Flavio Insinna ci racconta la "sua" Mototerapia: “È un evento meraviglioso”
La Mototerapia di Vanni Oddera ha fatto tappa la scorsa settimana a Varazze: presenti 400 ragazzi disabili e a dare una mano tante persone, tra queste anche Flavio Insinna che, a fine giornata, ha fatto una chiacchierata con noi. Ci ha raccontato come ha conosciuto Oddera e quanto valga per lui il progetto: "Questo è un evento meraviglioso che non è un arrivo, è una tappa e una ripartenza per altri salti, per farne ancora di più e per tirare dentro sempre più persone"
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"L'unione fa la forza"
La settimana scorsa tutta Varazze si è fermata per la Mototerapia di Vanni Oddera, una giornata di festa sul lungomare della cittadina ligure all'insegna della solidarietà e della passione per le moto. A questa giornata ha partecipato anche Flavio Insinna, la nostra Serena Zunino ha potuto intervistarlo alla fine di una giornata che è stata impegnativa, ma ricca di soddisfazioni e gioia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Come è entrata la moto nella sua vita?
La mia carriera di motociclista è molto semplice: si parte dal Ciao rosso, a 14 anni, in condivisione con mia sorella. Il classico Vespone a 16 anni, il Laverda 125 a quattro marce, poi una Cagiva Planet che a vederla sembrava una Monster. Si affiancavano i motociclisti con le moto vere e ti guardavano come a dire “Dai facciamoci un pezzo insieme” e invece io avevo il motore tra-tra-tra-tra-tra. Poi faccio questo piccolo salto di qualità, con il CBR 600 giallo sfumato azzurro e nero e lì finisce la mia carriera da motociclista perché inizio in maniera continuativa a fare i telefilm e da contratto non potevo più guidare la moto.
Cosa è successo alla CBR?
A un certo punto ho notato che la moto aveva 4 anni e 1000 chilometri. Per ridere ti dico che non la riuscivo a vendere perché venivano a vederla tutti gli appassionati e credevano che avessi scaricato il contachilometri, perché era tutta nuova. E io dicevo “Portala a chi vuoi e ti dirà che non ci ho fatto nulla”, insomma poi l’ho dovuta vendere a un mio amico che sapeva la verità.
Come mai oggi è qui a Mototerapia?
Io sono qui per Vanni, per i suoi amici e per la filosofia che lui porta avanti, cioè saltare tutti insieme, che ha un grande senso.
Come ha conosciuto Vanni?
L’ho conosciuto grazie a un servizio di Rai 3. Ci era piaciuta da morire la sua storia, siamo andati a trovarlo, poi siamo rimasti tutti insieme a pranzo anche con i bambini disabili e poi te ne innamori. Io nel mio piccolo do una mano in varie occasioni, altrimenti il mio mestiere non ha senso. Questo è il mio punto di vista.
È il primo evento a cui partecipa personalmente?
L’avevo visto saltare e portare in bambini sulla moto per quel servizio di Rai 3. I bambini lo vedono come Batman o Superman giustamente, è il loro supereroe, ed è così. Lo diceva Alda Merini: “Chi spende le proprie ore per gli altri vive per l’eternità”. Vanni e chi fa le cose con lui si consegna all’eternità già in vita. Lui potrebbe fare una vita bellissima, i salti, le moto, ostriche e Champagne al mare, e invece si dedica agli altri. Infatti questa è la filosofia espressa nel suo libro, e dal suo modo di vivere. Saltare tutti insieme: lì inizia la vita vera. Io ho avuto la fortuna di avere mio padre che curava i disabili, quindi già da piccolo ero entrato in contatto con alcune realtà. Questa è solo la prosecuzione. Finisse oggi la mia carriera, potrei dire che sono stato un uomo fortunatissimo, il minimo che io possa e debba fare, come imperativo categorico di Kant, è che devo rimettere in circolo una parte di quella fortuna, perché altrimenti se sei solo tu non ha senso.
Quale pensa sia il valore della Mototerapia?
Ti rispondo raccontandoti una cosa che mi hanno detto questa mattina. Un signore era lì con il figlio che si chiama Manuel e con la moglie, e mi ha detto “Da quando nostro figlio fa la Mototerapia stiamo diminuendo la dose di alcune medicine”. Eccolo il valore. Si sta insieme, si scambiano sorrisi, il senso è questo. Per come vedo le cose, questo è un evento meraviglioso che non è un arrivo, è una tappa e una ripartenza per altri salti, per farne ancora di più e per tirare dentro sempre più persone che possono dare una mano.
Qui sono arrivati oltre 400 ragazzi disabili dal nord Italia…
La cosa che più mi fa paura è che il malato rimanga chiuso nella sua solitudine. Ad esempio quando c'è un ragazzo autistico, diventa autistica tutta la famiglia, perché quasi nessuno ti vuole più incontrare. Invece bisogna uscire, stare insieme, bisogna dare una speranza concreta, non solo le belle parole,
bisogna fare!
