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Michael Schumacher a 10 anni dall'incidente: come sta il campione?

A 10 anni dal tragico incidente sulle piste, in moltissimi ancora si chiedono come stia Michael Schumacher. Impossibile dirlo: il muro di privacy alzato dalla famiglia appare invalicabile e, tra sciacalli e speculazioni, la verità è difficile da riconoscere. Ricostruiamo brevemente questi 10 anni fino alla recente intervista rilasciata dal fratello Ralf

Il 10° anniversario
Sono passati ormai 10 anni (anzi, qualche giorno in più) da quel 29 dicembre 2013 quando Michael Schumacher, sciando sulle nevi francesi di Meribel con il figlio Mick, sbatteva contro una roccia nascosta sul fondo della pista. Elisoccorso, ospedale, tutti i media del mondo pronti con telecamere e microfoni... e la tragica realtà che si delinea a poco a poco, giorno dopo giorno. Emorragia cerebrale, doppio intervento chirurgico, i medici che tentano ogni soluzione: gli si salva la vita, ma a che prezzo? Michael è allettato, immobile, sembra capisca cosa gli è capitato, ma non può parlare. A volte piange. Questo è tutto ciò che, in qualche modo, trapela.
Poi il riserbo, strettissimo, della famiglia, della moglie Corinna, dei figli Mick e Gina Maria, della storica portavoce Sabine Kehm e di Jean Todt, tutti al capezzale di Michael nella villa di Gland, trasformata in un ospedale, con macchinari ed equipe mediche specializzate. Sporadicamente esce qualche pseudo-notizia sul suo stato di salute, a rompere il muro del silenzio: Michael sembra stare meglio. Ma, appunto, si tratta di nulla: un regalo di speranza per i tanti fan, perché, in realtà, sembra che nulla sia diverso da prima.

Speculazioni, sciacalli e beni in vendita
Poi le speculazioni dei media e dei giornali, chi cerca di approfittare della tragica situazione. Il fatto il più eclatante è quello del giugno 2014, con il furto delle cartelle cliniche del pilota dall'ospedale di Grenoble, con annessa richiesta di 50 mila euro per la cessione, mai avvenuta, della relativa documentazione ad alcune testate. Fotografi sciacalli appostati tra gli alberi intorno alla villa che rubano foto ai pochissimi amici che passano a trovarlo, in segreto, come per salutarlo ancora una volta. Impossibile avere notizie certe: Eddie Jordan, team manager che ha lanciò Mik in F1 nel 1991, in un'intervista del gennaio scorso racconta: ”Da dieci anni Corinna non va a feste o occasioni pubbliche perché chiunque la incontri vuole sapere delle condizioni del marito e lei ha alzato una barriera a protezione della privacy. In tanti vorrebbero fargli visita, ma lei ha posto regole rigide e lo trovo comprensibile”. Poi la questione dei beni venduti per pagare le cure, costosissime, tra cui il jet privato da 15 milioni di euro e la villa in Norvegia a Trysil da 650 mq, venduta nel 2015 a 2,5 milioni.

Keep Fighting Michael
In tutto questo, le decine di migliaia di fan continuano nel mondo a manifestare affetto e vicinanza tanto a Michael quanto alla sua famiglia, inviando loro messaggi di auguri e di speranza. Nasce nel 2016 la Keep Fighting Michael, fondazione voluta dalla famiglia per canalizzare e dare un senso all'enorme partecipazione emotiva emersa attorno al campione. "L'intento di Keep Fighting - spiegava la storica portavoce Sabine Kehm - è di diffondere un messaggio positivo, cercando di trasformare l'evento terribile che ha colpito la famiglia Schumacher in qualcosa di positivo”. 

La “svolta” del 2019
Nel 2019 sembrava di essere di fronte a una svolta positiva. A settembre Schumi viene trasportato a Parigi, all'ospedale europeo Georges Pompidou, per una cura segreta: praticata dal professor Philippe Menasché, si dice (perché anche in questo caso il livello di privacy era al massimo) basata sulla trasfusione di cellule staminali per ottenere un'azione "anti-infiammatoria sistemica”. Risultati? Sconosciuti. Probabilmente non positivi come si sperava, visto che di notizie in merito non ne sono arrivate. Da allora, tutto è rimasto come nei precedenti 7 anni: sulle condizioni di salute del pilota, silenzio assoluto. Nel frattempo s'indaga sulla dinamica dell'incidente ma, anche in questo caso, tra speculazioni e fake news è assai difficile ricostruire la verità: forse il fuoripista di Michael era davvero troppo pericoloso? Al netto della situazione, non è poi così importante deciderlo...

L’intervista del fratello Ralf
A pochi giorni dal 10° anniversario, il fratello Ralf ha ricordato Michael in una lunga intervista alla “Bild”: "Il Michael di quel periodo mi manca: lui aveva spesso avuto fortuna, ma poi è arrivato quel drammatico incidente. Grazie a Dio attraverso a qualche cura moderna qualcosa si è potuto fare, ma nonostante questo niente è come prima. Il suo incidente ha cambiato in modo drastico tutta la nostra famiglia. Quando correvamo mi ha trasmesso tutta la sua esperienza io avevo l'occasione di imparare dal migliore. Da piccoli dormivamo nella stessa stanza con un materasso poggiato per terra: non avevamo i soldi per un vero letto".

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