MotoGP Starting Grid: Argentina senza Marquez, ma con mille incognite
Lo spagnolo resta a casa per curare la diplopia, ma se la sua assenza è certa, restano i ritardi del volo che trasporta il materiale di gara di molte squadre. La pista di Termas de Rio Hondo ha sempre regalato gare spettacolari e l'incertezza regna anche quest'anno
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La MotoGP torna in Argentina dopo due anni di assenza causa Covid. Andiamo a vedere tutte le novità sulla griglia di partenza di Termas de Rio Hondo insieme al nostro Guido Sassi, in MotoGP Starting Grid.
Cosa succede
Correre in Argentina è sempre una scommessa, perché il circuito di Termas de Rio Hondo – talvolta scherzosamente soprannominato Termas de Rio Immondo- dista più di mille chilometri da Buenos Aires ed è situato in una foresta umida e nebbiosa dell'entroterra. Fare arrivare moto, piloti, gomme e benzina è logisticamente un incubo. Sulla pista poi non corre mai nessuno e perciò è sempre sporca; aggiungiamo che due anni fa le strutture del circuito sono bruciate e gli organizzatori hanno dovuto ricostruire tutto da zero e il quadro generale crea una certa inquietudine a chi deve recarsi laggiù per svolgere il proprio lavoro.
Per questa edizione i problemi sono dati dai ritardi di uno dei cargo che deve portare il materiale da gara a Termas, e a oggi si ipotizzano quanto meno delle difficoltà nelle tempistiche di assemblaggio delle moto per essere regolarmente in pista secondo il consueto programma del weekend.
Chi non sarà sicuramente della partita è Marc Marquez: lo spagnolo, ricaduto nell'incubo della diplopia, deve recuperare lentamente dalla paralisi del quarto nervo dell'occhio destro. Il dottor Sanchez Dalmau, lo specialista che lo sta seguendo, ha dichiarato che per ora si prosegue con la terapia conservativa. Niente gp di Argentina, ma nessuno si sbilancia nemmeno per il Texas.
Che numeri
Miguel Oliveira non è più una sorpresa ormai da qualche anno: il 27enne portoghese è alla sua 12esima stagione nel motomondiale, ha ottenuto 16 vittorie in carriera e ormai ben 4 successi in MotoGP, un traguardo raggiunto non da molti piloti attualmente in attività (Marquez, Dovizioso, Quartararo, Bagnaia). La prima affermazione risale al 2020, quando Miguel in Austria aveva incarnato alla perfezione il detto “tra i due litiganti il terzo gode”: in quell'occasione il pilota KTM aveva sorpassato all'ultima curva Jack Miller e Pol Espargaro, impegnati in un confronto piuttosto serrato. Poche gare più tardi Oliveira era stato comunque capace di vincere anche in fuga solitaria, nel primo gran premio corso a Portimao, sulla pista di casa. L'anno scorso, questa volta sotto le insegne del team factory, Miguel ha invece approfittato delle disavventure di Quartararo a Barcellona, mentre dieci giorni fa ha fatto vedere che sulla pioggia sa attaccare senza paura. Oliveira è un pilota completo alla prova dei fatti, con l'unica pecca in carriera di non essere mai stato competitivo fino in fondo sulla lunga distanza: due volte vicecampione, tanto in Moto3 che in Moto2, ha sempre mancato il bersaglio grosso.
La sfida
Con tutta l'incertezza che ruota intorno al destino di Marquez, il mercato piloti si orienta sulle moto di HRC. Honda sembra avere fatto un deciso passo in avanti quest'anno nell'ottica di fornire una RC231V finalmente guidabile, oltre che veloce, e all'improvviso non mancano i pretendenti a un posto nel box del team più strutturato del paddock. Fabio Quartararo e Joan Mir sono i principali indiziati a una trattativa con Alberto Puig per affiancare o sostituire Magic Marc, e ognuno dei due ultimi campioni del mondo ha le proprie carte da giocarsi. Il francese è tra i migliori piloti in circolazione in quanto a velocità pura, è scontento di Yamaha e ha una carta d'identità invidiabile (classe 1999). Lo spagnolo è due anni più anziano e ha forse più capacità di gestire una gara. Pur avendo il vantaggio di un passaporto più gradito allo sponsor Repsol, ha però meno feeling con Marc (in realtà i due proprio non si sopportano) e il suo nome sembra più indicato per una sostituzione che per un affiancamento. Aggiungiamo poi che Suzuki pare avere una moto migliore rispetto a Yamaha, e il passaggio di Joan appare più complicato da concretizzare rispetto a quello di Fabio.
