Storie di campioni - Angel Nieto, la leggenda delle "piccole"
Se il nostro Giacomo Agostini è il più vincente di tutti i tempi con 15 titoli iridati, lo spagnolo Angel Nieto lo segue da vicino con 13: una personalità eccezionale oltre che un infinito campione. Ecco la sua storia
Le classi 50 e 125 cm³ sono sempre state definite le ”classi minori” del mondiale Grand Prix eppure hanno incoronato uno dei campioni più grandi, secondo solo a Giacomo Agostini: “Ago” è il più vincente di tutti i tempi con 15 titoli iridati ma Angel Nieto lo segue da vicino: 13, anzi “12 + 1” come affermava lui, essendo estremamente superstizioso. Tutti conquistati nelle due cilindrate più piccole.
Il più grande di Spagna
È stato il più grande campione mai avuto dalla Spagna, un idolo per gli appassionati fra la metà degli anni ‘60 e quella degli anni ‘80, amico personale del re e guardato con rispetto e timore dagli altri piloti. Nieto non si limitava ad andare fortissimo: ai box era un personaggio piacevole e cordiale, mentre in pista era un duro che conosceva tutti i trucchi del mestiere, colpi bassi compresi. E non guardava in faccia a nessuno.
“Angel in pista era davvero un avversario straordinario capace di ogni prodezza e di ogni 'cortesia' – disse di lui Eugenio Lazzarini –. Se non ricambiavi subito con altrettanta brutalità, potevi dire addio alla vittoria!”.
Furbizia per vincere
Ma Angel Nieto non era soltanto un gladiatore: era famoso per la sua furbizia, che in tante occasioni è servita per risolvere un duello a suo favore, in altre per toglierlo dai guai. Come quella volta a Silverstone nel 1984, quando durante il giro di ricognizione si accorse che un semimanubrio della sua Garelli 125 si stava rompendo. Il tempo di sostituirlo sulla linea di partenza non c’era ma lui rovesciò a terra la cassetta degli attrezzi di un meccanico, e mentre questo raccoglieva tutto quanto, gli altri riuscirono a fare la sostituzione.
Apprendista in Ducati Mototrans
Era nato a Zamora il 25 gennaio 1947 e non era nato ricco. Arrivato a Barcellona senza un soldo, era stato assunto come apprendista alla Mototrans, importatore spagnolo della Ducati con cui aveva disputato le prime gare, riuscendo poi a farsi assumere dalla Derbi come meccanico e pilota.
Andava forte il ragazzino, e già nel 1964 conquistò i primi punti iridati con un quinto posto nel Gran Premio di Spagna classe 50; però solo nel 1967 cominciò a disputare l'intero campionato. Nel 1969 le prime due vittorie iridate e il primo titolo. Di lì al 1977 ne vinse altri cinque, cioè tutti tranne quello del 1971: quell’anno era in lotta con Jan de Vries ma fu costretto a ritirarsi nell’ultima gara – fatalità, proprio il Gran Premio di Spagna – lasciando campo libero all’olandese. Si consolò con il suo primo titolo nella 125, vincendo cinque gare; ne vinse altrettante l’anno successivo e conquistò così il secondo titolo iridato nella categoria, sempre in sella alla Derbi.
Con Derbi fino al 1972
Con la Casa di Barcellona aveva debuttato e con essa rimase fino al 1972, dopodiché per due anni la minima cilindrata rimase senza il suo re, dedicatosi alla 125 prima con la poco competitiva Morbidelli e poi di nuovo con la Derbi. Nel 1975 il ritorno alla 50 con la Kreidler, quindi il passaggio alla Bultaco fino al 1977. Fu lì che incontro Jan Thiel, genio dei motori, e astutamente cercò di tenerselo vicino per tutto il resto della sua carriera, stringendo anche una forte amicizia. La Bultaco 125 aveva un rendimento alterno, a volte era veloce ed altre volte no, ed alterni furono i risultati del pilota spagnolo che vinse diverse gare ma accusò anche diversi ritiri finendo secondo nel 1976 e terzo nel 1977.
Il passaggio a Minarelli
Nel 1978 il passaggio alla Minarelli, in squadra con Pierpaolo Bianchi, ma nelle prime sei gare collezionò cinque ritiri e un settimo posto; seguirono due secondi e un’infilata di quattro vittorie, ma Eugenio Lazzarini e la MBA avevano già preso il largo, per cui la corona iridata finì a Pesaro. Nel Gran Premio di Finlandia ci fu anche l’incidente costato una grave frattura della gamba a Bianchi, innescata da un sorpasso di Nieto in una lotta fratricida fra due piloti entrambi capaci di giocare duro. Molto duro.
