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Favola e tragedia della König che con un motore da barca batteva le MV Agusta di Agostini

Oggi quasi nessuno ricorda più la König che negli anni ‘70 scrisse pagine storiche. Tutto merito di Kim Newcombe, un neozelandese pazzo come un pilota e geniale come un ingegnere. Questa è la loro storia

Un motore da motoscafo in testa al Motomondiale della massima categoria, che allora era la 500 cm³, e due volte campione mondiale tra i sidecar. Oggi quasi nessuno ricorda più il König quattro cilindri ma negli anni ‘70 scrisse pagine storiche. Tutto merito di Kim Newcombe, un neozelandese pazzo come un pilota e geniale come un ingegnere, anche se ingegnere non lo era. Ma con quel motore che si era sviluppato da solo, in rettilineo riusciva a superare la MV Agusta di Agostini, la moto che nelle gare della mezzo litro faceva il bello e il cattivo tempo.

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Newcombe orgogliosamente in sella alla moto che aveva sviluppata

Tutto inizia all’altro mondo

È una storia che comincia dall'altro capo del mondo, ad Auckland, passa per l’Australia e arriva poi in Europa. Newcombe correva in fuoristrada, lui e la moglie Janeen si spostarono nella terra dei canguri un po’ per stare vicini alla madre di lei, e un po’ per seguire la passione di Kim. A Melbourne lavorava come meccanico per motori marini e lì scoprì il König 500, un boxer due tempi a quattro cilindri di 494 cm³ con una potenza impressionante, che raccoglieva successi nelle gare di fuoribordo. Nel 1968 Kim ebbe l’occasione di conoscere Dieter König, il papà della “creatura”, e fu un incontro fortunato perché venne assunto presso la sua fabbrica in Germania, nel reparto esperienze. Lui e la moglie si trasferirono a Berlino. 

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Ecco la fabbrica della König a Berlino

Motori da barca, ma c’era una prototipo abbandonato

La König produceva motori marini del 1928 ma in azienda c’era anche un prototipo di motocicletta costruito da un pilota tedesco di nome Wolff Braun, che però aveva dovuto abbandonare l’impresa a causa di un incidente. Il motore König era montato su un telaio monotrave in acciaio lunghissimo, perché il boxer non era posizionato con i cilindri posti trasversalmente come i classici BMW, ma longitudinalmente. E siccome i motori marini azionavano l’albero direttamente, cioè senza una trasmissione primaria e un cambio di velocità, era stato necessario aggiungerne uno derivato da un cambio Norton, a sei marce, collegato con una trasmissione primaria a catena sul lato sinistro del motore.

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Il motore König era nato per le barche, eccolo qui con la trasmissione a elica

Come si raffredda?

Non era l’unico problema: nel motore fuoribordo l’acqua per il raffreddamento veniva presa dalla superficie del lago o del mare su cui il motoscafo si muoveva e dunque la temperatura del refrigerante era sempre bassa, ma in una moto il liquido gira all’interno di un circuito chiuso e viene refrigerato attraverso un radiatore; devono essere calcolati adeguatamente anche i passaggi del refrigerante all’interno dei cilindri, e non bisogna dimenticare che se le temperature vanno troppo su si surriscalda anche la miscela aria/benzina introdotta nel carter, penalizzando la potenza. Per raffreddare la zona del carter pompa Newcombe aggiunse una sorta di coppa in magnesio raffreddata a liquido, imbullonata alla parte inferiore del basamento

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Ecco il motore con i 4 cilindri disposti longitudinalmente

I carburatori da una motoslitta

Dulcis in fundo, il motore König aveva l’alimentazione controllata da un disco rotante imposizione orizzontale, uno solo per quattro cilindri, e per comandarlo veniva impiegata una cinghia dentata che faceva un angolo di 90°; per di più con questa architettura i carburatori dovevano lavorare in verticale mentre quelli da moto normalmente lo facevano in orizzontale per cui fu necessario impiegare i Tillotson americani, usati su qualche Harley-Davidson e sulle motoslitte ma non nelle corse stradali, con tutti i problemi di messa a punto che ne seguivano. 

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Ecco in evidenza la valvola rotante che gestiva l'alimentazione

CV in abbondanza

Con tutti quei pasticci il motore era piuttosto brutto da vedere, però al banco prova dava 68 CV che a quel tempo – correva l’anno 1969 – era una potenza impressionante; nel 1970 arrivò a 75 CV, che negli anni successivi sarebbero diventati addirittura 80. Newcombe, incaricato di sviluppare la moto, sapeva il fatto suo.

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Ecco la famiglia Newcombe al gran completo durante un GP

Il debutto è difficile

Nel 1971 la König decise di schierarla nel campionato del mondo e per guidare il mostro venne scelto John Dodds, un inglese tra i migliori privati in circolazione. Meccanico in pista naturalmente Newcombe.  L’operazione però non dette i risultati sperati perché la moto era fragilissima, grippava e rompeva cambi. Per di più con quella ciclistica era inguidabile. Di sei gare Dodds ne finì una sola, al 10º posto. Non stupisce che non abbia voluto proseguire l’avventura. 

