Harley-Davidson, il boicottaggio di Trump pesa sulle vendite
Il recente calo di vendite negli USA registrato da Harley-Davidson sarebbe dovuto anche alle minacce di boicottaggio lanciate da Trump. Secondo l’analisi condotta dalla società BMO Capital Markets, la casa di Milwaukee avrebbe pesantemente danneggiato la propria immagine pubblica alimentando una guerra dai toni accesi con il Presidente
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Trump vs Harley
Il clima di guerra che da parecchi mesi ormai caratterizza il rapporto tra il Presidente Donald Trump e Harley-Davidson ha prodotto per quest’ultima i primi effetti negativi sulle vendite. A sottolinearlo è un’analisi condotta dalla società BMO Capital Markets che, pur prendendo in considerazione anche le meno recenti difficoltà incontrate da Harley, mette tra loro in relazione il calo di vendite e l’opera di boicottaggio di cui Trump, specialmente sui social, s’è fatto portavoce.
Per chi si fosse perso l’antefatto - poi seguito da una lunga serie di botta e risposta dai toni decisamente accessi - nasce dalla decisione di H-D di spostare parte della produzione all’estero per evitare i contro-dazi europei sui prodotti americani. Scelta del tutto indigesta a Trump che, parlando di tradimento e comportamento anti-americano, ha ingaggiato una vera e propria guerra contro la casa di Milwaukee.
Le vendite di Harley, va sottolineato - erano già scivolate dell'8,7% nella prima metà del 2018, mentre il suo principale concorrente, cioè Polaris con il marchio Indian, registrava al contrario un guadagno del 4%: sebbene il periodo preso in esame - spiega l’analista Gerrick L. Johnson - non copra quello coincidente all’inizio della “disputa”, i recenti alterchi hanno senza dubbio ulteriormente gravato sui risultati di vendita: “Nonostante le valutazioni espresse da Trump su Twitter si siano dimostrate essere del tutto inaccurate - dice Johnson - il danno comunque per Harley c’è stato, poiché i rivenditori hanno dichiarato di aver assistito all’acuirsi di una condizione già di per sé negativa”.
Indian continua a salire (quest’anno ha “rosicchiato” un ulteriore 7% a Harley, guadagnandosi circa un 20% del mercato totale), ma, secondo l’analista, la qualità dei prodotti made in Milwaukee non centra nulla: “Per la prima volta in 10 anni di analisi delle vendite di mezzi di grossa cilindrata - scrive - abbiamo visto un produttore sviluppare nuovi prodotti, innovativi e significativamente migliori di quelli che sostituiscono. Eppure - aggiunge - non abbiamo assistito ad alcun aumento della domanda”. La “colpa” di Harley, starebbe quindi nell’aver mal gestito le relazioni pubbliche e, in generale, la “lotta” con il presidente: “La sovrapposizione tra i sostenitori di Donald Trump e Harley è significativa - continua Johnson - quindi, è sconcertante che il Presidente chieda a questi consumatori di boicottare il marchio: in risposta alle nuove tariffe europee sulle moto americane, Harley potrebbe aver avuto le giuste intenzioni finanziarie, ma il modo in cui ha comunicato la propria strategia è stata uno sfacelo per la sua immagine pubblica".
Secondo Johnson, la Casa di Milwaukee sarebbe dovuta essere più cauta nell'annunciare la propria intenzione di spostare parte della produzione all’estero e, soprattutto, non avrebbe mai dovuto alimentare con toni così accesi una guerra contro il presidente Donal Trump.
Per chi si fosse perso l’antefatto - poi seguito da una lunga serie di botta e risposta dai toni decisamente accessi - nasce dalla decisione di H-D di spostare parte della produzione all’estero per evitare i contro-dazi europei sui prodotti americani. Scelta del tutto indigesta a Trump che, parlando di tradimento e comportamento anti-americano, ha ingaggiato una vera e propria guerra contro la casa di Milwaukee.
Le vendite di Harley, va sottolineato - erano già scivolate dell'8,7% nella prima metà del 2018, mentre il suo principale concorrente, cioè Polaris con il marchio Indian, registrava al contrario un guadagno del 4%: sebbene il periodo preso in esame - spiega l’analista Gerrick L. Johnson - non copra quello coincidente all’inizio della “disputa”, i recenti alterchi hanno senza dubbio ulteriormente gravato sui risultati di vendita: “Nonostante le valutazioni espresse da Trump su Twitter si siano dimostrate essere del tutto inaccurate - dice Johnson - il danno comunque per Harley c’è stato, poiché i rivenditori hanno dichiarato di aver assistito all’acuirsi di una condizione già di per sé negativa”.
Indian continua a salire (quest’anno ha “rosicchiato” un ulteriore 7% a Harley, guadagnandosi circa un 20% del mercato totale), ma, secondo l’analista, la qualità dei prodotti made in Milwaukee non centra nulla: “Per la prima volta in 10 anni di analisi delle vendite di mezzi di grossa cilindrata - scrive - abbiamo visto un produttore sviluppare nuovi prodotti, innovativi e significativamente migliori di quelli che sostituiscono. Eppure - aggiunge - non abbiamo assistito ad alcun aumento della domanda”. La “colpa” di Harley, starebbe quindi nell’aver mal gestito le relazioni pubbliche e, in generale, la “lotta” con il presidente: “La sovrapposizione tra i sostenitori di Donald Trump e Harley è significativa - continua Johnson - quindi, è sconcertante che il Presidente chieda a questi consumatori di boicottare il marchio: in risposta alle nuove tariffe europee sulle moto americane, Harley potrebbe aver avuto le giuste intenzioni finanziarie, ma il modo in cui ha comunicato la propria strategia è stata uno sfacelo per la sua immagine pubblica".
Secondo Johnson, la Casa di Milwaukee sarebbe dovuta essere più cauta nell'annunciare la propria intenzione di spostare parte della produzione all’estero e, soprattutto, non avrebbe mai dovuto alimentare con toni così accesi una guerra contro il presidente Donal Trump.
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