Kawasaki Z 400, molto più di quello che sembra
Prodotta tra il 1973 e il 1984, la Z400 era una Kawasaki economica, pratica ed affidabile. Nonostante l’ombra delle sorellona Z1, conquistò il cuore di molti appassionati. Ecco la sua storia…
Kawasaki Z400
Facile, pratica ed economica. Questi, sintetizzando, tre aggettivi adatti a descrivere la piccola Kawasaki Z 400, sorellina dell’ammiraglia Z1000, prodotta dal 1973 al 1983. Convinse, ma non fino in fondo: forse sbagliando, la casa nipponica la lanciò sul mercato presentandola come un modello senza troppe pretese: negli USA era proposta come utilitaria alternativa al maggiolino Volkswagen mente sulla brochure stampata in Italia si leggeva “Sogni più grinta? Scegli la Z1000, la Regina. Ma se pensi che sia troppo grande per te, decidi per la pratica Z400”. Non il massimo, insomma…
A conti fatti però, il suo successo, seppur adombrato (almeno sui nostri mercati), dalla “Regina” di cui sopra, fu importante: in 10 anni ne furono venduti parecchi esemplari. Vediamo il perché…
Nella pubblicità la vicinanza con il Maggiolino Volkswagen ne sottolineava robustezza e praticità
Tecnica: motore e ciclistica
Cuore della piccola Kawasaki Z 400 era il bicilindrico parallelo 4 tempi raffreddato ad aria da 389 cm3 e 35 CV di potenza massima a 8.500 giri. Un singolo albero a camme in testa e 2 valvole per cilindro. Starter elettrico, abbinato però al pedivella per l’avviamento a pedale e frizione multidisco in bagno d’olio con cambio a 5 marce.
Dal punto di vista della ciclistica troviamo invece un telaio “tradizionale”, a doppia culla i tubi d’acciaio abbinato a una forcella telescopica a cosa lunga e, dietro, ad un doppio ammortizzatore regolabile. Le rute, rigorosamente a raggi, erano entrambe da 18” e frenate da un disco singolo di 226 mm di diametro davanti e da un tamburo da 180x30 mm dietro.
Look e strumentazione
Parola d’ordine: cromature. Diffuse un po’ ovunque, dai parafanghi al maniglione per il passeggero davano alla Z 400 un aspetto curato, così come il grande serbatoio da 14 litri, chiaramente ispirato a quello della già citata sorellona Z. Il design era piuttosto compatto ed essenziale, ma la sella ampia e comoda, i fianchetti “da grande”, trapezoidali, e la strumentazione completa, con tachimetro, contagiri e varie spie. Due le colorazioni disponibili al lancio: Halibut Red e Halibut Blue, entrambe con le tipiche decorazioni nero-oro sul serbatoio.
Le evoluzioni
Durante i dieci anni di produzione, dal 1973 al 1984, la Z 400 fu declinata in diversi esemplari, l’uno evoluzione dell’altro. Nel 1975 arrivò la D2 con nuove colorazioni, Candy Super Red, Candy Blue e Candy Brown, mentre la Z 400 “Special”, presentata lo stesso anno ad un prezzo più basso, proponeva un più economico freno anteriore a tamburo ed il solo avviamento a pedale. Poi, nel 1976, arrivò la D3, disponibile nelle colorazioni Diamond Blue e Diamond Copper, senza strisce oro e nero sul serbatoio ma con 1 CV in più (36 in totale). Nel 1977, la D4, anche nota come “De Luxe”, si presentò poi come modello “da viaggio”, con cupolino aerodinamico, faro carenato, borse laterali e portapacchi: da punto di vista tecnico, la novità risiedeva però nei nuovi carburatori da 32 mm. Invariata la potenza. Un paio d’anni dopo esordì quindi la Z400B, con serbatoio affilato a “coda d’anatra”, nuovi parafanghi, una nuova sella ma, sopratutto, testata, scarichi e cilindri ridisegnati. Nel 1979 s’assistette al lancio delle G1 Custom, con gomme maggiorate e cerchi in lega a 7 razze, e della H1 LDT con manubrio rialzato a corna di bue, sella ribassata e nuove ruote, da 19 all’anteriore e da 16 al posteriore. Infine, nel 1989, Kawasaki optò per un nuovo motore con alesaggio e cilindrata maggiorati a, rispettivamente, 67,5 mm e 447 cm3. Aumenti che, grazie anche al nuovo carburatore, fecero salire i cavalli a quota 40. Ormai a fine carriera, la Z 400 rimase in listino nel 1982 solo nelle versioni LTD a sella bassa con cilindrata 400 e 440.
Quotazioni
Come accennato, in dieci anni di carriera, la Z 400 si diffuse numerosa su tutti i mercati. Oggi tuttavia trovarne una “immacolata” è raro e difficile: cosa che, ovviamente, ne fa un modello particolarmente ambito dai collezionisti. Come sempre, i prezzi variano molto in base al chilometraggio, all’originalità dei pezzi e allo stato di conservazione. Il prezzo medio, oggi, si aggira tra i 2.500 e i 3.500 euro ma, per portarsene a casa una in ottime condizioni, conviene mettere in conto un esborso di almeno 5.000: difficilmente chi ne ha una messa bene decide di separarsene…