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Dakar 2019: José Ignacio Cornejo, talento e opportunità

La Dakar 2019 sarà molto speciale per José Ignacio Cornejo. Dopo aver sostituito un pilota di punta, quest’anno per la prima volta "Nacho" correrà come ufficiale HRC con il Monster Energy Honda Team. La gara – che si svolgerà interamente sulle dune del Perù – presenta un tipo di terreno molto familiare al giovane cileno
Quando il caso ti cambia la vita
Secondo Seneca la fortuna non esiste; esiste invece il momento in cui il talento incontra l’occasione. Un concetto che calza alla perfezione a José Ignacio Cornejo. Ventiquattro anni, cileno di Iquique, "Nacho" Cornejo è stato arruolato per partecipare alla Dakar 2018 dal Monster Energy Honda Team come sostituto dell'ultimo minuto dell'infortunato Paulo Gonçalves. Un’opportunità che gli ha permesso di farsi conoscere e dimostrare di avere la giusta stoffa tanto che la squadra, per la Dakar che inizierà tra pochi giorni, l’ha ingaggiato come pilota ufficiale HRC.

Ma Cornejo, prima di arrivare nell’olimpo del rally raid, ha dovuto percorrere tanta strada. “Ho iniziato grazie alla mia famiglia. Già mio nonno, pur non essendo un pilota, sapeva guidare bene. A Iquique, dove sono nato, c'è molto deserto ed è normale praticare off road. Anche mio padre è cresciuto con le moto e ha gareggiato nel campionato di motocross locale e in alcune gare nazionali. Inoltre ha promosso le competizioni di rally in Cile e ha partecipato alla Patagonia-Atacama del 2005. Di conseguenza anch’io sono cresciuto in mezzo ai motori, nel laboratorio motociclistico di mio padre, dov’ero attratto anche dalla meccanica. Da bambino giocavo lì, in officina, tra moto e benzina. La mia famiglia mi ha sempre portato ad assistere alle gare finché, a 11 anni, sono sceso in pista gareggiando nel motocross, prima a livello locale e in seguito in competizioni nazionali, che mi hanno permesso di migliorare e farmi notare con un secondo posto nella classe 85 cc.
Nel frattempo Yiyo Illanes, che mi aveva insegnato il motocross, mi ha fatto conoscere la navigazione e Chaleco Lopez, un buon amico di famiglia, veniva spesso ad allenarsi nella nostra zona e una volta l'ho accompagnato per aiutarlo con il roadbook. Avevo 16 anni e ancora non immaginavo che avrei gareggiato nei rally. Allora desideravo diventare un campione di motocross e dedicavo tutte le mie energie a quell’obiettivo. In realtà, il lavoro fatto sul roadbook con Chaleco si è rivelato un grande insegnamento e mi ha spinto ad approfondire l’attività partecipando ad alcuni raduni locali, giusto per affinare la tecnica, fino a che, nel 2014, ho fatto il salto sulla scena internazionale con l’Inca Challenge in Perù, dove mi sono confrontato con tutti i sistemi GPS. Ho segnato il miglior tempo nella prima tappa con una moto da enduro preparata per me da Chelo, che ora è il mio meccanico, battendo molti piloti internazionali tra cui David Casteu e Pablo Quintanilla e il secondo giorno ho aperto la tappa. Non ho vinto speciale, ma è stata comunque un’esperienza esaltante poiché alla fine sono arrivato secondo, a circa tre minuti dal vincitore. Questo risultato mi ha spinto a proseguire nei rally e iniziare il 2015 focalizzato totalmente su quello: ho corso la metà del Campionato mondiale e, nel gennaio 2016, ho corso la mia prima Dakar, che non sono riuscito a finire a causa di un problema meccanico.
Nella stessa stagione ho completato il mio primo Mondiale conquistando il titolo Junior e l’anno successivo ho terminato per la prima volta la prima Dakar ottenendo un ventottesimo posto assoluto. È stato un anno molto difficile sia a causa del mio background di pilota di motocross, sia per la difficoltà di sostenere i costi dei rally internazionali, che sono davvero molto dispendiosi. Infatti, nonostante alcuni buoni risultati, non sono riuscito a trovare grandi sponsor in Cile. Volevo competere in un Campionato mondiale completo, ma il mio budget non me lo ha permesso. Così ho scelto due gare chiave che potessero darmi l’opportunità di farmi notare e trovare un team: l'Atacama Rally e il Baja Inca. Nella prima ho finito al secondo posto, mentre nella seconda, nonostante fossi veloce ho avuto diversi problemi con la moto. Non unirsi a una squadra significava dover rinunciare alla Dakar. Semplicemente non avevo i finanziamenti. Ma nel mese di dicembre l'opportunità ha bussato: a pochi giorni dalla Dakar 2018 Paulo Gonçalves si è infortunato e sono stato scelto per sostituirlo. Ho continuato ad allenarmi duramente in Cile e sono riuscito a sfruttare al meglio questo invito inaspettato da parte di HRC, finendo la gara al decimo posto – finora il mio miglior risultato – anche se sono convinto di poter migliorare: davanti a me ho tre stagioni da affrontare con la squadra e sono davvero felice”.

Nel 2009 la Dakar ha cambiato continente. L'arrivo nella tua terra è stato un fattore chiave per il motorsport sudamericano?
“Senza dubbio. Svolgendosi in Cile la Dakar ha contribuito a rendere nota la disciplina, con molti piloti – alcuni molto bravi – che si sono fatti conoscere a livello internazionale. Sono stato spettatore per molti anni guardando Chaleco, Gouet, Israel e Quintanilla. Mio padre ha lavorato alla gara e ho iniziato ad appassionarmi alla Dakar: mi alzavo presto, volevo scoprire come funzionava il tutto; anche quell'esperienza ha avuto un ruolo determinante per me. Nel 2015, poi, la gara è stata tre giorni a Iquique ed io ero entusiasta di correre sulle piste di casa ma, sfortunatamente, non ne ho mai avuto l’occasione dato che, da quando sono arrivato io, il Cile non è più stato incluso nel percorso. Sto aspettando che, un giorno, la Dakar torni dalle mie parti”.

La sabbia e le dune sono il tuo forte…
“Sì. A Iquique, dove mi alleno abitualmente, le dune non mancano, ma sono presenti anche piste dure e deserto aperto, dove impratichirsi con la navigazione».

Qual è il tuo punto debole?
«Le strade montuose, con molte pietre, e i passaggi tecnici”.

Sei entrato nel team Monster Energy Honda come pilota ufficiale HRC dopo il grande risultato alla scorsa Dakar. Quanto è stimolante far parte della squadra?
“Moltissimo! Sono circondato da grandi colleghi veloci e professionali e attorno a noi c’è un’organizzazione impeccabile. Penso di poter migliorare alla Dakar 2019, poiché ho avuto un'intera stagione per abituarmi alla moto e ora ho un grande feeling con la CRF450 Rally”.

La Dakar si svolgerà interamente in Perù. Che cosa ti aspetti da questa edizione?
“Spero sarà simile alla prima parte dell'ultima edizione e mi auguro di essere in grado di migliorare il mio decimo posto del 2018. Vorrei entrare nella top 5, anche se mi rendo conto che non sarà semplice battere gli altri élite riders. Ma mi piace la sfida”.
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