Valentino Rossi: “Nel 2006 ho buttato via un titolo, nel 2015 me l’hanno rubato”
MotoGP news - Il Dottore, alla sua 26esima stagione di MotoGP, ha tirato le somme della sua carriera, scegliendo le stagioni da incorniciare, i rivali che avrebbe voluto sfidare e spiegando il motivo per cui non è ancora arrivato il momento di ritirarsi
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"In Petronas si sta molto bene"
In Qatar il 28 marzo Valentino Rossi ha iniziato la sua stagione numero 26 e alla Gazzetta dello Sport ha raccontato quali sono state le tre più belle: “Il 2001, perché era l’ultimo Mondiale della 500 e quindi l’ultima possibilità di farcela: una battaglia all’ultimo sangue con Biaggi, stupenda. Poi il 2004, con la vittoria all’esordio a Welkom con la Yamaha. Sportivamente la più bella. E il 2008: per molti ero già finito, vecchio. Invece passando alle Bridgestone ho battuto Stoner”.
Se potesse scegliere tre piloti con cui avrebbe voluto misurarsi, direbbe: “Mike Hailwood, Kevin Schwantz e Giacomo Agostini”.
E riguardo al Tourist Trophy: “Ci ho fatto un giro con Agostini e in quel giro ho capito perché, nonostante sia così pericoloso, il TT è così bello, così mitico. Fa veramente paura, è stupendo. Ma no, non mi sarebbe piaciuto correrci, è veramente troppo pericoloso”.
Sulla sua voglia di continuare a correre ha spiegato: “Il mio ragionamento è molto semplice e mi fa strano che certa gente non lo capisca, forse il mio modo di pensare è diverso. A me piace come mi sento, la sensazione, l’adrenalina che mi dà vincere, andare sul podio o solo fare una bella gara. Sto bene per qualche giorno. Mi piace quella sensazione lì. So benissimo che alla fine il tempo l’avrà vinta, purtroppo per tutti è così, ma provo con tutte le mie forze a rendergliela il più difficile possibile, ecco. E questo è il solo motivo per cui ancora corro".
Da quest’anno è nel team Petronas, dopo aver lasciato la squadra ufficiale: “Non voglio sputare nel piatto dove ho mangiato, stavo bene anche nel team Yamaha ufficiale. Però in Petronas si sta molto bene, c’è una bellissima atmosfera, tanti ragazzi giovani, un team ruspante. È molto inglese, di base sono diversi da italiani e spagnoli, però è figo star qui. La mattina mi dà gusto entrare nel box, ci sono persone che danno l’anima”.
Parlando di eredità che lascerà alle corse ha detto: “Sono stato il primo pilota moderno della MotoGP, ho fatto tante cose per primo, che sono diventate un insegnamento per tanti piloti di adesso. Ho iniziato giovanissimo, ma io a 20 anni ero già in 500 e la mia strada è stata seguita poi da tutti. Ci sono un po’ di cose che io ho fatto e a cui tutti hanno guardato”.
E se tornasse indietro cambierebbe un giorno: “Valencia 2006. Lì ho buttato via un Mondiale che avrei potuto vincere e sarebbero stati 10 comunque, anche dopo il furto del 2015”.
In Qatar il 28 marzo Valentino Rossi ha iniziato la sua stagione numero 26 e alla Gazzetta dello Sport ha raccontato quali sono state le tre più belle: “Il 2001, perché era l’ultimo Mondiale della 500 e quindi l’ultima possibilità di farcela: una battaglia all’ultimo sangue con Biaggi, stupenda. Poi il 2004, con la vittoria all’esordio a Welkom con la Yamaha. Sportivamente la più bella. E il 2008: per molti ero già finito, vecchio. Invece passando alle Bridgestone ho battuto Stoner”.
Se potesse scegliere tre piloti con cui avrebbe voluto misurarsi, direbbe: “Mike Hailwood, Kevin Schwantz e Giacomo Agostini”.
E riguardo al Tourist Trophy: “Ci ho fatto un giro con Agostini e in quel giro ho capito perché, nonostante sia così pericoloso, il TT è così bello, così mitico. Fa veramente paura, è stupendo. Ma no, non mi sarebbe piaciuto correrci, è veramente troppo pericoloso”.
Sulla sua voglia di continuare a correre ha spiegato: “Il mio ragionamento è molto semplice e mi fa strano che certa gente non lo capisca, forse il mio modo di pensare è diverso. A me piace come mi sento, la sensazione, l’adrenalina che mi dà vincere, andare sul podio o solo fare una bella gara. Sto bene per qualche giorno. Mi piace quella sensazione lì. So benissimo che alla fine il tempo l’avrà vinta, purtroppo per tutti è così, ma provo con tutte le mie forze a rendergliela il più difficile possibile, ecco. E questo è il solo motivo per cui ancora corro".
Da quest’anno è nel team Petronas, dopo aver lasciato la squadra ufficiale: “Non voglio sputare nel piatto dove ho mangiato, stavo bene anche nel team Yamaha ufficiale. Però in Petronas si sta molto bene, c’è una bellissima atmosfera, tanti ragazzi giovani, un team ruspante. È molto inglese, di base sono diversi da italiani e spagnoli, però è figo star qui. La mattina mi dà gusto entrare nel box, ci sono persone che danno l’anima”.
Parlando di eredità che lascerà alle corse ha detto: “Sono stato il primo pilota moderno della MotoGP, ho fatto tante cose per primo, che sono diventate un insegnamento per tanti piloti di adesso. Ho iniziato giovanissimo, ma io a 20 anni ero già in 500 e la mia strada è stata seguita poi da tutti. Ci sono un po’ di cose che io ho fatto e a cui tutti hanno guardato”.
E se tornasse indietro cambierebbe un giorno: “Valencia 2006. Lì ho buttato via un Mondiale che avrei potuto vincere e sarebbero stati 10 comunque, anche dopo il furto del 2015”.
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