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Esclusiva - Cerutti: "L'Africa Eco Race? Ce le siamo date di santa ragione!"

Il vincitore del rally africano ha saputo attaccare quando era il momento, ma si è anche saputo difendere dalla pressione di Botturi e Tarres, i due piloti Yamaha, con i quali ha duellato per tutta la gara. Merito anche della moto, al suo debutto in terra africana:  "Aprilia ha fatto un lavoro incredibile con il team di Guareschi, in meno di un anno abbiamo sviluppato la Tuareg"

Jacopo Cerutti è entrato nella storia dei rally: senza volere esagerare (l'Africa Eco Race non è la Parigi-Dakar dei tempi d'oro), resta il fatto che un pilota italiano su una moto italiana non si aggiudicava un grande rally africano dal 1994, ovvero da quando Edi Orioli aveva fatto sua la Parigi-Dakar-Parigi in sella alla mitica Cagiva Elefant. Il mondo nel frattempo è cambiato, ma di nuovo c'è un bicilindrico italiano davanti a tutti sul podio del lago Rosa. Per Cerutti, che ha già vinto nell'italiano motorally e che anche alla Dakar ha fatto vedere le proprie qualità, è un po' la chiusura di un cerchio.

Jacopo, in qualche modo avete riscritto la storia...

È un risultato incredibile e fatico a crederci. È tutto bellissimo, perché se pensiamo che in meno di un anno Aprilia è riuscita a fare questa moto partendo praticamente da zero, direi che questa vittoria ha qualcosa di incredibile. Bisogna ringraziare i fratelli Guareschi, Massimo Rivola e tutta Aprilia per averci creduto e per avere fatto le cose bene. E poi ovviamente voglio ringraziare tutta la mia famiglia, tutti quelli che mi sono stati vicini e che ci hanno creduto.

La gara è stata tirata fino alla fine.

Ancora alla penultima tappa ho rischiato di mandare tutto a monte. A inizio speciale abbiamo girato alla ricerca di un way point, abbiamo perso un sacco di tempo. Mi sono detto: ecco che va tutto a farsi benedire proprio adesso, ma poi in realtà ero in difficoltà come gli altri, ho fatto il resto della tappa con Botturi e le cose sono finite bene.

C'è stato un momento nel quale hai capito che la gara stava venendo dalla tua parte?

In realtà no, o meglio, ci ho pensato in una delle prime tappe, ma cinquanta metri dopo che ho fatto questo pensiero mi sono piantato nella sabbia molle con il muso e ho capottato. Mi sono detto che era meglio evitare di pensare a qualsiasi cosa e cercare solo di portare a casa il risultato giorno per giorno. Ed è vero, questa gara la puoi vincere solo così.

I tuoi avversari ti hanno reso la vita difficile?

Abbiamo tirato dall'inizio alla fine, abbiamo sempre tenuto un gran ritmo e loro tra l'altro erano in due. Sia Botturi che Tarres non si sono risparmiati e per me non è stato semplice gestire la cosa, perché dovevo fare gara su entrambi. Ce le siamo date di santa ragione, ma sempre con lo spirito giusto. A fine tappa, non appena spegnevamo il motore, ci abbracciavamo, ci facevamo i complimenti, ci confrontavamo. È qualcosa che va al di là dello sport ed è bello così. Bisogna ringraziare anche loro, perché se è venuta fuori una bella gara, c'è tanto merito anche negli avversari.

La Tuareg ha superato l'esame?

A pieni voti. Abbiamo lavorato molto su questa moto e anche nell'italiano motorally abbiamo visto dei grandi risultati. Ma questa era una competizione tutta diversa, per il chilometraggio, per tutto. Per la moto è stato un grande banco di prova, ma non ho mai avuto problemi. Il motore è buono e anche la ciclistica. È una moto “facile” in un certo senso, anche se ovviamente non è stato uno scherzo fare una gara come questa.

 

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