renderle ancora più uniche.

Il nuovo che avanza
Nonostante il successo commerciale e la numerosa schiera di appassionati che ancora oggi possiedono esemplari perfettamente funzionanti, la produzione della Honda CX si concluse in tempi relativamente brevi. La gamma CX fu prodotta ufficialmente fino al 1982, anche se, se si considerano le varianti evolutive come la GL500 e la GL650, si può estendere il periodo produttivo fino al 1986. Dal 1988, Honda decise di abbandonare il V-twin, sostituendolo con la nuova gamma NTV, segnando così una svolta tecnologica e stilistica che avrebbe definito il futuro della casa nipponica.

Un grazie a Shoichiro Irimajiri
Merita a questo punto un accenno Shoichiro Irimajiri, progettista visionario padre della CX e, con lei, di numerosi altri modelli. Nato a Kochi il 3 gennaio 1940, Irimajiri è stato una figura di spicco all’interno della Honda, la cui carriera, iniziata nel 1963, ha visto una serie di progetti innovativi che hanno portato la casa ad eccellere nelle competizioni internazionali. Tra i suoi lavori più celebri si ricordano le pluricilindriche da Gran Premio degli anni ’60 e i progetti audaci come la CBX 1000 5 6 cilindri e la NR500 che, pur ritenuta un “fallimento”, rappresentò un banco di prova per soluzioni radicali. L’esperienza maturata in questi progetti e la sua capacità di coniugare tradizione e innovazione hanno influito significativamente sulla progettazione della CX, rendendola una moto “anomala” ma al tempo stesso straordinariamente rappresentativa della spinta innovativa che ha sempre contraddistinto Honda.
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