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MotoGP Aragon 2013, spagnoli davanti a tutti

Ad Aragon gli spagnoli hanno messo in riga tutti gli altri piloti,  confermando che la loro scuola al momento è la migliore. Sono ormai lontani i tempi in cui Rossi, Capirossi e Biaggi monopolizzavano i gradini del podio...
Niente da fare, gli spagnoli continuano a conquistare traguardi e portare a casa ricchi bottini. Anche oggi, ad Aragon, con le qualifiche del Gran Premio numero quattordici di questa stagione, a quattro gare dal termine del campionato, gli iberici hanno dato dimostrazione di quello che sono in grado di fare, dominando senza riserve le qualifiche di tutte e tre le classi.
Stiamo assistendo ad una gara del Campionato Nazionale qui in Aragona? Potrebbe sembrare, ma invece si tratta del mondiale.
La Spagna sta vivendo un momento di grandi soddisfazioni sportive, raccogliendo risultati in molti campi, ma la loro supremazia è davvero totale. Infatti, in ogni classe, il podio è una questione tra gli iberici, che ormai si divertono a darsi del filo da torcere a vicenda, beffandosi degli avversari, che non possono far altro che guardare, alle spalle.
Risultati che non arrivano a caso, ma che sono una chiara testimonianza ed un risultato conseguente del grande lavoro che c’è dietro a questa realtà.
È innegabile, la Spagna ha un valore aggiunto.
La presenza degli iberici è infatti forte non solo nella classe minore, la Moto3, dove hanno la meglio su tutti sin dalle prime prove del venerdì, arrivando sino alla gara della domenica. Anche nella classe intermedia, la Moto2, e la classe regina, la MotoGP, a dettare legge sono sempre e solo loro. Nonostante Valentino Rossi rimanga il personaggio simbolo nell’attuale mondo delle due ruote, la MotoGP è ormai una questione tra nuovi big: Jorge Lorenzo, Dani Pedrosa e Marc Marquez. Di quest’ultimo in particolar modo, sì perché il rookie dell’anno, arrivato dalla Moto2 con in tasca il titolo mondiale e tanta voglia di imparare, ora si trova invece in cattedra, al comando della classifica, e non sembra proprio voler mollare la presa. Anche oggi, infatti, il giovane pilota di Cervera, ha registrato il miglior tempo, mettendo dietro i “veterani”. Talento speciale? Ragazzo prodigio? Capolavoro spagnolo? La conclusione è sempre una sola: lui è davanti.
Passato, presente e futuro: dietro a tutto questo c’è un lavoro che evidentemente ha dato, sta dando e continuerà a dare i suoi frutti. Le cose sono due: o gli spagnoli sono troppo bravi in quello che fanno e hanno eseguito un lavoro da certosini, o evidentemente c’è qualcosa che non va con tutte le altre nazioni. In particolare in Italia, dove si vanta una lunga storia di grandi successi nel motociclismo, i piloti faticano ad emergere e non sembra venir a galla nessun talento. I tempi di Valentino, Biaggi, Capirossi, Cadalora sono ormai andati, e c’è bisogno di un cambio generazionale che sembrerebbe proprio non arrivare.
Intanto la Spagna ci fa le scarpe, e ne sono coscienti in prima persona i protagonisti stessi di questo campionato. “Dal punto di vista competitivo questo non è propriamente un bene, perché si tratta di un panorama mondiale e non nazionale” – il primo commento di Marc Marquez – “Ma da un punto di vista personale sono contento che la mia nazione stia conquistando così buoni risultati. Quello che stiamo raccogliendo adesso è il frutto di un buon lavoro che viene effettuato dal basso. Ci sono molti giovani che possono diventare dei campioni: bisogna guardare nei campionati minori, scoprire questi talenti ed aiutarli ad emergere. Dani Pedrosa, che ha iniziato a correre nel Motomondiale con un Team Junior supportato da un grande sponsor, Movistar, e la Federazione Spagnola, parla invece di un cambio generazionale: “La Federazione Motociclistica Spagnola e quella Catalana hanno fatto davvero un buon lavoro e stanno continuando tutt’ora con un impegno sempre maggiore. Lavorano intensamente nei campionati minori, utilizzando molti circuiti in tutta la Spagna. Vengono investite molte energie e il sistema è neutro: non è una questione di budget, di team e di soldi. I piloti corrono tutti con le stesse moto e quindi chi emerge lo fa per meriti reali, per il vero talento; non per quanti soldi vengono investono. Così da cento ragazzi ne emergono una decina, e su quelli si investe per dargli la possibilità di diventare campioni”.
Ma quella attuale non è affatto una situazione nuova. Il campanello d’allarme per l’Italia era già suonato anni fa, ma forse nessuno di noi voleva sentirlo.
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