Avete un progetto insieme?
No, Vanni ha il mio numero e sa che se ha bisogno di una mano io sono qua, mi chiama. L’unione fa la forza, le gocce fanno il mare. Ieri mi sono liberato e sono venuto qui!
Foto by Dario Bologna e Lorenzo Refrigeri
La settimana scorsa tutta Varazze si è fermata per la Mototerapia di Vanni Oddera, una giornata di festa sul lungomare della cittadina ligure all'insegna della solidarietà e della passione per le moto. A questa giornata ha partecipato anche Flavio Insinna, la nostra Serena Zunino ha potuto intervistarlo alla fine di una giornata che è stata impegnativa, ma ricca di soddisfazioni e gioia. Ecco cosa ci ha raccontato.
Come è entrata la moto nella sua vita?
La mia carriera di motociclista è molto semplice: si parte dal Ciao rosso, a 14 anni, in condivisione con mia sorella. Il classico Vespone a 16 anni, il Laverda 125 a quattro marce, poi una Cagiva Planet che a vederla sembrava una Monster. Si affiancavano i motociclisti con le moto vere e ti guardavano come a dire “Dai facciamoci un pezzo insieme” e invece io avevo il motore tra-tra-tra-tra-tra. Poi faccio questo piccolo salto di qualità, con il CBR 600 giallo sfumato azzurro e nero e lì finisce la mia carriera da motociclista perché inizio in maniera continuativa a fare i telefilm e da contratto non potevo più guidare la moto.
Cosa è successo alla CBR?
A un certo punto ho notato che la moto aveva 4 anni e 1000 chilometri. Per ridere ti dico che non la riuscivo a vendere perché venivano a vederla tutti gli appassionati e credevano che avessi scaricato il contachilometri, perché era tutta nuova. E io dicevo “Portala a chi vuoi e ti dirà che non ci ho fatto nulla”, insomma poi l’ho dovuta vendere a un mio amico che sapeva la verità.
Come mai oggi è qui a Mototerapia?
Io sono qui per Vanni, per i suoi amici e per la filosofia che lui porta avanti, cioè saltare tutti insieme, che ha un grande senso.
Come ha conosciuto Vanni?
L’ho conosciuto grazie a un servizio di Rai 3. Ci era piaciuta da morire la sua storia, siamo andati a trovarlo, poi siamo rimasti tutti insieme a pranzo anche con i bambini disabili e poi te ne innamori. Io nel mio piccolo do una mano in varie occasioni, altrimenti il mio mestiere non ha senso. Questo è il mio punto di vista.
È il primo evento a cui partecipa personalmente?
L’avevo visto saltare e portare in bambini sulla moto per quel servizio di Rai 3. I bambini lo vedono come Batman o Superman giustamente, è il loro supereroe, ed è così. Lo diceva Alda Merini: “Chi spende le proprie ore per gli altri vive per l’eternità”. Vanni e chi fa le cose con lui si consegna all’eternità già in vita. Lui potrebbe fare una vita bellissima, i salti, le moto, ostriche e Champagne al mare, e invece si dedica agli altri. Infatti questa è la filosofia espressa nel suo libro, e dal suo modo di vivere. Saltare tutti insieme: lì inizia la vita vera. Io ho avuto la fortuna di avere mio padre che curava i disabili, quindi già da piccolo ero entrato in contatto con alcune realtà. Questa è solo la prosecuzione. Finisse oggi la mia carriera, potrei dire che sono stato un uomo fortunatissimo, il minimo che io possa e debba fare, come imperativo categorico di Kant, è che devo rimettere in circolo una parte di quella fortuna, perché altrimenti se sei solo tu non ha senso.
Quale pensa sia il valore della Mototerapia?
Ti rispondo raccontandoti una cosa che mi hanno detto questa mattina. Un signore era lì con il figlio che si chiama Manuel e con la moglie, e mi ha detto “Da quando nostro figlio fa la Mototerapia stiamo diminuendo la dose di alcune medicine”. Eccolo il valore. Si sta insieme, si scambiano sorrisi, il senso è questo. Per come vedo le cose, questo è un evento meraviglioso che non è un arrivo, è una tappa e una ripartenza per altri salti, per farne ancora di più e per tirare dentro sempre più persone che possono dare una mano.
Qui sono arrivati oltre 400 ragazzi disabili dal nord Italia…
La cosa che più mi fa paura è che il malato rimanga chiuso nella sua solitudine. Ad esempio quando c'è un ragazzo autistico, diventa autistica tutta la famiglia, perché quasi nessuno ti vuole più incontrare. Invece bisogna uscire, stare insieme, bisogna dare una speranza concreta, non solo le belle parole,
bisogna fare!
Avete un progetto insieme?
No, Vanni ha il mio numero e sa che se ha bisogno di una mano io sono qua, mi chiama. L’unione fa la forza, le gocce fanno il mare. Ieri mi sono liberato e sono venuto qui!
Foto by Dario Bologna e Lorenzo Refrigeri
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