BMW GS, quando i tedeschi si inventarono le "endurone"
A fine anni 70 BMW non se la passava bene: stretta in un angolo dalla concorrenza giapponese, vedeva le vendite calare e i conti sempre più in rosso. Eppure riuscì a fare di necessità virtù, inventandosi la G/S, una stradale capace di affrontare gli sterrati. Nessuno fino ad allora ci aveva pensato e fu subito un successo. Ecco la storia di questa "folle" idea
Image
Moto
Storia di un mito
Tra le pietre miliari della storia del motociclismo c'è senza dubbio la BMW R 80 G/S, un progetto che ha "inventato" un nuovo genere di moto e ha rilanciato il marchio BMW e che, come tante volte accade, è frutto di una situazione difficile. Fine anni 70 era un periodo difficile per la casa tedesca, le giapponesi, affidabili, moderne e veloci, la fanno da padrone rubando gran parte del mercato a una BMW che, fino al decennio prima, aveva visto le proprie vendite in costante aumento. Il settore moto è in perdita e l'ordine perenterio dei grandi capi BMW era di renderlo profittevole in poco più di due anni, altrimenti si rischiava la chiusura.
Il nuovo management riesce così a trasformare la crisi in opportunità, guardando oltre e studiando qualcosa di completamente nuovo, il compito è affidato a Karl Heinz Gerlinger, incaricato di rilanciare la Casa con un modello nuovo che doveva essere progettabile e realizzabile in brevissimo tempo, senza costi elevati e capace, ovviamente, di richiamare l’attenzione di un pubblico ormai “distratto” dalle continue offerte orientali. Non facile...
Il jolly del fuoristrada
La soluzione arrivò dall’ingegnere Laszlo Peres, il quale, con una passionaccia per fuoristrada, aveva sviluppato in quegli anni uno spartano prototipo di R80 da enduro: il Red Devil (foto in alto), così chiamato per il colore rugginoso del serbatoio. Una moto che sarebbe potuta andare quasi ovunque, facile ed economica da realizzare. La R80 GS (in tedesco Gelände/Straße”, cioè “sterrato/strada”) è il seme che porterà alla nascita di una nuova categoria, quella cioè della “street-based Adventure”, moto stradali, confortevoli nei lunghi viaggi, ma a loro agio anche fuori dall’asfalto. Una formula tutta nuova, alla quale in moltissimi - stampa compresa - non credevano affatto, guardando al progetto come ad una moto né carne né pesce, troppo pesante e ingombrante per il fuoristrada e che difficilmente sarebbe stata capita. Per dirla tutta, qualche dubbio ce l’avevano anche in BMW: senza troppa pubblicità, tuttavia, Gerlinger diede il via al nuovo progetto, avventurandosi su di una strada tutta nuova. Il team fu guidato dall’ingegnere Rudiger Gutsche, il quale, come Peres, poteva vantare un’ottima esperienza come pilota enduro.
Nuova moto senza spendere
L’obbiettivo era quello di realizzare una moto innovativa nel minor tempo e con i minor costi possibili. Ciò significava ovviamente utilizzare piattaforme già esistenti sia per il motore che per il telaio, poichè progettarne e costruirne di nuovi sarebbe stato eccessivamente lungo e oneroso. La scelta ricadde inizialmente sul motore R65, sostituito poi dal più grosso boxer R80 da 50 CV a 6.500 giri che, tra l’altro, venne sottoposto a un consistente aggiornamento che ne riduceva il peso e ne aumentava le prestazioni e l’affidabilità.
Seppur derivante in molte sue parti da modelli già commercializzati (il telaio, per esempio, era lo stesso delle R 45 e 65), le novità per la R80 GS furono principalmente nella ciclistica, con la forcella a perno avanzato donata dalla R100 coadiuvata dalla ruota da 21” con pneumatici off road Metzeler Sahara e freni Brembo. A fare la sua parte, ovviamente, anche e soprattutto il forcellone monobraccio posteriore integrato con l'albero di trasmissione cardanico: il sistema Monolever assicurava alla GS vantaggi sia in termini di peso, che di resistenza.
Successo a sorpresa
Nell’arco di un anno o poco meno, due GS furono “spedite” in Sud America per testarne le capacità: dopo oltre 2.000 chilometri percorsi sulle disastrate strade del continente, BMW ebbe la prova di avere tra le mani una motocicletta ben riuscita.
Eppure durante la conferenza stampa di Avignone del 1 settembre 1980 (due settimane prima dello salone di Colonia), giornalisti ed esperti del settore si dimostrarono scettici: come poteva una moto a trasmissione cardanica, da 800 cm3 e circa 200 kg (rispetto alla stradale R80 aveva persi comunque quasi 30 kg) affrontare il fuoristrada? All’epoca c’era quasi da ridere, ma BMW sembrava aver visto qualcosa che, semplicemente, gli altri ancora non vedevano. Così diede in mano ai giornalisti 25 GS nuove di zecca e dubbi e perplessità furono subito dissipati. Si capì presto che, nonostante le grandi doti sullo sterrato, la nuova arrivata non era stata pensata per un doppio utilizzo, era invece una moto da strada che poteva, all’occorrenza, “sconfinare” nel mondo enduro e affrontare fuoristrada non eccessivamente impegnativi. Un campo, questo, in cui la GS non ebbe rivali. Le vendite furono buone, anzi, ottime, con 6.650 esemplari costruiti e venduti nel 1981, quasi 2.000 in più di quanto la stessa casa si aspettasse. Il grande merito della GS fu quello di aprire a un nuovo filone, conquistando l’interesse di quanti guardavano con entusiasmo all’idea di “avventura”.
