DR 600S: e Suzuki finalmente fece centro
Arrivata nella prima metà degli anni Ottanta, era leggera, agile e perfettamente a suo agio sugli sterrati ma anche indistruttibile e pure economica. Con questo modello la casa di Hamamatsu finalmente si mise alla pari con la concorrenza

Arriva la DR 600
Disponibili nelle cilindrate da 125, 250 (queste prime due mai viste in Italia a causa del contingentamento) 400 e, evoluzione, 500 cm3, le DR di Suzuki si presentavano agli inizi degli anni Ottanta come moto “già vecchie”. Avevano poco appeal, erano tecnologicamente arretrate e nulla potevano se confrontate con l’XL 600R di Honda, l’XT 600 Ténéré di Yamaha e la KLR 600 di Kawasaki che sfoggiavano tutt’altra dotazione, a partire dalle sospensioni fuoristradistiche o dai freni, che erano a disco invece dei tamburi ancora montati sulle DR. Consapevole di tali mancanze, al Salone di Colonia del 1984 Suzuki presentò la nuova DR 600S, modello finalmente al passo con i tempi.
Finalmente la 600
Con la DR 600S Suzuki riuscì finalmente a colmare il gap che fino ad allora la staccava dalle rivali nipponiche sopra ricordate. Era ben fatta, robusta, comoda ed economica. E pure bella…
L’infaticabile mono superquadro

Con la DR 600S Suzuki punta tutto sull’affidabilità e sulla resistenza dell’indistruttibile monocilindrico superquadro da 589 cm3 raffreddato ad aria e 45 CV di potenza a 6.800 giri/min, dotato di testa e cilindro in lega leggera, canna riportata in ghisa e quattro valvole per cilindro. L’erogazione è dolce, in tutto l’arco di utilizzo, con una notevole coppia ai bassi. Le prime tre marce sono corte e ravvicinate, perfette per superare gli ostacoli ed affrontare i terreni sconnessi. Inoltre, il radiatore dell’olio abbassa la temperatura del lubrificante nella guida a bassa andatura, facendo della nuova DR un mezzo ancor più a suo agio nella guida sullo sterrato. Inoltre, vibra poco e consuma ancora meno! Unico “difetto” , oltre al non indifferente consumo di olio (cosa comunque comune a tutti i motori Suzuki raffreddati ad aria di quegli anni) è forse la mancanza dell’avviamento elettrico, cosa che scoraggia i meno esperti.
Posizione azzeccata

Altro aspetto positivo della DR 600S si dimostrò subito la posizione in sella, anch’essa studiata per un utilizzo prevalentemente off-road. Il baricentro è alto, c’è tanta luce a terra, il manubrio consente una posizione delle braccia comoda e ben salda e il serbatoio a piramide permette al pilota di avvicinarsi durante i passaggi più impegnativi.
Ciclistica da vera enduro
Il telaio è un monotubo in acciaio a culla aperta abbinato ad una forcella telescopica Kayaba da 39 mm davanti e ad un monoammortizzatore Kayaba. Le sospensioni sono uno sin troppo morbide, specie il mono posteriore, anche se la possibilità di regolare il precarico molla su 5 posizioni aiuta a trovare l’assetto più efficace in base al percorso ed al carico. Ci sono poi cerchi in lega leggera nelle dimensioni 1.85 - 21” davanti e 2.50 -17” dietro. Il tutto per un peso a secco di 141 kg, a cui si aggiungono però i 21 litri di carburante contenuti nel capiente serbatoio in stile dakariano.
Affidabilità

La DR 600S era davvero affidabile, a patto però di rispettare la seppur basica manutenzione richiesta da mamma Suzuki. Sul libretto (lo riportiamo per i nostalgici) c’era scritto:
- Ogni 1.000 km: pulire e lubrificare la catena.
- Ogni 3.000 km: pulire il filtro dell'aria, controllare lo spessore delle pastiglie del freno anteriore e lo stato dei ferodi del tamburo posteriore.
- Ogni 6.000 km: sostituire olio motore (2.450 cc di SAE 10W/ 40) e filtro olio, verificare livello liquido batteria, controllare decompressore automatico, verificare gioco valvole (a freddo, aspirazione e scarico 0,08-0,13 mm), verificare serraggio bulloneria testa e impianto di scarico, verificare vite minimo del motore sul carburatore (minimo compreso fra 1.200-1.400 giri), verificare tensione catena di comando dei contralberi di bilanciamento, controllo ed eventuale registrazione forcella (pressione aria standard negli steli O kgm/cm2 ; quantità olio forcella 0,475 litri per stelo di lubrificante SAE 10/W30).
- Ogni 12.000 km: sostituire le candele (NGK DP9EA-9 oppure Nippodenso X27EP-U9. Distanza fra gli elettrodi 0,8-0,9 mm), serraggio bulloneria telaio e attacchi motore.
- Ogni 2 anni: cambiare il liquido dei freni. Usare liquido SAE J1703, D0T 3 o, in alternativa, DOT 4.
- Ogni 4 anni: sostituire le tubazioni dei freni.
Un’ottima carriera

Come accennato, la DR 600S piacque un po’ a tutti: era affidabile, ben fatta, spartana il giusto, indistruttibile ed economica. Nel corso di circa 5 anni fu affiancata da altre evoluzioni: nel 1987, cioè tre anni dopo dalla presentazione ufficiale di Colonia, arrivò la Djabel (in lingua araba “montagna”), caratterizzata da un parafango di maggiori dimensioni e dal piccolo plexi fissato sulla mascherina portafaro nonchè, ma solo dall’89, dal disco posteriore. Da ricordare anche l’arrivo, sempre nell’87, della sorellona DR 750 Big che, all’epoca della sua presentazione era la monocilindrica di maggior cubatura presente in commercio. Leggermente aggiornata e solo affiancata dalle appena ricordate Djabel (che all’estero si chiamava Dakar ma che in Italia, per questioni di copyright, aveva quel nome) e 750 Big, la DR 600S rimase indisturbata nel listino Suzuki per quasi 10 anni, cioè fino all’arrivo delle nuove DR 650, modelli equipaggiati con motori di nuova generazione.
Quotazioni
Di endurone monocilindiche come la DR 600S, ormai, non se ne fanno più. I nostalgici appassionati del genere non hanno purtroppo (o per fortuna) che da rifugiarsi nell’usato. Fortunatamente, qualcosa in tal senso lo si trova. I prezzi non sono elevati, anzi: con 3.000 euro (magari trattabili) ci si può mettere a casa un bell’esemplare. Attenzione però ai km: ok l’affidabilità della moto, ma su di un 600, per quanto indistruttibile, è comunque meglio non esagerare e scartare gli esemplari con decine e decine e ancora decine di migliaia di km sul groppone…

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