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Quando F1 e MotoGP si incontrano: non sono sempre rose e fiori

La storia racconta di matrimoni ambiziosi ma spesso poco fortunati. Kenny Roberts prima si affidò alla TWR, poi a John Barnard, ma i risultati non arrivarono. Ilmor fece un buco nell'acqua con la sua X3, Forghieri fornì a BMW una moto promettente, ma che non corse mai. La collaborazione funziona quando la F1 ci mette esperienza e tecnologia, ma il progetto rimane in mano ai tecnici MotoGP

L'industria automobilistica è spesso stata avanti rispetto alle due ruote e anche in ambito sportivo le quattro ruote hanno quasi sempre anticipato i tempi rispetto alle moto. L'ultimo campo di applicazione, molto evidente, è quello che riguarda l'aerodinamica, ma anche in termini di materiali ed elettronica, la Formula 1 ha aperto una strada che poi è stata calcata dagli ingegneri della MotoGP. L'ispirazione o per lo meno una certa forma di influenza sono insomma innegabili, ma quando sono state le case automobilistiche o i tecnici che ci lavoravano a portare capitali e competenze nel paddock del motomondiale, le cose si sono fatte più difficili. Vediamo alcuni esempi.


L'azzardo di King Kenny

Forse sono i ricordi del 1983 - quando un giovane Freddie Spencer era riuscito a batterlo con una leggera e agile Honda a 3 cilindri- a spingere Kenny Roberts verso un progetto un po' folle. A fine 1996 il rapporto del californiano con Yamaha è ormai arrivato ai minimi storici e così King Kenny decide di costruirsi la “sua” moto per la classe 500, rinunciando a un cilindro in favore di vantaggi regolamentari in termini di peso. Roberts fa le cose in grande e porta la scuderia in Inghilterra, a Banbury. La sede viene individuata a due passi dalla TWR di Tom Walkinshaw, che lavora nella famosa Formula One Belt, l'area presidiata dai principali team di F1. Il progetto è sviluppato da Warren Willing per il team Roberts, ma finalizzazione e produzione sono in carico a TWR. La caratteristica fondante del V3 - con due cilindri rivolti verso il basso e uno verso l'alto- vede una coppia di cilindri adiacenti che condividono il basamento, senza cuscinetti di banco tra di loro. Inizialmente non c'è un albero di bilanciamento e le vibrazioni sono esagerate "così forti da fare scoppiare i supporti dei poggiapiedi, schiumare il carburante e il liquido refrigerante, sfregare i cavi, causare guasti ai componenti e in generale sottoporre la moto e i suoi piloti a un test di distruzione costante" spiega l'ingegnere Tom O'Kane.

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La Modenas Mk1 ha così tanti problemi (il massimo che raggiunge come risultati sono degli ottavi posti con J. M. Bayle e Roberts Jr.) che King Kenny prende l'aereo e va a chiedere aiuto ai giapponesi. E i giapponesi rispondono presente con tre figure chiave: il capo della Keihin Carburetors, mister Ito, il direttore della HRC, Yoichi Oguma e Mike Maekawa di Yamaha. La Mk2 non prende forma fino alla seconda metà del 1998, ma quando arriva sulla scena le novità sono sostanziali: il layout è differente, con due cilindri rivolti verso l'alto e uno verso il basso. Finalmente presenta anche un albero di bilanciamento ed è essenzialmente progettata e costruita in Giappone. I risultati però non migliorano di molto.

Con la Mk3, Warren Willing si sposta in Suzuki per supportare Kenny Roberts Jr e il progetto viene affidato a John McGee, che per la fine del 2002 riesce a fornire a Jeremy McWilliams una moto veloce e ben bilanciata, capace di una pole position a Phillip Island e di diversi piazzamenti in top10. Il tempismo però non è dei migliori.


Da 3 a 5 cilindri

Nel frattempo infatti è nata la MotoGP: viste le potenze sviluppate dai nuovi 4 tempi, nel 2002 la casa automobilistica malese Proton - proprietaria di Lotus e finanziatrice del team KR- indirizza la scelta verso un motore moderno e si decide per un 5 cilindri, come ha fatto Honda. Il propulsore però ha un angolo della V di 60°, contro i 75,5° di Honda, l'idea è quella di costruire una moto il più possibile compatta, tanto con un 5 cilindri ci sarà potenza in abbondanza. Come progettista viene ingaggiato niente meno che John Barnard, detto il Mago, che aveva progettato le McLaren e le Ferrari vincenti degli anni '80. Il telaio della Proton è opera sua, ma i risultati sono deludenti: La KR5 sviluppa poca potenza in relazione agli avversari. Il sesto posto di Mc Williams in Francia a inizio 2003 è ottenuto ancora con la vecchia KR3, la nuova moto debutta al Mugello e in campionato non va oltre un undicesimo posto a Phillip Island. Il 2004 è pure peggio: si decide di ridisegnare la testata (perché i cavalli non sono poi tanti) e di allungare la corsa del motore, affidando il compito a Stuart Banks. Lo spazio nel telaio però è poco, la moto scalda molto e sembrano esserci troppe teste a decidere cosa va fatto. Nel 2005, infine, KR lascia da parte il vecchio motore e monta un KTM 4 cilindri, ma la collaborazione con gli austriaci dura poco. Nel 2006 Roberts trova un accordo con Honda e torna al 5 cilindri. Con il motore HRC, la Proton KR211V finalmente vola e Roberts Jr. va addirittura a podio in due occasioni. Purtroppo però il nuovo cambio regolamentare di inizio 2007 obbliga la KR a disegnare un nuovo telaio per il 4 cilindri HRC da 800cc e l'output è così deludente da indurre Roberts a ritirarsi a fine anno.