Naturalmente la GS fu solo l’inizio: nel 1987 arrivarono la R100 GS e il suo Paralever (in sostituzione al “mono”della primogenita), poi, sette anni dopo, la R1100 GS, con altre migliaia di esemplari venduti, poi la R1150 GS e, successivamente, la R1200 GS, la cui storia arriva fino a oggi, in cui un terzo delle vendite BMW è coperto proprio da quest’ultimo esemplare.
Il nuovo management riesce così a trasformare la crisi in opportunità, guardando oltre e studiando qualcosa di completamente nuovo, il compito è affidato a Karl Heinz Gerlinger, incaricato di rilanciare la Casa con un modello nuovo che doveva essere progettabile e realizzabile in brevissimo tempo, senza costi elevati e capace, ovviamente, di richiamare l’attenzione di un pubblico ormai “distratto” dalle continue offerte orientali. Non facile...
Il jolly del fuoristrada
La soluzione arrivò dall’ingegnere Laszlo Peres, il quale, con una passionaccia per fuoristrada, aveva sviluppato in quegli anni uno spartano prototipo di R80 da enduro: il Red Devil (foto in alto), così chiamato per il colore rugginoso del serbatoio. Una moto che sarebbe potuta andare quasi ovunque, facile ed economica da realizzare. La R80 GS (in tedesco Gelände/Straße”, cioè “sterrato/strada”) è il seme che porterà alla nascita di una nuova categoria, quella cioè della “street-based Adventure”, moto stradali, confortevoli nei lunghi viaggi, ma a loro agio anche fuori dall’asfalto. Una formula tutta nuova, alla quale in moltissimi - stampa compresa - non credevano affatto, guardando al progetto come ad una moto né carne né pesce, troppo pesante e ingombrante per il fuoristrada e che difficilmente sarebbe stata capita. Per dirla tutta, qualche dubbio ce l’avevano anche in BMW: senza troppa pubblicità, tuttavia, Gerlinger diede il via al nuovo progetto, avventurandosi su di una strada tutta nuova. Il team fu guidato dall’ingegnere Rudiger Gutsche, il quale, come Peres, poteva vantare un’ottima esperienza come pilota enduro.
Nuova moto senza spendere
L’obbiettivo era quello di realizzare una moto innovativa nel minor tempo e con i minor costi possibili. Ciò significava ovviamente utilizzare piattaforme già esistenti sia per il motore che per il telaio, poichè progettarne e costruirne di nuovi sarebbe stato eccessivamente lungo e oneroso. La scelta ricadde inizialmente sul motore R65, sostituito poi dal più grosso boxer R80 da 50 CV a 6.500 giri che, tra l’altro, venne sottoposto a un consistente aggiornamento che ne riduceva il peso e ne aumentava le prestazioni e l’affidabilità.
Seppur derivante in molte sue parti da modelli già commercializzati (il telaio, per esempio, era lo stesso delle R 45 e 65), le novità per la R80 GS furono principalmente nella ciclistica, con la forcella a perno avanzato donata dalla R100 coadiuvata dalla ruota da 21” con pneumatici off road Metzeler Sahara e freni Brembo. A fare la sua parte, ovviamente, anche e soprattutto il forcellone monobraccio posteriore integrato con l'albero di trasmissione cardanico: il sistema Monolever assicurava alla GS vantaggi sia in termini di peso, che di resistenza.
Successo a sorpresa
Nell’arco di un anno o poco meno, due GS furono “spedite” in Sud America per testarne le capacità: dopo oltre 2.000 chilometri percorsi sulle disastrate strade del continente, BMW ebbe la prova di avere tra le mani una motocicletta ben riuscita.
Eppure durante la conferenza stampa di Avignone del 1 settembre 1980 (due settimane prima dello salone di Colonia), giornalisti ed esperti del settore si dimostrarono scettici: come poteva una moto a trasmissione cardanica, da 800 cm3 e circa 200 kg (rispetto alla stradale R80 aveva persi comunque quasi 30 kg) affrontare il fuoristrada? All’epoca c’era quasi da ridere, ma BMW sembrava aver visto qualcosa che, semplicemente, gli altri ancora non vedevano. Così diede in mano ai giornalisti 25 GS nuove di zecca e dubbi e perplessità furono subito dissipati. Si capì presto che, nonostante le grandi doti sullo sterrato, la nuova arrivata non era stata pensata per un doppio utilizzo, era invece una moto da strada che poteva, all’occorrenza, “sconfinare” nel mondo enduro e affrontare fuoristrada non eccessivamente impegnativi. Un campo, questo, in cui la GS non ebbe rivali. Le vendite furono buone, anzi, ottime, con 6.650 esemplari costruiti e venduti nel 1981, quasi 2.000 in più di quanto la stessa casa si aspettasse. Il grande merito della GS fu quello di aprire a un nuovo filone, conquistando l’interesse di quanti guardavano con entusiasmo all’idea di “avventura”.
Naturalmente la GS fu solo l’inizio: nel 1987 arrivarono la R100 GS e il suo Paralever (in sostituzione al “mono”della primogenita), poi, sette anni dopo, la R1100 GS, con altre migliaia di esemplari venduti, poi la R1150 GS e, successivamente, la R1200 GS, la cui storia arriva fino a oggi, in cui un terzo delle vendite BMW è coperto proprio da quest’ultimo esemplare.
Foto e immagini
Aggiungi un commento