Codice della Strada: ANCMA, inspiegabile il veto della Commissione alle novità
Il giudizio negativo arriva dal presidente di Confindustria ANCMA, Corrado Capelli, che non riesce a giustificare i maggiori oneri provocati dall’adozione delle modifiche pro-motociclisti. Un aumento delle spese che ha messo in dubbio la copertura finanziaria del provvedimento
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Politica e trasporti
Quale prezzo per la sicurezza?
A fine febbraio la commissione Bilancio del Senato aveva dato suo parere negativo a parecchie delle novità più interessanti del Codice della Strada, molte delle quali riguardavano la sicurezza. Tra le modifiche bocciate troviamo: la qualifica di utenti deboli per i motociclisti, l’accesso di biciclette, ciclomotori e motocicli nelle corsie urbane riservate ai mezzi pubblici; l’accesso dei motocicli 125 in autostrada; la limitazione della presenza ai bordi della carreggiata di ostacoli fissi e guardrail pericolosi e di conseguenza l’emanazione da parte del ministero dei Trasporti di linee guida sulla progettazione di strade sicure per le due ruote. Il motivo: non meglio precisati oneri economici portati da queste novità, che non avrebbero la necessaria copertura finanziaria nel disegno di legge di riforma del Codice della Strada, approvato alla Camera lo scorso autunno. Corrado Capelli, presidente ANCMA, ha commentato così: “Nonostante le numerose verifiche e approfondimenti effettuati nel corso delle ultime due settimane, ancora non siamo riusciti a capire il motivo per cui alcune di queste misure, incluse quelle proposte da Confindustria ANCMA in materia di sicurezza e mobilità su due ruote, comporterebbero maggiori oneri per le finanze pubbliche”. “La ragione della bocciatura”, aggiunge Capelli, “sarebbe nella mancata copertura finanziaria delle misure contenute nel provvedimento, che è invece prevista dall’art. 81 della Costituzione. Ma queste e altre disposizioni non comportano un solo euro di aggravio per il bilancio dello Stato e, pertanto, non si comprende il motivo di una bocciatura indiscriminata e generalizzata”. Il no della commissione rischia ora di allungare di molto l’iter di un provvedimento che era stato finalmente licenziato dalla Camera dei Deputati, con il consenso trasversale dei parlamentari. A questo punto si rischia di vanificare l’approvazione di misure per i primi mesi del 2016.
A fine febbraio la commissione Bilancio del Senato aveva dato suo parere negativo a parecchie delle novità più interessanti del Codice della Strada, molte delle quali riguardavano la sicurezza. Tra le modifiche bocciate troviamo: la qualifica di utenti deboli per i motociclisti, l’accesso di biciclette, ciclomotori e motocicli nelle corsie urbane riservate ai mezzi pubblici; l’accesso dei motocicli 125 in autostrada; la limitazione della presenza ai bordi della carreggiata di ostacoli fissi e guardrail pericolosi e di conseguenza l’emanazione da parte del ministero dei Trasporti di linee guida sulla progettazione di strade sicure per le due ruote. Il motivo: non meglio precisati oneri economici portati da queste novità, che non avrebbero la necessaria copertura finanziaria nel disegno di legge di riforma del Codice della Strada, approvato alla Camera lo scorso autunno. Corrado Capelli, presidente ANCMA, ha commentato così: “Nonostante le numerose verifiche e approfondimenti effettuati nel corso delle ultime due settimane, ancora non siamo riusciti a capire il motivo per cui alcune di queste misure, incluse quelle proposte da Confindustria ANCMA in materia di sicurezza e mobilità su due ruote, comporterebbero maggiori oneri per le finanze pubbliche”. “La ragione della bocciatura”, aggiunge Capelli, “sarebbe nella mancata copertura finanziaria delle misure contenute nel provvedimento, che è invece prevista dall’art. 81 della Costituzione. Ma queste e altre disposizioni non comportano un solo euro di aggravio per il bilancio dello Stato e, pertanto, non si comprende il motivo di una bocciatura indiscriminata e generalizzata”. Il no della commissione rischia ora di allungare di molto l’iter di un provvedimento che era stato finalmente licenziato dalla Camera dei Deputati, con il consenso trasversale dei parlamentari. A questo punto si rischia di vanificare l’approvazione di misure per i primi mesi del 2016.
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