La seconda vita di una Laverda SF2
I giri del destino hanno portato via da New York Peter Boggia, i giri del motore l’hanno ridato alla stessa città con una missione: salvare nobili moto europee in cattive condizioni, come questa Laverda SF2.
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Fuoriserie
Andate, ritorni e moto da riportare in vita
La vicenda di Peter Boggia e di come sia finito a Brooklyn a ricostruire moto italiane è un viaggio che parte da New York, dove l’americano con chiare origini italiane è nato, tocca New Orleans nel 1998, dove impara a guarire motociclette europee "ammalate" e dopo dieci anni, a causa delle drammatiche conseguenze dell’uragano Katrina, ritorna nella Grande Mela per aprire la sua officina, Moto Borgotaro, in memoria del paese in provincia di Parma da cui proviene la sua famiglia.
Battezzare la propria officina con il nome della terra d’origine è un po’ una dichiarazione d’intenti: mai dimenticarsi delle proprie radici, mai lasciare cadere nell’oblio il proprio passato, e quello delle moto che Boggia cura amorevolmente. BMW, Ducati, Laverda, Norton, Moto Guzzi e Triumph, tutti brand con un fascino e una tradizione che non si possono e devono trascurare.
Una delle ultime pazienti finita nella sala operatoria a Brooklyn è stata questa Laverda SF2 trovata in uno stato disastroso ad una mostra scambio in Ohio dallo stesso Boggia. La cartella clinica parlava chiaro: le pinze dei suoi Super Freni inchiodate ai dischi, il telaio distrutto e martellato e un bel buco in un pistone. Il recupero di una situazione simile non è un lavoro da mesi, si parla di anni, 3 per la precisione, per riportare dalla polvere all’altare la bicilindrica di Breganze.
Per cominciare è stato conferito al motore un carattere decisamente racing, essendo stato smontato e ricostruito utilizzando componenti della sorella più prestazionale, la SFC. Nuovi di zecca sono l’albero a gomiti, alleggerito e bilanciato, le camme, i pistoni per alte prestazioni e le bielle Carillo. Il carburatore stock è stato rimpiazzato con un Dell’Orto da 38 millimetri la cui installazione è stata possibile solo dopo una modifica a cilindri.
Oltre a queste importanti operazioni, tutto il resto del blocco motore, frizione e cambio è stato revisionato. Lo stesso dicasi per i poveri freni inchiodati, fresati e forati, e il telaio saldobrasato e riportato alle quote di fabbrica.
Due repliche dei famosi cerchi Borrani sono, assieme alla strumentazioni Veglia, delle chicche retrò da cui una moto così non può prescindere. Nelle sovrastrutture poi alcuni componenti sono stati deliberatamente tolti per un miglior colpo d’occhio: non c’è più la scatola filtro originale e i pannelli laterali sono stati tagliati a filo al telaio.
La sella in pelle di capra con codino è il tocco più custom della moto. Effettivamente a parte questo dettaglio, la SF2 di Moto Borgotaro sembra più restaurata che personalizzata, a tutti gli effetti visti i miglioramenti prestazionali questa motocicletta dovrebbe esser schedata come resto-mod: bisogna osservare da vicino le finiture per capire la personalizzazione effettuata da Boggia, come le due spie a LED per il folle e la pressione dell’olio ricavate direttamente nel faro anteriore oppure l’assenza di chiave d’accensione, sostituita da un sensore wireless.
In sella la Laverda promette scintille, alive and kicking come si dice in inglese, viva e vegeta. E ruomorsa con quel bel 2 in 1 artigianale.
La vicenda di Peter Boggia e di come sia finito a Brooklyn a ricostruire moto italiane è un viaggio che parte da New York, dove l’americano con chiare origini italiane è nato, tocca New Orleans nel 1998, dove impara a guarire motociclette europee "ammalate" e dopo dieci anni, a causa delle drammatiche conseguenze dell’uragano Katrina, ritorna nella Grande Mela per aprire la sua officina, Moto Borgotaro, in memoria del paese in provincia di Parma da cui proviene la sua famiglia.
Battezzare la propria officina con il nome della terra d’origine è un po’ una dichiarazione d’intenti: mai dimenticarsi delle proprie radici, mai lasciare cadere nell’oblio il proprio passato, e quello delle moto che Boggia cura amorevolmente. BMW, Ducati, Laverda, Norton, Moto Guzzi e Triumph, tutti brand con un fascino e una tradizione che non si possono e devono trascurare.
Una delle ultime pazienti finita nella sala operatoria a Brooklyn è stata questa Laverda SF2 trovata in uno stato disastroso ad una mostra scambio in Ohio dallo stesso Boggia. La cartella clinica parlava chiaro: le pinze dei suoi Super Freni inchiodate ai dischi, il telaio distrutto e martellato e un bel buco in un pistone. Il recupero di una situazione simile non è un lavoro da mesi, si parla di anni, 3 per la precisione, per riportare dalla polvere all’altare la bicilindrica di Breganze.
Per cominciare è stato conferito al motore un carattere decisamente racing, essendo stato smontato e ricostruito utilizzando componenti della sorella più prestazionale, la SFC. Nuovi di zecca sono l’albero a gomiti, alleggerito e bilanciato, le camme, i pistoni per alte prestazioni e le bielle Carillo. Il carburatore stock è stato rimpiazzato con un Dell’Orto da 38 millimetri la cui installazione è stata possibile solo dopo una modifica a cilindri.
Oltre a queste importanti operazioni, tutto il resto del blocco motore, frizione e cambio è stato revisionato. Lo stesso dicasi per i poveri freni inchiodati, fresati e forati, e il telaio saldobrasato e riportato alle quote di fabbrica.
Due repliche dei famosi cerchi Borrani sono, assieme alla strumentazioni Veglia, delle chicche retrò da cui una moto così non può prescindere. Nelle sovrastrutture poi alcuni componenti sono stati deliberatamente tolti per un miglior colpo d’occhio: non c’è più la scatola filtro originale e i pannelli laterali sono stati tagliati a filo al telaio.
La sella in pelle di capra con codino è il tocco più custom della moto. Effettivamente a parte questo dettaglio, la SF2 di Moto Borgotaro sembra più restaurata che personalizzata, a tutti gli effetti visti i miglioramenti prestazionali questa motocicletta dovrebbe esser schedata come resto-mod: bisogna osservare da vicino le finiture per capire la personalizzazione effettuata da Boggia, come le due spie a LED per il folle e la pressione dell’olio ricavate direttamente nel faro anteriore oppure l’assenza di chiave d’accensione, sostituita da un sensore wireless.
In sella la Laverda promette scintille, alive and kicking come si dice in inglese, viva e vegeta. E ruomorsa con quel bel 2 in 1 artigianale.
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