Imola, il piccolo Nürburgring di Enzo Ferrari
Voluto fortemente dal padre del Dottor Costa, il circuito di Imola è stato realizzato a tempo di record. Le moto vi corrono da sessant'anni esatti, le Superbike dal 2001: sono le eredi spirituali di competizioni quali la Coppa Shell e la 200 Miglia, che è stata in grado di richiamare 140.000 spettatori nel 1976. Qui, nel 2002, l'epico duello per il titolo tra Edwards e Bayliss
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Parola di Drake
"Il mio primo contatto con Imola risale alla primavera del 1948. […] Valutai fin dal primo momento che quell’ambiente collinoso poteva un giorno diventare un piccolo Nürburgring per le difficoltà naturali che il costruendo nastro stradale avrebbe compendiato, offrendo così un percorso veramente selettivo per uomini e macchine. Da questo mio parere i promotori di Imola si sentirono confortati. Nel maggio del 1950 si cominciò a costruire. [...] Un piccolo Nürburgring, con pari risorse tecniche, spettacolari e una lunghezza di percorso ideale. Questa mia convinzione si è realizzata attraverso i decenni che da allora sono trascorsi". Così le parole di Enzo Ferrari raccontano la genesi di quell'autodromo che oggi porta suo nome insieme a quello del figlio Dino. Colui che ha elevato l'auto allo stato di arte pensava a quattro ruote ma nel cuore serbava amore anche per le moto. Nonché, Nuvolari e Serafini su tutti, per i piloti che provenivano dalle due ruote.
Dalla Coppa d'Oro alla 200 Miglia
L'idea di costruire un autodromo venne nell'immediato dopoguerra a un manipolo di appassionati, tra i quali figurava Checco Costa, padre di Claudio, "il Dottorcosta" della MotoGP: un motodromo sulle pendici di Imola al di là del fiume Santerno, nella zona di monte Castellaccio. La prima pietra viene posta sul futuro circuito di Imola il 22 marzo 1950; il 19 ottobre 1952 è Umberto Masetti a inaugurarlo, percorrendolo con la sua Gilera. La prima gara, il 25 aprile 1953: il Gran Premio per il campionato italiano delle classi 125 e 500 e una gara nazionale per le classi fino a 250 cc, rispettivamente il GP CONI e il GP Città di Imola. L'anno dopo, la prima Coppa d'Oro Shell: una gara che, negli anni Sessanta, godrà di un'enorme popolarità. Nel 1970, l'intitolazione dell'autodromo a Dino Ferrari, il figlio del Commendatore prematuramente scomparso. E nel 1972 l'intuizione di Checco Costa di portare la formula della 200 Miglia di Daytona: una gara di durata per derivate di serie prima e moto da gran premio poi, che viene disputata in tredici edizioni e porta sul gradino più alto del podio nomi come Saarinen, Agostini, Cecotto, il marziano Kenny Roberts, Lucchinelli e Lawson. Il Gotha del motociclismo dell'epoca, per intenderci, senza dimenticare la fragorosa doppietta al debutto delle Ducati di Smart e Spaggiari.
2002: a Imola, Guerre Stellari
Sul circuito del Santerno le Superbike corrono dal 2001 (con un'interruzione di due anni, dal 2007 al 2008): la prima edizione vede spartirsi le manche tra Ruben Xaus e Regis Laconi. Ma è l'anno successivo che all'Enzo e Dino Ferrari (questa la nuova dicitura dell'autodromo dopo la morte del Drake nel 1988) arrivano a giocarsi il titolo Troy Bayliss (Ducati) e Colin Edwards (Honda). Non c'è equilibrio se non in testa al campionato, in quel 2002: fino a Imola, i due si sono spartiti tutte le vittorie, ad eccezione di una manche in Giappone lasciata alla wild card locale Tamada. Bayliss ha fatto lo schiacciasassi fino a metà campionato, con sei affermazioni iniziali; Edwards ha incamerato podi e, dalla seconda manche di Laguna Seca, inanellato sei vittorie consecutive che gli hanno permesso di sopravanzare il rivale, caduto sciaguratamente ad Assen mentre era secondo, di un misero punticino. Tra i due è guerra sportiva all'ultimo sangue, e ne viene fuori una delle gare più emozionanti dei 25 anni di storia della Superbike. Vince Edwards, e a Bayliss non resta altro che accettare il verdetto di Imola. Dopo avere dato sempre il massimo e anche di più: cosa che lo ha fatto entrare di diritto nel cuore di molti tifosi, ducatisti e non.
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