Sicurezza stradale: Italia dimezza gli interventi di manutenzione
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La denuncia arriva dai produttori di asfalto stradale che segnalano la stasi delle attività di costruzione e manutenzione: i consumi di asfalto (conglomerato bituminoso) si sono dimezzati negli ultimi 8 anni, passando dai 44 milioni di tonnellate del 2006 ai 22,5 previsti per il 2014
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Politica e trasporti
Buche e crateri
Le strade italiane – ben 850mila km se consideriamo anche quelle cittadine – versano in condizioni non proprio rosee, è cosa risaputa: basta girare in moto in un qualsiasi Comune italiano. Una conferma, se mai era necessaria, arriva dai dati relativi al consumo di asfalto e bitume, rilasciati dalla Siteb, l’Associazione italiana bitume e asfalto stradale. La crisi, in effetti, ha colpito duro gli enti locali che hanno dovuto tagliare sulle spese di manutenzione del manto stradale, mettendo in seria difficoltà il comparto legato ai lavori stradali che conta oltre 4mila aziende, 400 impianti di lavorazione del bitume, e 35mila addetti diretti con un indotto di 500mila lavoratori. E dire che i primi 4 mesi del 2014 avevano fatto ben sperare: i lavori erano ripresi (consumo del bitume a +8%), a causa di un inverno piovoso che aveva avuto effetti devastanti sui manti stradali. Ma con l’arrivo della bella stagione i dati si sono riallineati a quelli del 2013 che è stato l’anno nero per il comparto. Insomma, pare proprio che le strade italiane non siano destinate a una manutenzione, a detrimento degli utilizzatori, in primis ciclisti e motociclisti che a causa delle buche rischiano cadute rovinose, a volta anche letali. E a causa di questo dato potrebbe arrivare anche una multa da parte dell’Unione europea che aveva chiesto all’Italia il dimezzamento delle vittime della strada dal 2000 al 2010; al prossimo step del 2020 rischiamo seriamente di arrivare impreparati e con una lunga e penosa lista d’incidenti stradali mortali. Certo, le autostrade hanno vita migliore ma rappresentano una piccola parte (6.600 km) del totale delle strade. E visti gli investimenti previsti dal decreto Sblocca Italia, non resta che sperare nel 2015.
Le strade italiane – ben 850mila km se consideriamo anche quelle cittadine – versano in condizioni non proprio rosee, è cosa risaputa: basta girare in moto in un qualsiasi Comune italiano. Una conferma, se mai era necessaria, arriva dai dati relativi al consumo di asfalto e bitume, rilasciati dalla Siteb, l’Associazione italiana bitume e asfalto stradale. La crisi, in effetti, ha colpito duro gli enti locali che hanno dovuto tagliare sulle spese di manutenzione del manto stradale, mettendo in seria difficoltà il comparto legato ai lavori stradali che conta oltre 4mila aziende, 400 impianti di lavorazione del bitume, e 35mila addetti diretti con un indotto di 500mila lavoratori. E dire che i primi 4 mesi del 2014 avevano fatto ben sperare: i lavori erano ripresi (consumo del bitume a +8%), a causa di un inverno piovoso che aveva avuto effetti devastanti sui manti stradali. Ma con l’arrivo della bella stagione i dati si sono riallineati a quelli del 2013 che è stato l’anno nero per il comparto. Insomma, pare proprio che le strade italiane non siano destinate a una manutenzione, a detrimento degli utilizzatori, in primis ciclisti e motociclisti che a causa delle buche rischiano cadute rovinose, a volta anche letali. E a causa di questo dato potrebbe arrivare anche una multa da parte dell’Unione europea che aveva chiesto all’Italia il dimezzamento delle vittime della strada dal 2000 al 2010; al prossimo step del 2020 rischiamo seriamente di arrivare impreparati e con una lunga e penosa lista d’incidenti stradali mortali. Certo, le autostrade hanno vita migliore ma rappresentano una piccola parte (6.600 km) del totale delle strade. E visti gli investimenti previsti dal decreto Sblocca Italia, non resta che sperare nel 2015.
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Credo che i produttori di asfalto dovrebbero vigilare sulla qualità offerta e sulla posa degli stessi. Abito vicino alla Svizzera e mi stupisco come la durata dei manti stradali, da noi, sia notevolmente ridotta rispetto alla loro. Può darsi che i guadagni consentiti siano inferiori da noi a causa magari di ricavi inferiori o della richiesta di "percentuali" che in Svizzera non sono necessarie, ma il grosso rischio, per tali imprese, è quello di perdere, con la credibilità, anche il lavoro.
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