SBK - incidente Antonelli: le parole di Max Biaggi
Il Corsaro, scosso dalla morte di Andrea Antonelli dice la sua sul motociclismo, sull'incidente di Alessia Polita e sui rischi che si corrono gareggiando in moto: “ Amo questo sport, ma in giornate così sto iniziando a odiarlo”
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"A volte odio questo sport"
Max Biaggi si può considerare una delle “memorie storiche” del motociclismo moderno, in più di vent'anni di carriera il Corsaro ne ha viste di ogni, dai successi mondiali fino alle giornate più di nere, come quella di Suzuka nel 2003, quando vide direttamente dalla pista la morte del povero Daijiro Kato. Le immagini di Mosca l'hanno scosso e, raggiunto dai microfoni di Repubblica, usa parole forti contro il motociclismo: "Amo questo sport, ma in giornate così sto iniziando a odiarlo. Non ce la faccio. Mi ha fatto troppo male vedere quelle immagini da Mosca. Antonelli era un amico, un fratello. Non lo conoscevo personalmente, però quando condividi questa passione è così: fai parte di una famiglia, ti riconosci, è lo stesso sangue. Per questo ad un certo urli: basta, mai più. E soffro anche per Lorenzo Zanetti, incolpevole protagonista di questa vicenda: Non ha nessuna colpa, eppure sono sicuro che è a pezzi. Un po' come era accaduto a Rossi a Sepang, dopo aver travolto Simoncelli. Adesso bisogna stare vicino a quel ragazzo. Ha davvero bisogno di aiuto". Max ritorna anche sulle polemiche nate riguardo al fatto se con tutta quell'acqua era giusto correre o meno e fa una considerazione interessante riguardo la sicurezza: “È successo al primo giro, c'era una nuvola d'acqua ma credo che il mezzo davanti ad Antonelli abbia avuto un guasto meccanico. Una fatalità. Avevo già visto correre in quelle condizioni e anche peggio. La colpa? Me lo sono chiesto anche quando a Suzuka ho visto Kato sull'asfalto, dieci anni fa. Io e Valentino in testa, poi il giro seguente i commissari di gara che portavano via il corpo a braccia, su di un lato della pista. Uno stivale sull'asfalto. Fa male, ricordare. La colpa è mia, che al motociclismo ho dedicato una vita di sacrifici. Mia, e di tutti quelli che come me non riescono a stare senza. Si può fare qualcosa di più in termini di sicurezza? - si chiede Max - In Formula Uno si è fatto: Schumacher a Silverstone si è schiantato a tutta velocità, e se l'è cavata con una gamba rotta. Per le moto, l'airbag della Dainese è stato un incredibile passo avanti, ci sono voluti dieci anni di ricerche. Sì, si può fare. Ma il punto è che con i progressi tecnologici finisce che alzi sempre di più il limite. E allora dovremmo chiederci se è arrivato il momento di far prevalere la ragione, invece del rischio e della ricerca della velocità". Max non dimentica anche Alessia Polita, sopravvissuta a un incidente terribile ma ora costretta su una sedia a rotelle perché paralizzata dalla vita in giù: “Volevo andarla a trovare in ospedale, poi ho pensato che non è il momento. Adesso è circondata da amici, dalle attenzioni di tutti. Voglio starle vicino fra due o tre mesi, quando comincerà a dover contare solo su se stessa e i suoi familiari. Perché è come una sorella, per me. Perché questo è il motociclismo."
Max Biaggi si può considerare una delle “memorie storiche” del motociclismo moderno, in più di vent'anni di carriera il Corsaro ne ha viste di ogni, dai successi mondiali fino alle giornate più di nere, come quella di Suzuka nel 2003, quando vide direttamente dalla pista la morte del povero Daijiro Kato. Le immagini di Mosca l'hanno scosso e, raggiunto dai microfoni di Repubblica, usa parole forti contro il motociclismo: "Amo questo sport, ma in giornate così sto iniziando a odiarlo. Non ce la faccio. Mi ha fatto troppo male vedere quelle immagini da Mosca. Antonelli era un amico, un fratello. Non lo conoscevo personalmente, però quando condividi questa passione è così: fai parte di una famiglia, ti riconosci, è lo stesso sangue. Per questo ad un certo urli: basta, mai più. E soffro anche per Lorenzo Zanetti, incolpevole protagonista di questa vicenda: Non ha nessuna colpa, eppure sono sicuro che è a pezzi. Un po' come era accaduto a Rossi a Sepang, dopo aver travolto Simoncelli. Adesso bisogna stare vicino a quel ragazzo. Ha davvero bisogno di aiuto". Max ritorna anche sulle polemiche nate riguardo al fatto se con tutta quell'acqua era giusto correre o meno e fa una considerazione interessante riguardo la sicurezza: “È successo al primo giro, c'era una nuvola d'acqua ma credo che il mezzo davanti ad Antonelli abbia avuto un guasto meccanico. Una fatalità. Avevo già visto correre in quelle condizioni e anche peggio. La colpa? Me lo sono chiesto anche quando a Suzuka ho visto Kato sull'asfalto, dieci anni fa. Io e Valentino in testa, poi il giro seguente i commissari di gara che portavano via il corpo a braccia, su di un lato della pista. Uno stivale sull'asfalto. Fa male, ricordare. La colpa è mia, che al motociclismo ho dedicato una vita di sacrifici. Mia, e di tutti quelli che come me non riescono a stare senza. Si può fare qualcosa di più in termini di sicurezza? - si chiede Max - In Formula Uno si è fatto: Schumacher a Silverstone si è schiantato a tutta velocità, e se l'è cavata con una gamba rotta. Per le moto, l'airbag della Dainese è stato un incredibile passo avanti, ci sono voluti dieci anni di ricerche. Sì, si può fare. Ma il punto è che con i progressi tecnologici finisce che alzi sempre di più il limite. E allora dovremmo chiederci se è arrivato il momento di far prevalere la ragione, invece del rischio e della ricerca della velocità". Max non dimentica anche Alessia Polita, sopravvissuta a un incidente terribile ma ora costretta su una sedia a rotelle perché paralizzata dalla vita in giù: “Volevo andarla a trovare in ospedale, poi ho pensato che non è il momento. Adesso è circondata da amici, dalle attenzioni di tutti. Voglio starle vicino fra due o tre mesi, quando comincerà a dover contare solo su se stessa e i suoi familiari. Perché è come una sorella, per me. Perché questo è il motociclismo."
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