Storie e sapori delle vie del sale liguri
Dal ponente ligure al basso Piemonte, le antiche vie del sale sono uno scrigno paesaggistico e culturale che vale la pena scoprire
Dal Museo della Spiaggia di Capo Mele a Laigueglia, a Garlenda (Sv), borgo dell’entroterra celebre per il suo campo da golf 18 buche e per il «Fiat 500 Club Italia» (il più grande club di modello esistente), ai Comuni dell’entroterra imperiese, come Ranzo, Pieve di Teco, Pornassio e Ormeasco, di cui lo scrittore Mario Soldati celebrava le omonime viti. O, sempre nel savonese, a Ortovero, nota per il vino e le pesche; nella Valle Impero alle spalle di Imperia, invece, per la raccolta delle olive. Qual è il fil rouge che lega queste località e tante altre?

Uno scorcio del borgo di Ranzo
Sono alcune delle proposte contenute in www.anticheviedelsale.eu, il nuovo portale che valorizza e promuove i territori attraversati dalle antiche vie del sale che collegavano il Ponente ligure con il Basso Piemonte, realizzato dall’associazione Antiche vie del sale, fondata nel 2010 con 19 municipalità delle due regioni coinvolte.
Ma cosa sono le antiche vie del sale? Intorno al 1500 circa, ogni famiglia di Laigueglia aveva un molo. Le merci cariche di sale e acciughe sbarcavano ad Alassio, Albenga, e viaggiavano poi verso la Val Neva (Cisano, Zuccarello, Castelvecchio di Rocca Barbena), Erli, e “di là scollinavano per poi scendere in Piemonte, nella Val Tanaro, in direzione Torino e Val Susa. Giù tornavano indietro, invece, i carri di farina di mais e riso.
Storia di Capo Mele, un giardino sul mare
L’architetto Livio Lovisone tornava a malincuore ogni lunedì d’estate da Laigueglia nella sua Torino, con la cravatta nella borsa, per andare in riunione. Allora si occupava di arredamento per uffici, «finché un giorno trovai quest’angolo di paradiso, Capo Mele, e ne rilevai la concessione — racconta —. Sono sempre stato appassionato di geomanzia (metodo di divinazione ispirato a segni naturali o artificiali nel terreno, Ndr), così scoprì nel 1994 che le carte nautiche del ’700 riportavano Mele come Melle, che dal dialetto merule indica le sorgenti. Il fiume di Andora, che è qui vicino, si chiama difatti Merula. Capo Mele è diventato il mio posto ideale, perché ricca di sorgenti di acqua dolce, anche sotto il mare. Dentro la discoteca La Suerte, ad esempio, c’è la prima fonte di acqua oligominerale d’Italia, forse la più antica. Decisi così di personalizzare la spiaggia».

La spiaggia di Capo Mele
In collaborazione con la professoressa Adriana Ghersi, del dipartimento del paesaggio dell’Università di Genova, l’architetto innamorato del mare, realizza la prima duna, un micro-ambiente naturale di come sarebbe la spiaggia se non ci fosse lo stabilimento balneare. «Abbiamo così dimostrato che la spiaggia è un territorio con un proprio habitat naturale, dove vive anche il giglio di mare, il nostro simbolo, una psammofila che non patisce la salsedine, fiore bianchissimo diffuso ora in tutta Capo Mele e il cui seme si espande alla velocità lineare di 80 metri ogni dieci anni». Un eco-museo, dunque, unico al mondo, un’oasi naturalistica. Ma c’è di più. L’architetto con la vocazione da paesaggista, incarica nel 2003 il professor Nicola Macchioni, del dipartimento Cnr di Sesto Fiorentino (Fi) Ivalsa, istituto per la valorizzazione del legno, di esaminare la «spazzatura» che arriva dal mare. Come ad esempio un salice trasportato dalle mareggiate nel 2010, e lo installa proprio al centro della duna. «Scopro che quando piove, diventa una spugna e poi rilascia l’acqua nel terreno permettendo alle biodiversità di sopravvivere». Insomma, «il modello della duna è replicabile per bonificare aree degradate della spiaggia». C’è poi l’aspetto importante della produzione artistica artigianale. Sempre il Cnr esamina i legnami buttati fuori dal mare, che hanno una loro storia. «Con questi rifiuti del mare ho realizzato sculture, quadri, lampade che ho venduto anche agli svizzeri e ai tedeschi».
I tanti gioielli nascosti
Dalla costa all’entroterra, dal mare alla montagna, il nuovo portale offre uno spazio per promuovere i gioielli nascosti. Come Mendatica, ad esempio, nell’entroterra di Imperia, patria della «cucina bianca» (solo con verdure), dove Thor Heyerdhal, l’esploratore del Kontiki, veniva ad ammirare la transumanza delle bestie.

Ecco lo splendido borgo di Mendatica
O Zuccarello, nell’interno della provincia savonese, il cui castello del XII secolo è stato di recente restaurato. «È una tappa fondamentale delle Antiche vie del sale – rivela Luca Gardella, vice sindaco del fantastico borgo -: i carri carichi di sale e acciughe passavano di qui dopo aver attraversato il vicino ponte di Nurbé. I marchesi Clavesana costruirono questa fortezza e poi diedero ordine agli abitanti del villaggio di edificare il borgo per impedire che i carichi merci eludessero il pagamento dei dazi».

Ecco il castello di Zuccarello
In questo caso, l’associazione antiche vie del sale valorizza nel portale il tracciato trekking delle antiche vie fino a Erli, percorribile in un’ora circa e vicino al fiume Neva. E qui si ammirano gli straordinari ponti a una campata o a schiena d’asino (qui sotto) diverse straordinarie cappelle, restaurate quattro o cinque anni fa, come quella di Sant’Antonio.

Saperi e sapori del sale ligure
Il sale della Liguria è storia, cultura e, tuttora, molto più di un semplice condimento. Viene prodotto seguendo antiche ricette che combinano erbe officinali delle Alpi liguri e aromatiche della Piana Albenganese. Tra gli ingredienti troviamo basilico, timo, maggiorana, finocchietto selvatico, santoreggia, menta, bacche di ginepro, aglio di Vessalico e lavanda. Ogni grano di sale racchiude i profumi e i sapori di questa terra, evocando paesaggi baciati dal sole e accarezzati dal vento. Con esso si condiscono specialità come la lattuga ripiena, tipica del ponente ligure, preparata, per citarne una, in maniera impeccabile dalla grande cuoca del ristorante La Sosta di Laigueglia, Stefania Ziliani, o il marunsin, dolce sempre locale a base di farina di mandorle, acqua di fior di arancio e zucchero, la cui ricetta è nota solo a 3- 4 famiglie del posto.