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Le 5 idee geniali che hanno reso unica la Vespa

Grazie alle intuizioni dell'ingegner Corradino D’Ascanio lo scooter di Pontedera ha conquistato il mondo
 

Quella che portò alla nascita della Vespa è una storia lunga e complicata, cominciata a Pontedera sul finire della guerra. Protagonista il genio dell'ingegner Corradino D’Ascanio che riuscì a coniugare la necessità di convertire la produzione Piaggio da bellica a civile ed il bisogno di nuovi mezzi di trasporto che fossero semplici ed economici. 

Necessità che cambiano

Nell’ultimo e tormentato periodo di guerra, alla Piaggio si presentò il problema, alquanto complesso, della trasformazione degli stabilimenti che producevano motori, eliche e aeroplani per l’aeronautica militare, per adattarli ad un‘economia di pace. La “soluzione” pareva scontata: l’enorme carenza dei mezzi di trasporto, la totale disorganizzazione delle linee ferroviarie e di tutti gli altri mezzi collettivi di locomozione, nonché il bisogno sempre crescente di riallacciare le comunicazioni e di riprendere più rapidi contatti al fine di favorire la ripresa del lavoro, palesarono infatti la necessità, da parte di un gran numero di persone, di poter disporre di un veicolo veramente “utilitario”, d’impiego pratico, di minimo consumo e, non meno importante, di costo limitato. 

Un mezzo “veramente utilitario”

Avvenuta la liberazione del Nord, Corradino D’Ascanio si recò dalla Toscana, dove era rimasto durante l’avanzata alleata, a Biella, e fu subito incaricato dal Dottor Enrico Piaggio di iniziare lo studio e il progetto di una moto “veramente utilitaria”. 

D’Ascanio era un progettista aeronautica, non aveva mai approfondito la meccanica motociclistica, per lo meno mai da un punto di vista puramente costruttivo. Probabilmente proprio il fatto di non essere un vero motociclista gli permise di inventare soluzioni mai viste prima sulle due ruote. Infatti aveva osservato nelle moto quei difetti di praticità e d’impiego che l’avevano per forza di cose sempre tenuta un poco lontana dalla massa che pure desiderava un veicolo del genere. 

Nuove prospettive

Staccato dalla tradizione tecnica motociclistica dell’epoca, D’Ascanio poté considerare il problema con mentalità del tutto nuova e concepire un mezzo di locomozione seguendo nuovi e più intuitivi criteri. Uno su tutti dare una moto a chi non era mai stato un motociclista. Cosa che da sola evidenzia il carattere distintivo della Vespa, non va dimenticato che, nell’idearla, D’Ascanio aveva preso a mo di esempio, o come base di partenza, non tanto le moto quanto le automobili,  a ragione considerate più comode, più confortevoli e più “razionali”. 

Le foratura non sono un problema

Ricordando ad esempio le numerose occasioni in cui, ai margini della strada, aveva visto motociclisti alle prese con la riparazione della camera d’aria smontata dal cerchione, D’Ascanio pensò, come prima cosa, che una foratura non dovesse in alcun modo costituire, per il motociclista, un problema da meccanico, come non lo era già a quei tempi per un automobilista. Ecco quindi che la Vespa nacque con sospensioni monobraccio (quella anteriore ispirata ai carrelli degli aerei) che rendevano facile smontare la ruota per sostituirla con quella di scorta montata nel retroscudo. 

In sella senza fatica

Il fatto che la nuova moto dovesse servire per un impiego utilitario e di vasta accessibilità gli impose di risolvere il problema di come inforcare comodamente il mezzo: perché starsene scomodi a cavalcioni su di un telaio che costringe ad alzare la gamba per montare in sella? La soluzione era un telaio aperto come quello delle biciclette delle donne che permettesse di muoversi agevolmente anche indossando un cappotto liungo.

Posizione di guida come quella delle auto

Per ingegnere poi la posizione di guida doveva essere comoda e rilassata, come quella che si assumeva sui sedili di un'automobile, ecco quindi spiegato l'ampio spazio per le gambe e la posizione di guida eretta "da Vespa" con una morbida e larga sella per il pilota...

Le mani sempre sul manubrio

Un altro problema da risolvere era quello di facilitare al massimo la manovrabilità della moto, specie tenendo conto del suo impiego nel traffico cittadino. Molte delle moto che circolavano nel primo dopoguerra erano residuati bellici lasciati dagli alleati e riconvertite all'uso civile, questi modelli, in particolare americani, avevano il cambio a leva come sulle automobili... Per D'Ascanio era un grave impaccio, perché il pilota doveva sempre avere le mani sul manubrio. Ecco quindi nascere il classico comando del cambio a manopola della Vespa. 

Motore lontano dal pilota

I motori dell’epoca trasudavano olio e benzina che andavano a sporcare i vestiti dei motociclisti,una vera scocciatura e per questo per D'ascanio non solo il motore doveva essere il più lontano possibile dal pilota, ma anche coperto da un guscio protettivo. Fu da quest’idea che nacque la trasmissione senza catena, con il cambio in linea e compreso nel gruppo ruota-motore posteriore. 

Le idee aeronautiche

Se l’automobile fu presa da Corradino come esempio di praticità ed utilità, le conoscenze maturate nel settore aeronautico (quello in foto è il prototipo del pd3 ideato da D'Ascanio) furono altrettanto indispensabili per lo sviluppo della nuova Vespa. Esempi ne sono il supporto monotubo per la ruota anteriore che, sostituendo la tradizionale forcella, permetteva di fatto una più rapida sostituzione della ruota, nonchè, in base alle legge dell’aviazione secondo cui la leggerezza non deve mai pregiudicare la robustezza l’utilizzo di una carrozzeria - o scocca portante - in lamiera al posto del telaio a tubi. E così, non senza difficoltà - considerato che si doveva iniziare a produrre con un’impostazione del tutto nuova e antitradizionalista - nell’aprile 1946, i primi esemplari della Vespa di serie uscivano dagli stabilimenti della sede di Pontedera che, già completamente distrutti, tornavano a nuova vita. 

Corradino D’Ascanio

Corradino D’Ascanio nasce nel 1891 a Popoli, Pescara. Studia al Liceo F. Galliani di Chieti e si laurea in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Torino nel 1914. 
Si trasferisce negli Stati Uniti nel 1918, in qualità di segretario tecnico di Ernesto Pomilio, amministratore delegato della Pomilio Browers Corporation.  Collabora, inoltre, con il progettista Ugo Veniero D’Annunzio, figlio di Gabriele, al Technical Buro of Costruction della Caproni Aerroplanes di Detroit. Rientra in Italia nel 1919 ed apre uno studio a Popoli. Del 1929 arriva il brevetto dell’elicottero a stabilità automatica e comandata. Nel 1930 il D’At3 conquista tre primati internazionali: durata con ritorno senza scalo; distanza in linea retta senza scalo; altezza sul punto di partenza. 
Nel 1931 D’Ascanio assume la direzione dell’Ufficio Studi della sezione eliche presso la Piaggio di Pontedera. Dal 1937 al 1961 insegna Disegno e Progetto di Macchine all’Università di Ingegneria di Pisa. Nel 1945 Enrico Piaggio lo incarica del progetto MP6. Al prototipo, costruito nel 1946, verrà dato il nome di Vespa. Nel 1961 D’Ascanio conclude la sua attività con la Piaggio ed inizia a collaborare con l’Agusta.  Muore a Pisa nel 1981.

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