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Aprilia RSV 1000, quando a Noale decisero di fare sul serio (e forse ritorna)

La RSV  è stata una pietra miliare nella storia della Casa di Noale perché fu il primo passo nell’ambito delle grosse cilindrate

Rimbalza dall’America la notizia che Aprilia ha depositato la richiesta di registrazione del marchio RSV 1000. Quel nome identificava non l’attuale RSV4 a quattro cilindri, ma la gloriosa bicilindrica a V prodotta dal 1998 al 2008: se il Gruppo Piaggio lo ha riesumato evidentemente si sta pensando a un modello nuovo che in qualche modo ne riprenda l’eredità. Magari usando il motore bicilindrico a V che attualmente viene prodotto in Cina nell’ambito della partnership Zonsen Piaggio.

Un modello che ha fatto la storia

Quella moto – la RSV 1000 originale – è stata una pietra miliare nella storia della Casa di Noale perché fu il primo passo nell’ambito delle grosse cilindrate: prima c’erano soltanto ciclomotori, scooter e moto sportive di 125 e 250 cm³ con motori a due tempi, per quanto dalle prestazioni brillantissime, oppure le monocilindriche fuoristrada Tuareg e Pagaso.

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Ecco la prima RSV Mille

Il marchio era già diventato uno dei più importanti a livello mondiale ed era il momento di inserirsi nel mercato delle maximoto, ma significava un passo molto lungo sia a livello tecnico, sia a livello di immagine che bisognava costruire di sana pianta: a quel tempo Aprilia non era percepita dagli appassionati come un costruttore di motociclette, ma di scooter e motoleggere. Forse è anche per quello che la RSV 1000 venne pensata nel 1993 ma entrò in produzione solo cinque anni più tardi, nel 1998. Non si poteva sbagliare nulla, a rischio di bruciarsi. 

Per il motore si scelse Rotax

Nacque con l’idea di una moto sportiva ma non troppo esasperata, l’obiettivo era rubare una fetta di mercato alla Honda VFR che allora spopolava. Però mentre la giapponese era una quattro cilindri a V, gli italiani optarono per un bicilindrico, decisi a ottenere una moto più stretta, più leggera e con una erogazione più vigorosa in basso. In azienda una esperienza approfondita su propulsori del genere non c’era e ci si appoggiò alla Rotax: il progetto venne sviluppato in collaborazione con gli austriaci (da cui già si prendevano i motori 2 tempi per le 125), ai quali venne affidata la costruzione in serie. 

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Il motore sviluppato da Aprilia con l'austriaca Rotax era compatto e moderno

Progetto modernissimo

Già allora Aprilia era “avanti” e volle qualcosa di tecnicamente avanzato, con soluzioni all’avanguardia. Venne scelto un bicilindrico a V longitudinale di 60°, più “chiuso” dei classici Ducati a V di 90° perché questo angolo consentiva una maggiore compattezza e una progettazione del telaio più libera. La cilindrata di 997,6 cm³ era determinata da misure di alesaggio e corsa superquadre, 97 x 67,5 millimetri, per avere una maggiore propensione agli altri regimi, cioè a potenze elevate. La distribuzione a quattro valvole per cilindro era comandata da un doppio albero a camme in testa che riceveva il movimento da un sistema misto ingranaggi/catena, per l’accensione c’erano due candele in ogni testata così da avere una combustione veloce nonostante l’alesaggio elevato. 

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Per smorzare le vibrazioni c'era il sistema AVDC con due contralberi, coperto da brevetto Aprilia. L’alimentazione avveniva tramite due corpi far fallati di 51 mm Ø e l’iniezione era gestita elettronicamente ed impiegava un iniettore per cilindro. La RSV 1000 fu anche la prima moto di serie a montare un dispositivo anti-saltellamento, aveva la frizione multi disco in bagno d’olio a comando idraulico, il cambio era a sei marce, la lubrificazione con due pompe dell’olio trocoidali e il raffreddamento a liquido. 

Da 128 a 145 CV

La prima versione aveva una potenza di 128 CV a 9250 giri/minuto e una coppia di 10,5 kgm a 7000 giri/minuto all’albero, valori che sarebbero saliti considerevolmente nelle serie successive: nel 2004 la RSV 1000 R Nera prodotta in appena 200 esemplari e con abbondante uso di carbonio, magnesio, titanio e alluminio forgiato arrivò al tetto di 145 CV alla ruota, 6 in più rispetto alla versione “base” contemporanea, e pesava meno di 170 kg contro i 185 del modello standard. Un bel salto, visto che questa prima versione si fermava a 214 kg a secco.