Questa è storia
Nel 2018 il gp di Argentina si trasformò in uno psicodramma collettivo: alla partenza Jack Miller fu l'unico a mettere le slick con il giusto timing, gli altri si precipitarono nei box a tempo scaduto. Il regolamento avrebbe voluto che i ritardatari partissero dalla pit lane, ma per evitare 20 moto a sgomitare in corsia, Dorna trovò un ridicolo compromesso: procedura di start “a distanza”, con diversi metri di margine per Jack sul resto del plotone schierato in fondo al rettilineo, distanza conumque non sufficiente a garantirgli il vantaggio legittimamente acquisito. Pochi istanti prima dello start poi ci pensò Marquez a sparigliare ulteriormente le carte: moto spenta sulla casella, inversione a U da ritiro patente, avvio a spinta e rimonta furiosa con abbattimento di diversi piloti (tra i quali Valentino Rossi). Lo spagnolo fu doppiamente penalizzato, e alla fine vinse Cal Crutchlow, abile a imporsi in un duello umido su Johann Zarco.
Hot Spot
Dell'asfalto sempre molto sporco di Termas si è già detto, ma della pista come layout non c'è molto da lamentarsi, anzi. Il tracciato - al netto delle buche- piace ai piloti: 4.8 chilometri, un rettilineo (non quello di partenza), lungo più di mille metri, qualche bella staccata e curve da raccordare. I punti di sorpasso principali sono alla 5 e alla 7, due frenate decise. La prima arriva dopo il rettifilo di cui sopra e immette in un tornantino stretto, la seconda viene da una lunga semicurva e appena la moto è dritta è già tempo di frenare. È proprio in quel punto che Rossi superò Marquez nel 2015, prima del contatto che poi fece cadere lo spagnolo, innescando la lunga diatriba tra i due.
Cosa succede
Correre in Argentina è sempre una scommessa, perché il circuito di Termas de Rio Hondo – talvolta scherzosamente soprannominato Termas de Rio Immondo- dista più di mille chilometri da Buenos Aires ed è situato in una foresta umida e nebbiosa dell'entroterra. Fare arrivare moto, piloti, gomme e benzina è logisticamente un incubo. Sulla pista poi non corre mai nessuno e perciò è sempre sporca; aggiungiamo che due anni fa le strutture del circuito sono bruciate e gli organizzatori hanno dovuto ricostruire tutto da zero e il quadro generale crea una certa inquietudine a chi deve recarsi laggiù per svolgere il proprio lavoro.
Per questa edizione i problemi sono dati dai ritardi di uno dei cargo che deve portare il materiale da gara a Termas, e a oggi si ipotizzano quanto meno delle difficoltà nelle tempistiche di assemblaggio delle moto per essere regolarmente in pista secondo il consueto programma del weekend.
Chi non sarà sicuramente della partita è Marc Marquez: lo spagnolo, ricaduto nell'incubo della diplopia, deve recuperare lentamente dalla paralisi del quarto nervo dell'occhio destro. Il dottor Sanchez Dalmau, lo specialista che lo sta seguendo, ha dichiarato che per ora si prosegue con la terapia conservativa. Niente gp di Argentina, ma nessuno si sbilancia nemmeno per il Texas.
