Una Bimota YB8 a km 0 all'asta negli USA
Ha il tachimetro incredibilmente a "chilometri zero" la Bimota YB8 che andrà all'asta da Mecum Auctions il prossimo 21 gennaio: un'occasione imperdibile per accaparrarsi una delle 252 unità prodotte dalla Casa riminese da poco passata sotto l'ombrello di Kawasaki
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Notizie dalla rete
Occasione d'oro
È un esemplare unico la Bimota YB8 che sarà messa all'asta da Mecum Auctions il prossimo 21 gennaio 2020 e resterà disponibile per i rilanci fino al 26 gennaio: non solo fu realizzata in soli 252 esemplari dalla Casa riminese (acquisita da Kawasaki che ha presentato la Tesi 2 all'EICMA di Milano), ma non ha percorso nemmeno un miglio, visto che il contachilometri segna uno 0 spaccato. Aspetto curioso: non è stata fissata una base di partenza, l'affare è dietro l'angolo...
Bimota, marchio fondato da Bianchi, Morri e Tamburini che diedero al nome le prime due lettere del proprio cognome, ha prodotto la YB8 dal 1990 al 1994. La prima lettera della sigla è quella del produttore del propulsore scelto da Bimota: la YB8, infatti, monta il 4 cilindri bialbero a 20 valvole della Yamaha FZR 1000 Exup con cambio a cinque rapporti, mentre B sta per Bimota e 8 indica il numero dei motori Yamaha ripresi da Bimota fino ad allora. La Casa italiana però non si limitò solo a montare il motore di Iwata, ma ne incrementò la potenza sostituendo i carburatori con un sistema a iniezione elettronica; i cavalli passarono dai 145 della versione nipponica a 164 CV, un valore incredibile per quei tempi in cui la moto più potente era la Kawasaki ZZR 1100 che aveva “solo” 151 CV. Da record anche il peso a secco contenuto in soli 180 kg grazie all'adozione di alcune parti in carbonio e alla ciclistica ricercata: il telaio era un raffinato doppio trave realizzato interamente in alluminio.
È un esemplare unico la Bimota YB8 che sarà messa all'asta da Mecum Auctions il prossimo 21 gennaio 2020 e resterà disponibile per i rilanci fino al 26 gennaio: non solo fu realizzata in soli 252 esemplari dalla Casa riminese (acquisita da Kawasaki che ha presentato la Tesi 2 all'EICMA di Milano), ma non ha percorso nemmeno un miglio, visto che il contachilometri segna uno 0 spaccato. Aspetto curioso: non è stata fissata una base di partenza, l'affare è dietro l'angolo...
Bimota, marchio fondato da Bianchi, Morri e Tamburini che diedero al nome le prime due lettere del proprio cognome, ha prodotto la YB8 dal 1990 al 1994. La prima lettera della sigla è quella del produttore del propulsore scelto da Bimota: la YB8, infatti, monta il 4 cilindri bialbero a 20 valvole della Yamaha FZR 1000 Exup con cambio a cinque rapporti, mentre B sta per Bimota e 8 indica il numero dei motori Yamaha ripresi da Bimota fino ad allora. La Casa italiana però non si limitò solo a montare il motore di Iwata, ma ne incrementò la potenza sostituendo i carburatori con un sistema a iniezione elettronica; i cavalli passarono dai 145 della versione nipponica a 164 CV, un valore incredibile per quei tempi in cui la moto più potente era la Kawasaki ZZR 1100 che aveva “solo” 151 CV. Da record anche il peso a secco contenuto in soli 180 kg grazie all'adozione di alcune parti in carbonio e alla ciclistica ricercata: il telaio era un raffinato doppio trave realizzato interamente in alluminio.
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