Ciclistica all’avanguardia

All’avanguardia anche la ciclistica, incentrata su un telaio in lega di alluminio a doppio trave inclinato che si dimostrò uno dei migliori della categoria: la RSV 1000 ha sempre avuto fama di una guidabilità eccellente, che continuò ad essere un punto di forza anche quando nell’andar degli anni il motore perse di competitività. Aveva una forcella Öhlins a steli rovesciati di 43 mm Ø e la sospensione posteriore a leveraggi con il forcellone in alluminio, soluzione cara all’Aprilia che l’aveva impiegata anche sulla RS 125. Freni Brembo naturalmente, davanti due dischi di 320 mm Ø e dietro uno di 220 mm Ø, con ruote in lega di 17” e pneumatici rispettivamente 120/70 e 190/50.

Moto nata bene

I giudizi della stampa furono molto buoni ma era necessario costruire una credibilità motociclistica, per la quale venne presa la decisione di correre nel mondiale Superbike. È per questo motivo che nel 1999 venne lanciata la RSV 1000 SP, soli 150 esemplari necessari per ottenere l’omologazione per il campionato. Le differenze erano parecchie, addirittura l’alesaggio era stato portato a 100 mm e la corsa a 63,4 mm ottenendo una cilindrata effettiva di 995,8 cm³, c’erano corpi farfallati più grossi e l’airbox in fibra di carbonio, erano diversi gli alberi a camme e lo era pure la struttura del telaio, modificato nella rigidità torsionale (aumentata del 20%), negli attacchi motore e nel forcellone, per consentire lo spostamento del baricentro e l’allungamento del passo. In Superbike la RSV 1000 corse dal 1999 al 2002, a volte fu protagonista ma non riuscì mai a svettare come era nelle aspettative. Il miglior risultato fu il terzo posto in campionato conquistato da Troy Corser nel 2000. Nel 2002 ottiene il quarto posto con Noriyuki Haga e in molti pensano che il 2003 avrebbe potuto essere l'anno della consacrazione, ma Aprilia decide di puntare tutto sullo nuova classe MotoGP ma RS Cube è un progetto sfortunato e l'impegno in SBK finisce.

Evoluzione continua

Significativi i cambiamenti della versione di serie nel corso degli anni. La seconda serie del 2000 aveva già le sovrastrutture ridisegnate, il serbatoio in nylon e non più in metallo, il motore era posizionato più in alto nel telaio e il perno forcellone più in basso, i freni restarono Brembo ma si passò alla Serie Oro con pinze Triple Bridge, e la potenza venne leggermente incrementata.

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Con la seconda serie la RSV 1000 cambia nome (non più Mille) e anche faccia

Con la terza serie il telaio è nuovo

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Un altro grosso passo nel 2003 con la terza serie che vide la potenza salire a 138,7 CV (102 kW), l’adozione dei comandi freno e frizione con pompa radiale, una nuova carenatura e sul modello Factory anche i cerchi in alluminio forgiato, sospensioni Öhlins davanti e dietro e particolari in carbonio. Nuovo il telaio, con il baricentro più basso e il forcellone sagomato per consentire un migliore il passaggio del doppio scarico. Ridisegnate nuovamente le sovrastrutture e i fari passarono da uno a due, mentre per quanto riguarda il motore si passò ad una accensione con candela unica, vennero adottate valvole di scarico di maggiore diametro e nuovi alberi a camme, oltre ad impiegare la lega di magnesio per carter frizione e coperchi punterie, da cui il motore prese il nome di Magnesium.

Quarta e ultima serie nel 2006

Nel 2006 la quarta serie con valvole di aspirazione più grandi che portarono la potenza a 143 CV (105 kW), venne frazionata la carenatura per facilitarne lo smontaggio e il codone divenne più snello e più slanciato verso l’alto, ma oramai la gloriosa RSV 1000 era alla fine della corsa: nel settembre 2008 venne presentata la RSV4, che l’anno dopo sarebbe arrivata dai concessionari mandandola in pensione.

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Però resta da vedere cosa si nasconda dietro quella registrazione del marchio RSV 1000 cui si accennava all’inizio: a volte ritornano. Bisognerà vedere sotto che forma.

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