Royal Enfield Bullet Navilu, il pavone indiano
Arriva dall'India questa special realizzata sulla base di una Royal Enfield Bullet del 1959. La moto si chiana Navilu e per le colorazioni il preparatore si è ispirato al pavone, animale tipico del paese mediorientale
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Fuoriserie
Se c’è un filone motoristico che da sempre attinge al passato per tirare fuori dal cilindro moto accattivanti e intriganti sia da un un punto di vista stilistico sia meccanico, questo è quello dei customizzatori. E quale azienda meglio di Royal Enfield sa offrire spunti validi su cui sbizzarrirsi? La sua Bullet è una delle principali “muse” (oltre ad essere la moto nazionale), come testimonia questo modello “tremmezzo” del 1959 customizzato da Time Cycles (account instagram @timecycles_garagecafe) che sfoggia una colorazione blu cangiante davvero riuscita. Il suo nome è Navilu (significa pavone, ecco spiegata l’abbinata cromatica), una bobber essenziale che sfoggia dettagli rétro su cui non si riesce a distogliere lo sguardo, come le manopole con “fasciatura in pelle”, le leve di freno e frizione posizionate sulle estremità del manubrio (sono in ottone, poi cromate) e la sella monoposto ammortizzata in pelle cucita a mano.
Cuore diesel
Ma non sono questi ad attirare totalmente la nostra attenzione, quanto la parte meccanica. Appoggiato sulla culla inferiore del telaio in tubi di acciaio, infatti, c’è un motore diesel raffreddato ad aria e non un classico a benzina. Non è la prima moto diesel che viene costruita, né sarà l’ultima, però qui si tratta di un Greaves-Lombardini, unità che di solito si vede nel mondo agricolo, dai consumi ridotti (sembra che faccia 1,3 lt/100km) e davvero poco potente in rapporto alla cilindrata. Il modello utilizzato per la Navilu sviluppa 6,3 CV a 3.600 giri e all’incirca 20 Nm di coppia sui 1.600 giri. Insomma, poco ma disponibile tutto subito, proprio le caratteristiche che servono per muoversi senza troppi problemi per le strade indiane.
Il motore è stato smontato e aggiornato in molte sue parti, a partire dal pistone, il cambio a 4 marce e la frizione irrobustita. Il volano verniciato in blu cobalto posto sulla destra all’altezza del cambio, è il “pezzo forte” di questo monocilindrico, lasciato di proposito privo di copertura nonostante non sia il massimo della sicurezza vista la vicinanza del piede durante la guida.
Viste le scarse prestazioni la trasformazione ha visto anche una importante operazione di alleggerimento: via l’airbox, il vano batteria, i parafanghi e il paracatena. Per dare alla Bullet quel taglio basso tipico da bobber, gli ammortizzatori hanno le molle più corte degli originali. Anche la forcella è ribassata, mentre i pneumatici hanno una spalla più alta per filtrare meglio le imperfezioni delle strade indiane. Le ruote sono rimaste da 19 pollici.
Sulla sinistra spunta il faro antinebbia da 100 W. Un più moderno impianto elettrico da 12 V ha preso il posto dell’originale da 6, il che ha permesso di adottare gruppi ottici a led. Un tocco di modernità per il “pavone” indiano.
Cuore diesel
Ma non sono questi ad attirare totalmente la nostra attenzione, quanto la parte meccanica. Appoggiato sulla culla inferiore del telaio in tubi di acciaio, infatti, c’è un motore diesel raffreddato ad aria e non un classico a benzina. Non è la prima moto diesel che viene costruita, né sarà l’ultima, però qui si tratta di un Greaves-Lombardini, unità che di solito si vede nel mondo agricolo, dai consumi ridotti (sembra che faccia 1,3 lt/100km) e davvero poco potente in rapporto alla cilindrata. Il modello utilizzato per la Navilu sviluppa 6,3 CV a 3.600 giri e all’incirca 20 Nm di coppia sui 1.600 giri. Insomma, poco ma disponibile tutto subito, proprio le caratteristiche che servono per muoversi senza troppi problemi per le strade indiane.
Il motore è stato smontato e aggiornato in molte sue parti, a partire dal pistone, il cambio a 4 marce e la frizione irrobustita. Il volano verniciato in blu cobalto posto sulla destra all’altezza del cambio, è il “pezzo forte” di questo monocilindrico, lasciato di proposito privo di copertura nonostante non sia il massimo della sicurezza vista la vicinanza del piede durante la guida.
Viste le scarse prestazioni la trasformazione ha visto anche una importante operazione di alleggerimento: via l’airbox, il vano batteria, i parafanghi e il paracatena. Per dare alla Bullet quel taglio basso tipico da bobber, gli ammortizzatori hanno le molle più corte degli originali. Anche la forcella è ribassata, mentre i pneumatici hanno una spalla più alta per filtrare meglio le imperfezioni delle strade indiane. Le ruote sono rimaste da 19 pollici.
Sulla sinistra spunta il faro antinebbia da 100 W. Un più moderno impianto elettrico da 12 V ha preso il posto dell’originale da 6, il che ha permesso di adottare gruppi ottici a led. Un tocco di modernità per il “pavone” indiano.
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