L’anno dopo – era il 1979 – il riminese lasciò quella squadra e cominciò l’era di Nieto, numero 1 incontrastato prima della Minarelli e poi della Garelli, quando nel 1982 il marchio lombardo acquistò l’intero reparto corse della Casa bolognese. Angel venne affiancato dal giovane emergente Loris Reggiani, ingaggiato come secondo pilota dopo avere vinto il trofeo monomarca Aspes 125. Lo spagnolo era il più forte e il più carismatico, le moto erano di gran lunga le più veloci: uno strapotere che portò alla vittoria di tutte le gare in cui Nieto tagliò il traguardo, 8, tranne un paio di ritiri e uno svogliato 15º posto nell’ultima, a titolo ormai conquistato. Nonostante i successi, a fine stagione l’ing. Jorg Möller, progettista di quei formidabili motori, lasciò la squadra. Al suo posto venne chiamato Thiel ma nel passaggio si perse parecchio tempo, le moto andavano forte ma c’erano alcuni problemi da risolvere e ci furono alti e bassi: quattro vittorie e tre ritiri, più un paio di piazzamenti, valsero solo il terzo posto nella classifica finale.
Che fosse solo un problema di sviluppo lo dimostrano i risultati fino al 1984: 26 vittorie e quattro titoli mondiali in quattro anni, praticamente un monopolio che solo sporadicamente qualcuno era riuscito ad interrompere.
Una spanna sopra tutti
Stagione dopo stagione, Nieto si trovò in squadra anche altri campioni, piloti del calibro di Lazzarini e dell’emergente Fausto Gresini, ma lui restò sempre dì un altro pianeta. Nel 1984 addirittura le vinse tutte fino alla conquista del titolo. Centrato l’obiettivo, saltò la penultima perché non aveva mai amato la Finlandia dove per fare le prove bisognava svegliarsi troppo presto, e nell’ultima ci fu il patatrac. Amava le corse ma gli piaceva anche la bella vita, festeggiare e fare tardi la notte. Già matematicamente campione, nei giorni precedenti la gara del Mugello era andato in ferie a Ibiza, festeggiando a modo suo, e in Italia si presentò deconcentrato. Cadde alla curva dell’Arrabbiata facendosi male a un piede e fu la fine della sua carriera, perché smise di andare forte. L’anno successivo le Garelli 125 vennero affidate al Team Italia e lo spagnolo avrebbe dovuto correre con la Garelli 250 appena costruita, ma la moto aveva dei problemi e lui mancò per tre volte di fila la qualificazione; però nelle stesse occasioni Maurizio Vitali, suo compagno di squadra, riuscì ad andare a punti.
Qualcosa si rompe
Nieto si fermò. Cominciava a non essere più sicuro di se stesso e chiese di provare la 125. Fece un test a Imola con una moto del Team Italia, Thiel barò mostrandogli tempi un secondo e mezzo migliori di quelli reali per dargli fiducia e lui si caricò. Finì la stagione con la Derbi 80 cm³, portò a termine una sola gara ma la vinse. Eppure qualcosa si era rotto e l’anno successivo conquistò solo piazzamenti sia nella 80, nuovamente con la Derbi, sia nella 125 con la Ducados, una MBA modificata dal team Pileri.
Diventa team manager
Fu il suo ultimo anno da pilota, dopodiché rimase nel motomondiale da team manager. Il capolavoro nel 1999: il suo pilota Emilio Alzamora era in lotta per il titolo della 125 ma mancavano ancora quattro gare alla fine; tutti pensarono a un’esagerazione quando dai box dette l’ordine a suo figlio Angel Junior di cedere la posizione al caposquadra facendogli guadagnare la miseria di 1 punto. Ma a fine stagione Alzamora diventò campione del mondo battendo Marco Melandri proprio per 1 solo maledettissimo punto.
Da pilota Nieto fece anche qualche tentativo nella classe 250 e a fine carriera assaggiò pure la 500, senza combinare niente di buono. Il suo regno erano le piccole cilindrate.
È scomparso nella sua Ibiza il 3 agosto 2017, otto giorni dopo essere stato tamponato mentre era alla guida di un quad, a seguito delle ferite riportate. Ma non è scomparso il ricordo di una personalità eccezionale e di un grandissimo campione: a lui è dedicata una delle piste più importanti della Spagna, il “Circuito de Jerez Angel Nieto”.
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