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Collaudatori, che gente... il Guaro: "La Desmosedici piegava le pedane e ustionava le braccia"

Vittoriano Guareschi ricorda le esperienze "terribili" con la Desmosedici e fa un confronto con il presente: "Ai miei tempi non c'era l'elettronica, ora si lavora di fino. Stoner? Gli ho visto fare cose irripetibili"

La professione del collaudatore è antica quanto quella del pilota. Sicuramente è meno celebrata, anche se le eccezioni non sono mancate. Il nome di Marcellino Lucchi per esempio diventò famoso a fine anni '90, quando con l'Aprilia 250 riuscì a vincere un memorabile gran premio d'Italia davanti a Valentino Rossi. Michele Pirro è un altro tester tra i più famosi, anche in virtù dei tanti campionati italiani conquistati come pilota e della sua capacità di passare dalle MotoGP alle superbike senza perdere mai competitività al massimo livello. Vittoriano Guareschi è stato due volte vicecampione mondiale nella supersport (nel 1997 perse il titolo su Paolo Casoli per un solo punto) e per una quindicina di anni ha fatto il tester, portando al debutto moto leggendarie come la Desmosedici GP. Oggi il mestiere è molto diverso, come lui stesso ci ha confermato.

Vittoriano Guareschi a destra insieme a Capirossi e all'ing Prezioni padre della Desmosedici


Le prime MotoGP

“Il lavoro del collaudatore è cambiato così tanto che è quasi un altro lavoro. Vent'anni fa era pionieristico. Il compito del tester era quello di verificare se la moto stava dritta, se perdeva olio. Le prime MotoGP avevano una potenza specifica mai vista. Honda era pronta, ma per tutti gli altri, anche Aprilia che aveva fatto una moto con un motore derivato dalla F1, la preoccupazione principale era legata i materiali e a come mettere insieme tutta quella potenza su una moto, che non aveva elettronica. Mi ricordo che la prima Ducati era qualcosa di incredibile. La GP2 non stava con la ruota davanti a terra fino alla quarta marcia, a 320 all'ora si deformava la ruota per effetto della forza centrifuga. Quelle moto le facevano provare al tester per non uccidere il pilota [ride, ndr]”.

La Desmosedici GP2 era un toro "impazzito"...


La prima Desmosedici

I ricordi sulla prima Ducati da gran premio per Vittoriano sono comunque positivi. “La moto era nata sotto una buona stella. Il punto è che c'era tanta attesa, le aspettative erano molto alte. Mi ricordo che la prima volta dovevamo andare a Vallelunga a girare, ma un giornalista mi aveva chiamato già prima, dicendomi che era venuto a conoscenza del fatto che era stato programmato il test. Così, alla fine si decise di andare a Clermont-Ferrand, da Michelin, per evitare troppi sguardi”. L'impianto del costruttore francese è molto particolare, con diverse piste che si intersecano, la possibilità di provare in diverse configurazioni. “D'altronde a noi in quel frangente interessava capire se la moto stava insieme e da quel punto di vista funzionava. Ma all'inizio la GP2 metteva paura: il telaio fletteva, flettevano persino le pedane. Usciva una quantità di aria ustionante sulle braccia, il radiatore non sfogava. Venne fatto un grande lavoro in galleria del vento per studiare i flussi, per capire come togliere l'aria calda”.


Il grande Loris

Guareschi elogia quanto fatto da Capirossi con la prima Desmosedici, che il neo-acquisto Ducati riuscì a portare al successo già nell'anno del debutto. Era il 2003 e vinse il gran premio di Catalogna al Montmelò: era la sesta gara della stagione. “Il primo anno Loris compì un vero e proprio miracolo. Per quella moto serviva un leone e lui la guidò da vero leone, anche passando sopra tanti problemi, era l'unico modo possibile e lui da quel punto di vista aveva una marcia in più rispetto agli altri”. In Ducati, Capirex vinse 7 gran premi, e visse a cavallo di due ere: prima e dopo l'avvento dell'elettronica; inoltre corse sia con il mille che con l'ottocento.

