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Moto Guzzi Le Mans, storia ed evoluzione di un mito italiano

Fu presentata per la prima volta all’EICMA del 1975 e il successo fu immediato rendendola presto un mito per tutti gli appassionati. Dandole un’occhiata e leggendo la scheda tecnica, è facile capire il perché. Ecco la sua storia

Considerata, a ragione, uno dei modelli più riusciti nella storia del marchio, la Moto Guzzi Le Mans segnò un passo importante per il motociclismo italiano e non solo.  Derivata dalla V7 Sport, la capostipite della serie Le Mans venne presentata all’EICMA del 1975, conquistando in poco tempo il cuore di appassionati e collezionisti di tutto il mondo. In oltre un decennio fu declinata in quattro serie, ciascuna con proprie caratteristiche tecniche ed estetiche. Vediamole una per una. 

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Prima serie (1976-1978)

La Moto Guzzi Le Mans prima serie, introdotta nel 1976 era spinta da un poderoso bicilindrico a V di 90° da 850 cm³ (849 per l’esattezza), dotato di canne in ghisa e carburatori Dell’Orto PHF 36 B. Per i più esigenti c’era anche il kit da competizione opzionale, con carburatori Dell’Orto da 40 mm. Altrettanto sportiva la ciclistica, con telaio a doppia culla in acciaio progettato da Lino Tonti e sistema di frenata integrale con tre dischi Brembo sviluppato insieme all’azienda di Bergamo che prevedeva che il pedale del freno agisse simultaneamente sul disco posteriore e sul disco anteriore sinistro, mentre la leva al manubrio comandava il disco anteriore destro. Le sospensioni anteriori erano invece affidate a una forcella teleidraulica, mentre al posteriore era presente un forcellone oscillante con ammortizzatori teleidraulici. 
Proposta nelle due colorazioni rosso-nero e pearly blue-nero a un prezzo di circa 4.400.000 lire, la prima serie, che si distingue anche per alcune peculiarità estetiche come il faro tondo e il fanale posteriore arrotondato, fu prodotta in 7.036 esemplari, riscuotendo un enorme successo tra gli appassionati del marchio e non solo. 

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Seconda serie (1978-1981)

Un paio d’anni più tardi, nel 1978, arrivò la Le Mans II, caratterizzata da una carenatura più estesa ispirata a quella della V 1000 SP (cosa che sulla Le Mans non ebbe tuttavia alcun impatto positivo sull’aerodinamicità) e dotata di un sistema frenante ulteriormente migliorato con l'aggiunta di un ripartitore di carico e lo spostamento delle pinze dei freni dietro gli steli della forcella. Altra novità rispetto alla prima serie era possibilità di montare un cambio a "denti dritti" e una trasmissione con coppie differenti coniche. Vennero inoltre introdotte nuove colorazioni, inclusa una versione nera con cerchi oro, particolarmente rara e riservata ai modelli di esportazione. In totale, ne furono prodotte circa 7.000 unità. 

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Terza serie (1981-1984)

La Le Mans III segnò una svolta importante grazie al look più moderno (la carena veniva ridotta e resa più filante) e a soluzioni tecniche avanzate. Presentata nel 1981, la terza serie si distingueva per le teste dei cilindri “quadre" al posto di quelle "tonde" scelte per le prime due serie e per l'adozione delle canne al nigusil nonché per il fatto di essere la prima Moto Guzzi ad essere costruita seguendo le norme anti-inquinamento degli Stati Uniti, cosa che comportò tuttavia una leggera riduzione delle prestazioni. Disponibile in tre colorazioni (rosso-nero, bianco-nero e grigio metallizzato-nero), la terza versione fu, al contrario della seconda, apprezzata principalmente per l’equilibrio tra comfort e sportività. Non per nulla, ne furono prodotti circa 10.000 esemplari.

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Quarta serie (1984-1993)

Un ulteriore aggiornamento arrivo con la quarta serie, presentata all’EICMA del 1984. Anche in questo caso, le novità introdotte da Guzzi non furono di poco conto. La cilindrata passò a 948,8 cm³ per 81 CV di potenza massima 7.000 giri/min, consentendo alla IV di raggiungere una velocità massima di 220 km/h ed il reparto ciclistico fu aggiornato con nuovi ammortizzatori posteriori Koni e una forcella anteriore a gas. La carrozzeria fu rivista e ridisegnata con linee più filanti e nuovi dettagli estetici, come ad esempio gli scarichi completamente neri. La IV fu inoltre la prima della serie a montare una ruota anteriore da 16", una scelta che avrebbe però presto lasciato spazio al ritorno ai 18", a causa della reazione negativa degli appassionati. Dopo il lieve restyling estetico del 1986 che introdusse anche una nuova colorazione in bianco e rosso, nel 1987 la Le Mans IV tornò infatti ad avere la ruota anteriore da 18” e fu ridisegnata la carenatura anteriore con un cupolino leggermente più generoso. Abbellita da un nuova e sportivissima livrea rossa-nera-bianca, la 1.000 non ebbe tuttavia il successo che in Moto Guzzi si aspettavano: per molti, la migliore rimane ancor ala prima serie. La produzione cessò nel ’93 e di lì a poco tempo, la Le Mans venne sostituita dalla Daytona 1000, modello lanciato nel 1992 che rappresentava un'evoluzione significativa sia dal punto di vista del design che delle prestazioni. Ma questa è tutta un’altra storia…

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Quotazioni

Ai tempi, la Le Mans se la giocò con giganti del calibro di Laverda, con la 1000 tre cilindri, Ducati, con la 900 SS e BMW con la R90S nonché, tra le giapponesi, con la mitica Kawasaki Z900
Oggi la Le Mans è un modello richiestissimo dagli appassionati e, pertanto, proposto a prezzi rilevanti, anche se non necessariamente esorbitanti. Come sempre, molto dipende dallo stato e dal chilometraggio ma, per farsi un’idea, sappiate che sotto i 4.000 euro difficilmente si trova qualcosa, al limite potreste trovare una Le Mans II o III in condizioni mediocri. 
Più ragionevole mettere in conto una spesa vicina ai 5 o 6mila euro, parlando sempre di Le Mans III o II. Per quanto riguarda la Le Mans I, che è la più ambita, per un esemplare originale e in buono stato (o per un buon restaurato) è normale pagare ben più di 10.000 euro (15.000 non è una cifra fuori dal mondo).
 

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MinaVagante
Mer, 10/23/2024 - 15:31
Mi piacerebbe sapere dove è stata presa la foto che ho fatto IO nel cortile di casa MIA al MIO Le Mans III, e perchè è stata pubblicata senza avvertirmi prima e senza il mio consenso