L'avventura degli X-men

Tra le case di Formula 1 che hanno provato l'avventura in MotoGP, va annoverata anche la Ilmor di Mario Illen e Paul Morgan. Il motorista inglese aveva ottenuto grande successo nelle gare CART e in F1, con la realizzazione dei motori Mercedes dei due titoli mondiali 1998 e 1999 di McLaren. La Ilmor Engineering, a inizio anni Duemila collabora quindi con Honda e viene poi rilevata dalla stessa Mercedes per la costruzione dei motori della Indy.

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Nel 2006 Ilmor si lancia nella progettazione di un motore 800cc per la MotoGP, sfruttando il momento buono dato dal cambio di regolamento che entrerà in vigore dalla stagione successiva. Il propulsore è un V4, dotato di distribuzione a valvole pneumatiche, una soluzione mutuata appunto dalla F1 e sviluppato proprio a Brixworth, reparto Mercedes per i motori ad alte prestazioni. Anche l'elettronica TAG deriva dalla Formula 1, mentre il telaio è sviluppato da Suter (con un progetto molto simile a quello di Kawasaki). La moto debutta nelle ultime due gare dell'anno e conquista 2 punti con Garry McCoy contro le più potenti 990cc, grazie soprattutto ai molti ritiri degli avversari. L'inverno non porta buone notizie: problemi di affidabilità e di elettronica, oltre alla mancanza di fondi, impediscono alla Ilmor di essere competitiva e di proseguire l'avventura oltre la prima gara della stagione in Qatar, nella quale comunque Jeremy McWilliams e Andrew Pitt girano a circa 5” dai migliori tempi.


La BMW di Modena

La Oral Engineering era stata fondata nel 1995 a Modena dall'ex direttore tecnico di Ferrari, Mauro Forghieri e da uno dei suoi ingegneri, Franco Antoniazzi. Cinque anni più tardi BMW commissiona a Oral un motore che ufficialmente non dovrà equipaggiare una MotoGP, ma che comunque avrà cilindrata di 990cc. Luca Cadalora porta avanti alcuni test: il primo è in Francia sul finire del 2001. Dal 3 cilindri emiliano (alesaggio per corsa 97x44,6 mm) si riescono a spremere circa 230 cavalli, l'elettronica è particolarmente sofisticata, il cambio semi-automatico. Dalla Baviera vengono inviati regolarmente ingegneri per valutare i progressi fino a fine 2003. Si continua a lavorare, ma di gareggiare non se ne parla e nel frattempo arriva un cambio di regolamento. A fine 2005, BMW commissiona un nuovo motore su specifiche 800cc e una moto in cui alloggiare il propulsore. La nuova Oral spende ben 33 giorni di test nel 2006 con risultati che vengono considerati incoraggianti, ma a fine anno il responsabile per BMW, Burkhard Göschel, lascia la casa dell'Elica e il progetto purtroppo finisce in soffitta.


Collaborazioni parziali

A parte questi esperimenti poco fortunati – nati da idee anche rivoluzionarie ma poco adattabili all'universo moto- ci sono state collaborazioni “parziali” di maggiore successo. La prima Desmosedici, per esempio, è nata in collaborazione con la Piero Ferrari's High Performance Engineering, una partnership che si dice sia stata particolarmente utile a Ducati per progredire nello studio dei materiali. Sempre sul fronte motoristico, Yamaha ha assoldato pochi anni fa Luca Marmorini – ex Ferrari F1- per rivitalizzare il 4 in linea di Iwata e progettare il nuovo V4. E ancora, il reparto corse di Red Bull da inizio 2023 sta fornendo l'aerodinamica a KTM in MotoGP. È questo un altro settore nel quale i mezzi a disposizione delle scuderie di Formula 1 sono molto più sofisticati rispetto a quelli dei team di MotoGP. 

Alla luce dei risultati, le collaborazioni migliori sembrano perciò essere legate ad ambiti molto specifici. Campi di ricerca nei quali si sfruttano l'esperienza e il livello di sofisticazione del mondo F1, implementati però in progetti tradizionali, guidati da tecnici di formazione motociclistica.

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