Nel 2003 Capirossi riesca a portare alla vittoria la Desmosedici

L'avvento dell'elettronica

Guareschi nel corso della sua carriera di collaudatore ha percorso circa 100mila chilometri, era una epoca in cui non c'erano tutte le limitazioni di oggi. “A una media di 15-20 mila l'anno. Si girava tanto, anche se principalmente su un paio di piste. Ducati aveva scelto il Mugello per l'estate e Jerez de la Frontera per l'inverno, che poi erano le stesse piste di Aprilia. Era utile girare insieme, avevamo un riscontro. Nel 2004 e soprattutto nel 2005 arrivò l'elettronica, la gestione del motore iniziò a passare di lì. Ma era un mondo tutto nuovo. Eravamo abituati a fare tutto con la manopola del gas. E all'inizio non c'era freno motore regolato dall'elettronica, c'era solo l'antisaltellamento”. La differenza con il presente è disarmante, non solo comparando tra di loro le moto sportive. “L'anno scorso sono andato a un track day Aprilia, c'era Massimo Rivola, gli ho chiesto di farmi girare un po'. Alla fine ho preso la Tuono, che non è estrema, ma mi sono trovato su una moto che si guida quasi da sola. La sua elettronica è dieci volte più avanzata rispetto alle MotoGP del 2011. Non parlo delle prime, ma di moto che hanno dodici-tredici anni. Non senti interventi, non percepisci tagli di potenza, l'erogazione è lineare. Il cornering abs è qualcosa di incredibile”.


Un cambio epocale

Ovviamente sarebbe sciocco provare a cercare di capire se i piloti di oggi sono più o meno forti di quelli di un tempo. Sicuramente le moto si guidano in maniera diversa. “Immagino un pilota di adesso alle prese con una MotoGP dell'epoca. O è molto cauto o al secondo giro è in ortopedia. Poi, chi è forte è forte con ogni moto. Diciamo che una volta eri bravo se riuscivi a passare sopra i problemi, oggi probabilmente lo sei se metti a frutto la sensibilità che hai in sella, se riesci a comunicare ai tecnici le tue sensazioni, di modo che riescano a settare la moto di conseguenza, anche a livello elettronico. C'è meno spazio per il pilota ignorante".


I più grandi talenti

Detto di Capirossi, che sapeva guidare una moto davvero difficile, il premio per il pilota più talentuoso va a Stoner, che senza mezzi termini Guareschi definisce “allucinante. L'elettronica? Ci pensava lui, faceva cose fuori dal mondo, si inventava aiuti che non c'erano. Gli ho visto fare la Casanova-Savelli in seconda a 17mila giri, per portare il motore volutamente fuori coppia, oppure girare alla Bucine con 35 bar di pressione sulla gomma posteriore per essere in grado di gestire la botta del motore. Non gli serviva l'antispin, se lo faceva da sé. E faceva tutto con naturalezza. Lo dicevano anche a me: prova a girare come lui, ma io con il cavolo che mi ci mettevo. Il punto è che quello che riusciva a fare lui funzionava solo per lui perché era un pilota unico. E guidava una moto che era complicatissima da portare al limite”.

Stoner a sinistra era capace di cose incredibili con la Desmosedici. A destra il compianto Nicky Hayden

Il futuro della MotoGP

“L'occhio” di un pilota che ha fatto il collaudatore e il preparatore come Guareschi è utile anche per farsi un'idea su cosa succederà nel futuro, con i nuovi regolamenti. “Credo che con l'avvento dei motori 850 tutti andranno a cercare la potenza. Quando la MotoGP passò da 1000 a 800 cc, la maggior parte dei costruttori pensavano che l'importante sarebbe stato avere una moto gestibile. Tutti a parte Ducati, dove decisero di fare cavalli. Insieme a tanti altri elementi, quella scelta permise di essere competitivi. Con le 850 credo che si andrà di nuovo a cercare potenza”. Sarà la pietra tombale sul motore 4 in linea? “Il 4 in linea ha il problema che è difficile da raffreddare, perché c'è meno spazio tra i cilindri e quindi è un motore che deve mangiare più aria e ai livelli a cui siamo il problema non scomparirà. Con questo regolamento non so cosa ci si potrà inventare, forse si potrà provare a chiudere un po' la V per rendere il motore più compatto, vedremo”.

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