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Con Newcombe alla guida le cose cambiano

Fu la fortuna di Newcombe. Pilota di fuoristrada, passò all’asfalto per portare in gara la sua creatura che nel frattempo aveva ricevuto un nuovo telaio sempre lungo ma molto più basso, ed era stata modificata nel motore. Newcombe conquistò il primo successo sulla pista di Avus, a Berlino, continuando poi a raccogliere soddisfazioni nelle gare nazionali. È così che si guadagnò la licenza internazionale e l’anno dopo, il 1972, prese parte al Mondiale. Con lui la moglie, il figlioletto Mark e un vecchio amico australiano, Rod Tingate, che divenne il suo meccanico personale. Trasferimenti in furgone e vita in tenda, gli alberghi erano roba da ricchi. La König gli dava un aiuto minimo e il neozelandese doveva accontentarsi di piccoli sponsor e un budget limitatissimo. Ma anche in quella situazione da zingari, peraltro comune a tutto il Continental Circus, si fece valere: terzo alla prima gara, nella Germania Ovest, e fu terzo anche nel GP della Germania Est, conquistò punti in Francia (10º) e Svezia (5º), e nonostante tre ritiri concluse la stagione al 10º posto. Niente male per un debuttante.

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Newcombe con il figlio mark e Giacomo Agostini

Ci sono anche i sidecar

Nel frattempo i motori König cominciavano a venire usati anche nei sidecar, che allora correvano insieme al Motomondiale. Imperavano ancora i BMW quattro tempi bicilindrici, ma i quattro cilindri due tempi comparvero sui tre ruote di Steinhausen-Kapp e Boret-Boret.

Suscitavano interesse quei motori, la König produsse una piccola serie di motociclette per i privati della classe 500 e la BMW costruì due prototipi stradali con motore König, montato però trasversalmente e non longitudinalmente come sulla moto da Gran Premio. Uno era un 350 cm³ sportivo, l’altro un 500 cm³ da turismo, entrambi su un telaio derivato da quello del modello R 90/6. Un esperimento che però non ebbe seguito.

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La moto era lunghissima, ma anche molto potente

Nel 1973 davanti ad Agostini

Arrivò il 1973, per Newcombe l’anno della gloria e della tragedia. La König adesso andava forte davvero e il neozelandese, che sul casco inalberava orgogliosamente un kiwi, simbolo della sua terra, cominciò con un quinto posto in Francia seguito da un terzo in Austria, non arrivò al traguardo nella Germania Ovest ma in Jugoslavia vinse e balzò in testa al campionato della massima cilindrata. Un novellino davanti a mostri sacri come Phil Read e Giacomo Agostini. Salì sul podio altre due volte, secondo in Olanda e terzo in Svezia, in Belgio e in Finlandia fu quarto e si ritirò in Cecoslovacchia. Concluse il Mondiale al secondo posto, ed era soltanto al suo secondo anno nella serie iridata. Addirittura davanti a sua maestà Giacomo Agostini. 

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Ecco il complicato sistema di raffreddamento messo a punto da Newcombe

Dopo i successi la tragedia

A quei tempi si correvano anche molte gare internazionali ed erano una buona fonte di guadagno per i piloti, che venivano ingaggiati dagli organizzatori. A fine stagione Kim venne chiamato per una gara a Silverstone, Regno Unito, aperta alle moto fino a 750 cm³. Era una categoria che stava prendendo piede, la Yamaha stava preparando una 700 cm³ quattro cilindri in vista dell’anno successivo, e per l’occasione la König preparò una versione di 680 cm³ della sua moto da Gran Premio. Vuole la leggenda che Newcombe dopo le prove avesse protestato per la mancanza di spazio di fuga all’esterno della curva Stowe, chiedendo che venissero messe almeno alcune di balle di paglia a protezione, e che non fosse stato accontentato perché era a contratto. Vero o falso, in gara, dopo sei giri al comando, uscì di pista e andò a sbattere proprio contro il muro all’esterno di quella curva. Era l’11 agosto 1973, fu trasportato immediatamente all’ospedale ma non riprese mai conoscenza e il 14 agosto venne dichiarata la morte cerebrale. La moglie Janeen consentì che venisse staccato dalle macchine che lo tenevano in vita. Kim aveva 29 anni e un grande futuro davanti. Dieter König non si sentì di proseguire con le corse e l’avventura della sua 500 4 cilindri finì lì, ma i suoi motori imperavano nel mondiale sidecar e vinsero il titolo nel 1975 e 1976 con Steinhausen - Huber. Il pilota tedesco Hans Wassermann tentò addirittura di montarne uno su una moto da speedway ma l’esperimento non ebbe successo: nello speedway si corre senza freni, guidare il mostro in quelle condizioni non era questione di coraggio, ma di follia.

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Una BMW boxer a due tempi? Eccola col motore König

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