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Vespa Primavera: storia, evoluzione e dati tecnici

Questo modello all’inizio fu un flop, la svolta nel 1967 con azzeccate modifiche che la fecero decollare nelle preferenze dei vespisti

Fatto curioso, la Vespa Primavera che tra gli anni ‘60 e gli ‘80 avrebbe fatto furore era partita con un mezzo flop. Appena 17.099 esemplari in due anni di vita e non si chiamava nemmeno Primavera. Era la Nuova 125, aveva la stessa scocca dei modelli 50 e 90 e puntava a sostituire le vecchie Vespa 125 con i cofani “paffuti” e le piccole ruote da “8”. Venne presentata al Salone di Milano del 1965 ed era un passo avanti sotto tutti gli aspetti: linea più gradevole e scocca più compatta, cerchi di 10” e freni a tamburo autoventilanti.

Motore tutto nuovo

Era tutto nuovo anche il motore a due tempi che non aveva più il cilindro orizzontale ma inclinato di 45°, e anche se veniva mantenuta l’ammissione a valvola rotante controllata da una apertura sulla spalla sinistra dell’albero motore, il carburatore non era più collegato al cilindro ma direttamente al carter, tramite un lungo collettore. Era un Dellorto SH B 19/19 e per accedervi – per la verità non troppo comodamente – bisognava asportare un piccolo contenitore porta oggetti alloggiato sotto la sella e infilare la mano nel pozzetto  dentro la carrozzeria.

Si cominciò con la Vespa 90

Il nuovo motore venne montato nella versione di 88,5 cm³ sulla Vespa 90 a tre marce del 1963 e poi anche sulla oggi ricercatissima 90 Super Sprint del 1965. Tra i cambiamenti più importanti rispetto al motore che lo aveva preceduto, la frizione a dischi multipli che non era più calettata sull’albero motore ma sul primario del cambio, mentre il secondario restava coassiale al perno ruota posteriore, dunque il moto veniva trasmesso in maniera diretta.

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La sportiva 90 SS fu un altro insuccesso, ma il tempo è galantuomo e oggi è uno dei modelli più ricercati con quotazioni ben oltre i 10.000 euro. Ma occhio ai falsi...

Le fiancate erano fisse

Il nuovo scooter era gradevole nell’aspetto e poco ingombrante, la linea era decisamente più moderna con le fiancate più filanti e meno voluminose, che tra l’altro, a differenza di quelle del “Vespone”, non erano asportabili ma facevano parte integrante della scocca. Per accedere al motore montato asimmetricamente sulla destra del veicolo, bisognava asportare uno sportello sul fianco destro. 

Mancavano i CV

La nuova Vespa 125 marcava effettivamente una differenza rispetto al passato e risultava anche decisamente più guidabile e meno ingombrante di quelle che l’avevano preceduta, ma aveva due pecche: la prima erano le prestazioni non troppo brillanti di un motore da 4,8 CV, la seconda l’abitabilità risicata che sacrificava il passeggero. Forse ce ne fu anche una terza: la Piaggio non spinse troppo questo modello, come se non ci credesse fino in fondo.

Poi arriva la Primavera

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Credette molto di più nella Primavera che presentò al Salone di Milano del 1967. Derivava da quella ma tante piccole modifiche avevano portato al salto di qualità. Più spazio sia per le gambe del conducente che per il passeggero, gancio appendi borsa e sulla fiancata di sinistra un cassettino con serratura dove riporre i documenti e la chiave della candela, che a quei tempi era bene avere con sé. Tanto più che l’accensione era ancora a puntine, quella elettronica sarebbe arrivata soltanto con il modello ET3. La Primavera era anche leggermente più lunga della Nuova 125 che l’aveva preceduta, 1665 mm contro 1650 e un interasse di 1180 mm contro 1165, e la potenza era salita a 5,5 CV: poteva arrivare a 85 km/h con il conducente in posizione eretta e 90 km/h se si abbassava.

Aveva anche un prezzo interessante, 137.000 lire contro le 152.000 lire della Vespa 125 Gran Turismo;0 era più scattante e aveva un’immagine decisamente più giovane, fece furore soprattutto tra i ragazzi. Anche tra le ragazze, perché le dimensioni e il peso contenuti la rendevano accessibile e graditissima al pubblico femminile. 

Pronta a tutto

Con la Vespa si andava scuola e si faceva la gita al mare, qualcuno partiva per viaggi avventurosi caricandola come un mulo. Con la Vespa soprattutto si acquisiva indipendenza e si usciva dai canoni tradizionali. Eravamo intorno al fatidico 1968 che rivoluzionò l’atteggiamento e i valori del mondo giovanile. 

La Piaggio colse la palla al balzo con campagne pubblicitarie geniali, “Chi Vespa mangia le mele” sottolineava l’aspetto anticonformistico, la libertà, lo stare insieme, mentre una serie di slogan faceva riferimento alle “Sardomobili” evidenziando la libertà di movimento, di non restare imprigionati come sardine nel traffico delle automobili, e ancora una volta spingendo sul sentimento anticonformistico e individuale. Nel 1976 arrivò anche la ET3 con accensione elettronica, cilindro a tre travasi e due vistose righe blu oltremare sulle fiancate, portando via una bella fetta di pubblico alla Primavera standard che rimase comunque in produzione fino a tutto il 1982.

Le quotazioni

Quando si parla di moto d'epoca i prezzi variano sensibilmente in base allo stato del mezzo. Per una Primavera in condizioni molto buone i prezzi variano dai 6.000 agli 8.000 euro, che possono salire sensibilmente per modelli restaurati a regola d'arte. Per esemplari da restauro si parte dai 1.000/1.500 euro.

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