Che numeri
Miguel Oliveira non è più una sorpresa ormai da qualche anno: il 27enne portoghese è alla sua 12esima stagione nel motomondiale, ha ottenuto 16 vittorie in carriera e ormai ben 4 successi in MotoGP, un traguardo raggiunto non da molti piloti attualmente in attività (Marquez, Dovizioso, Quartararo, Bagnaia). La prima affermazione risale al 2020, quando Miguel in Austria aveva incarnato alla perfezione il detto “tra i due litiganti il terzo gode”: in quell'occasione il pilota KTM aveva sorpassato all'ultima curva Jack Miller e Pol Espargaro, impegnati in un confronto piuttosto serrato. Poche gare più tardi Oliveira era stato comunque capace di vincere anche in fuga solitaria, nel primo gran premio corso a Portimao, sulla pista di casa. L'anno scorso, questa volta sotto le insegne del team factory, Miguel ha invece approfittato delle disavventure di Quartararo a Barcellona, mentre dieci giorni fa ha fatto vedere che sulla pioggia sa attaccare senza paura. Oliveira è un pilota completo alla prova dei fatti, con l'unica pecca in carriera di non essere mai stato competitivo fino in fondo sulla lunga distanza: due volte vicecampione, tanto in Moto3 che in Moto2, ha sempre mancato il bersaglio grosso.
La sfida
Con tutta l'incertezza che ruota intorno al destino di Marquez, il mercato piloti si orienta sulle moto di HRC. Honda sembra avere fatto un deciso passo in avanti quest'anno nell'ottica di fornire una RC231V finalmente guidabile, oltre che veloce, e all'improvviso non mancano i pretendenti a un posto nel box del team più strutturato del paddock. Fabio Quartararo e Joan Mir sono i principali indiziati a una trattativa con Alberto Puig per affiancare o sostituire Magic Marc, e ognuno dei due ultimi campioni del mondo ha le proprie carte da giocarsi. Il francese è tra i migliori piloti in circolazione in quanto a velocità pura, è scontento di Yamaha e ha una carta d'identità invidiabile (classe 1999). Lo spagnolo è due anni più anziano e ha forse più capacità di gestire una gara. Pur avendo il vantaggio di un passaporto più gradito allo sponsor Repsol, ha però meno feeling con Marc (in realtà i due proprio non si sopportano) e il suo nome sembra più indicato per una sostituzione che per un affiancamento. Aggiungiamo poi che Suzuki pare avere una moto migliore rispetto a Yamaha, e il passaggio di Joan appare più complicato da concretizzare rispetto a quello di Fabio.
Questa è storia
Nel 2018 il gp di Argentina si trasformò in uno psicodramma collettivo: alla partenza Jack Miller fu l'unico a mettere le slick con il giusto timing, gli altri si precipitarono nei box a tempo scaduto. Il regolamento avrebbe voluto che i ritardatari partissero dalla pit lane, ma per evitare 20 moto a sgomitare in corsia, Dorna trovò un ridicolo compromesso: procedura di start “a distanza”, con diversi metri di margine per Jack sul resto del plotone schierato in fondo al rettilineo, distanza conumque non sufficiente a garantirgli il vantaggio legittimamente acquisito. Pochi istanti prima dello start poi ci pensò Marquez a sparigliare ulteriormente le carte: moto spenta sulla casella, inversione a U da ritiro patente, avvio a spinta e rimonta furiosa con abbattimento di diversi piloti (tra i quali Valentino Rossi). Lo spagnolo fu doppiamente penalizzato, e alla fine vinse Cal Crutchlow, abile a imporsi in un duello umido su Johann Zarco.
Hot Spot
Dell'asfalto sempre molto sporco di Termas si è già detto, ma della pista come layout non c'è molto da lamentarsi, anzi. Il tracciato - al netto delle buche- piace ai piloti: 4.8 chilometri, un rettilineo (non quello di partenza), lungo più di mille metri, qualche bella staccata e curve da raccordare. I punti di sorpasso principali sono alla 5 e alla 7, due frenate decise. La prima arriva dopo il rettifilo di cui sopra e immette in un tornantino stretto, la seconda viene da una lunga semicurva e appena la moto è dritta è già tempo di frenare. È proprio in quel punto che Rossi superò Marquez nel 2015, prima del contatto che poi fece cadere lo spagnolo, innescando la lunga diatriba tra i due.
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